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La AI entra in ospedale per la riabilitazione neurologica

La AI entra in ospedale per la riabilitazione neurologica

Al San Camillo del Lido di Venezia, in corso una delle 8 sperimentazioni europee che sfruttano gli sviluppi tecnologici per ottimizzare e avvicinare ai pazienti i servizi

L’intelligenza artificiale può portare a una vera e propria rivoluzione nella riabilitazione neurologica.
Non si tratta solo di teoria.
L’ambizioso obiettivo della Commissione Europea, che con il programma Horizon 2020 punta ad arrivare a costruire un ospedale che funzioni a intelligenza artificiale, ha infatti in Italia una sua prima -finora unica – struttura in cui, l’applicazione dell’AI alla riabilitazione è già effettiva.
Si tratta dell’ospedale Irccs “San Camillo” del Lido di Venezia, dove una stanza interattiva, sfruttando i sensori domotici che vi sono stati installati, consente di ottimizzare l’impiego dei macchinari utilizzati per i pazienti con patologie neurologiche che necessitano di riabilitazione.
“Attraverso i sensori – spiega Giorgia Pregnolato, ricercatrice fisioterapica e pilot manager del progetto HosmartAI – possiamo controllare a distanza, attraverso una app, l’ambiente in cui viene svolta la riabilitazione. Stiamo inoltre collaborando con l’azienda vicentina che ci fornisce i sensori per installare ulteriori dispositivi tecnologici che consentano anche la raccolta di dati relativi ai pazienti”.

Non solo monitoraggio

La stanza interattiva del San Camillo va infatti ben oltre un semplice sistema di videosorveglianza.
Se sicurezza dei pazienti (per esempio una caduta) e privacy sono tra le principali finalità in considerazione, la raccolta dei dati consente di guardare in avanti.
“Tutti i sensori introdotti – spiega Nicola Bettin, project manager di Vimar – servono non solo a monitorare ma anche a raccogliere informazioni e dati che possono risultare molto utili per dare ausilio ai medici, come il numero di ore di trattamento effettuato o le operazioni compiute dai pazienti sulle macchine”.
Il tutto attraverso l’introduzione di comuni dispositivi domotici facilmente utilizzabili dai pazienti. Per esempio, le card reader normalmente impiegate per entrare nelle stanze di hotel e qui utilizzate per consentire al paziente di interagire col sistema in maniera semplice, anche perché con una modalità già conosciuta.
“L’idea di base – riprende il project manager – è quella di introdurre dispositivi semplici da utilizzare  ma che siano in grado di creare un valore aggiunto importante per i medici. I dati che vengono raccolti in cloud permettono infatti di identificare metriche, sull’efficacia di utilizzo dei macchinari o su quanto vengono effettivamente utilizzate le attrezzature. Il tutto, senza introdurre complessità inutili, per non complicare le procedure di cura e senza gravare così sull’efficacia clinica”.

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Con AI, si possono seguire più del doppio dei pazienti

La sperimentazione, i cui test sui pazienti sono iniziati a febbraio 2023 e si concluderanno a maggio 2024, coinvolgerà alla fine 80 pazienti.
“Ne abbiamo arruolati finora circa la metà” fa il punto Giorgia Pregnolato. “E oltre il 70% di chi ha sperimentato la nuova metodologia si è detto soddisfatto, senza palesare nessun problema a entrare da solo nella stanza in cui si effettua la riabilitazione, sentendosi anzi molto più monitorato”.
Non a caso, insieme al project manager Enrico Dal Pozzo, il modello è stato sviluppato attraverso tecniche di design thinking, basandosi così sui bisogni dei pazienti e interessandosi anche alle percezioni degli stessi, raccogliendo insieme ai dati clinici sull’efficacia dei trattamenti anche quelli sulla soddisfazione dell’utenza.
I dati vengono integrati in un cloud. L’obiettivo del progetto, infatti, oltre alla definizione delle caratteristiche del paziente, è soprattutto quello di arrivare a sviluppare un modello organizzativo che consenta un vero cambio di passo.
“Puntiamo – spiega – a riuscire a trattare in questo modo un maggior numero di pazienti pur mantenendo inalterato il numero di risorse sanitarie. L’ambizioso traguardo che ci siamo posti è di arrivare a raddoppiare o addirittura triplicare il numero di persone che riescono a effettuare la riabilitazione”.

 

L’obiettivo: personalizzare la terapia

Il tutto, conservando la stessa efficacia clinica.
Pur essendo questo progetto ancora in fase di test, già comunque si guarda avanti.
“Stiamo cercando – racconta la ricercatrice – di raccogliere il maggior numero di dati per identificare le caratteristiche dei pazienti che possono accedere a questo tipo di modello, pensando poi di presentare i risultati in congressi scientifici in cui, attraverso il confronto, si possa arrivare a meglio definire queste caratteristiche e poi anche personalizzare la terapia nell’ambito di un sistema integrato”.

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Il training dall’ospedale alla propria abitazione

Tra le prospettive future, oltre alla massimizzazione dell’utilizzo delle strutture ospedaliere, vi è infatti anche quella di applicare il nuovo modello di riabilitazione a distanza basato sui sensori anche alla prosecuzione a domicilio delle terapie, dopo una prima fase di training in ospedale.
“Dopo maggio – conclude Pregnolato – sicuramente all’interno del San Camillo del Lido continueremo a trattare i pazienti utilizzando la tecnologia basata sull’intelligenza artificiale.
Lo standard, intanto, sarà sottoposto alle revisioni da parte dell’Unione Europea, per arrivare, a conclusione del programma, alla pubblicazione dei dati per favorirne la diffusione”.

Alberto Minazzi

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