Il Consiglio dei ministri dà il via libera alla normativa che recepisce nel nostro ordinamento il regolamento approvato dal Parlamento Ue
Con il voto del 13 marzo 2024, l’Unione Europea è stata la prima al mondo a dotarsi di un regolamento sull’intelligenza artificiale.
Adesso, prima ancora dell’emanazione del regolamento europeo, con il via libera del Consiglio dei Ministri nella seduta del 23 aprile 2024 l’Italia si candida a essere il primo Paese europeo ad avere una vera e propria legge che si occupa dei molteplici aspetti legati all’AI.
Manca solo il passaggio in Parlamento, cui il Governo ha previsto di richiedere una sollecita calendarizzazione della discussione. Intanto, il Consiglio dei ministri ha attribuito anche all’Esecutivo una delega per adeguare il nostro ordinamento al regolamento Ue in materie come l’alfabetizzazione dei cittadini in materia di Ai, sia nei percorsi scolastici che in quelli universitari, e la formazione da parte degli ordini professionali per professionisti e operatori.
Un miliardo di euro per l’AI
La delega si estende anche all’adeguamento all’uso illecito dei sistemi di intelligenza artificiale di reati e sanzioni, attraverso un riordino in materia penale. Come ha chiarito il Governo, in ogni caso, il disegno di legge “non si sovrappone” alle norme comunitarie, “ma ne accompagna il quadro regolatorio in quegli spazi propri del diritto interno, tenuto conto che il regolamento è impostato su un’architettura di rischi connessi all’uso della intelligenza artificiale”.
La strategia nazionale sull’intelligenza artificiale sarà coordinata dal Dipartimento per la trasformazione digitale e sarà aggiornata ogni 2 anni. Intanto, il Governo ha confermato che, per attuare tutte le finalità previste, è stato definito un impegno economico da un miliardo di euro.
Ai: i princìpi della nuova legge
Il disegno di legge, spiega il comunicato ufficiale emesso al termine della riunione, “individua criteri regolatori capaci di riequilibrare il rapporto tra le opportunità che offrono le nuove tecnologie e i rischi legati al loro uso improprio, al loro sottoutilizzo o al loro impiego dannoso”.
Nel testo, inoltre, si introducono “norme di principio e disposizioni di settore” con ben precise finalità: promuovere “l’utilizzo delle nuove tecnologie per il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini e della coesione sociale” e fornire allo stesso tempo “soluzioni per la gestione del rischio fondate su una visione antropocentrica”.
Sono così stabiliti alcuni princìpi fondamentali. “Le norme – spiega Palazzo Chigi – prevedono che il ciclo di vita dei sistemi e dei modelli di intelligenza artificiale debba basarsi sul rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà dell’ordinamento italiano ed europeo”.
La visione antropocentrica
Ma non sono gli unici princìpi alla base del testo. Vi rientrano infatti anche, nell’elencazione del Governo, “trasparenza, proporzionalità, sicurezza, valorizzazione anche economica del dato, protezione dei dati personali, riservatezza, robustezza, accuratezza, non discriminazione, parità dei sessi e sostenibilità”.
E, ancora, “si specificano i principi che caratterizzano lo sviluppo e soprattutto la concreta applicazione nel rispetto dell’autonomia e del potere decisionale dell’uomo, della prevenzione del danno, della conoscibilità, della spiegabilità” e si stabilisce che l’utilizzo dell’Ai “non deve pregiudicare la vita democratica del Paese e delle istituzioni”.
I 5 ambiti interessati dalla normativa
Sono 5 gli ambiti in cui, con una articolata serie di disposizioni di settore, intervengono le nuove norme: la strategia nazionale, le autorità nazionali, le azioni di promozione, la tutela del diritto di autore, le sanzioni penali.
Si introduce così, per esempio, la necessità del rispetto della cybersicurezza lungo tutto il ciclo di vita dei sistemi e dei modelli di Ai.
Si garantisce poi alle persone con disabilità il pieno accesso ai sistemi di Ai senza forme di discriminazione, chiarendo anche che “l’utilizzo dell’intelligenza artificiale non può in alcun modo selezionare con criteri discriminatori condizionando e restringendo l’accesso alle prestazioni sanitarie”.
L’Ai nel lavoro
Ancora, per l’utilizzo dell’Ai nei mezzi di comunicazione, si sancisce che “deve avvenire senza pregiudizio ai principi di libertà e pluralismo alla libertà di espressione e del diritto all’obiettività, completezza, imparzialità e lealtà dell’informazione”.
Si prevedono anche misure per favorire l’identificazione dei contenuti creati dall’Ai e tutelare il diritto d’autore.
In generale, in ambito lavorativo, l’Ai “ può essere impiegata per migliorare le condizioni di lavoro, tutelare l’integrità psico¬fisica dei lavoratori, accrescere la qualità delle prestazioni lavorative e la produttività delle persone, con anche l’istituzione presso il Ministero del Lavoro di un Osservatorio sull’adozione dei sistemi di Ai.
Il Governo ha deciso anche che lo Stato e le pubbliche autorità promuovano l’Ai nei settori produttivi, “per migliorare la produttività e avviare nuove attività economiche per il benessere sociale, nel rispetto del principio generale della concorrenza nel mercato, dell’utilizzo e della disponibilità di dati ad alta qualità”.
Eccezioni e norme penali
Sono previste però anche delle eccezioni, a partire dagli ambiti della sicurezza e della difesa nazionale.
Sono dunque “escluse dall’ambito di applicazione del provvedimento le attività svolte per scopi di sicurezza nazionale, per la cybersicurezza nazionale nonché quelle svolte per scopi di difesa dalle forze armate e dalle forze di polizia”.
Resta comunque fermo che, “nell’amministrazione della giustizia l’utilizzo dell’Ai è consentito esclusivamente per finalità strumentali e di supporto, quindi per l’organizzazione e la semplificazione del lavoro giudiziario nonché per la ricerca giurisprudenziale e dottrinale anche finalizzata all’individuazione di orientamenti interpretativi”.
Entro un anno i decreti attuativi
Tra le materie di competenza esclusiva del tribunale civile si aggiungono intanto le cause che hanno ad oggetto il funzionamento di un sistema di intelligenza artificiale.
Per garantire l’applicazione e l’attuazione delle normative nazionali ed europee, vengono anche istituite Autorità nazionali per l’intelligenza artificiale.
Quanto alle norme penali, “si prevede un aumento della pena per i reati commessi mediante l’impiego di sistemi di Ai, quando gli stessi, per la loro natura o per le modalità di utilizzo, abbiano costituito mezzo insidioso, o quando il loro impiego abbia comunque ostacolato la pubblica o la privata difesa o aggravato le conseguenze del reato”. Il Governo è stato comunque delegato dal ddl ad adottare, entro un anno, i decreti legislativi che regoleranno l’uso illecito dell’Ai, adeguando l’ordinamento giudiziario e le normative, attraverso l”introduzione di nuovi reati, aggravanti e strumenti cautelari per la rimozione di contenuti generati illecitamente.
Ai: nuovi investimenti della Commissione Ue
Nelle ultime ore, sul tema dell’intelligenza artificiale si è mossa intanto anche la Commissione Europea, che ha pubblicato inviti a presentare, entro il 18 settembre 2024, proposte nell’ambito del programma di lavoro digitale, industriale e spaziale 2023-2024 di Orizzonte Europa per la ricerca e l’innovazione nel campo dell’Ai e delle tecnologie quantistiche.
L’investimento per l’intelligenza artificiale supererà i 65 milioni di euro, di cui 50 destinati a progetti volti a sviluppare nuovi metodi per combinare dati e ampliare le grandi capacità dei modelli di Ai, consolidando “l’applicabilità dell’Ai in nuovi ambiti” e sostenendo “l’eccellenza dell’Europa nella ricerca in questo ambito”, e 15 per lo sviluppo di sistemi di Ai “solidi e trasparenti”.
“Per stimolare la ricerca nelle tecnologie quantistiche avanzate e leader a livello mondiale”, saranno quindi investiti 40 milioni, di cui 25 per creare una rete paneuropea di gravimetri quantistici, cioè dispositivi di misurazione della gravità, e 15 in progetti transnazionali di ricerca e sviluppo delle tecnologie quantistiche di nuova generazione. Altri 7,5 milioni andranno a progetti che sostengano i valori europei e mettano i cittadini al centro della trasformazione digitale.
Alberto Minazzi