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Covid e trombosi: il virus fino a 70 volte più rischioso del vaccino

Covid e trombosi: il virus fino a 70 volte più rischioso del vaccino

I risultati di uno studio italiano: la somministrazione dei 4 farmaci usati in Italia non induce l’attivazione delle piastrine

Fino a oggi, gli studi per capire come i vaccini contro il Covid-19 possano alterare la coagulazione del sangue e attivare le piastrine nel nostro organismo avevano dato risultati non univoci. E proprio i pur rari casi di trombosi seguiti in particolare alla somministrazione del vaccino di AstraZeneca, avevano ingenerato timori nella popolazione.
Adesso, però, si può affermare con sufficienti riscontri scientifici che il rischio di sviluppare una trombosi dopo la somministrazione dei principali 4 vaccini utilizzati da molti Paesi, tra cui l’Italia, è tra 50 e 70 volte inferiore rispetto a quello che corre chi si è infettato con il virus Sars-CoV-2.
Lo evidenziano i risultati, pubblicati sulla rivista “Thrombosis Research”, dello studio coordinato dal Centro cardiologico Monzino e dall’Università Statale di Milano e condotto in collaborazione con l’ospedale San Raffaele.

Lo studio

La valutazione svolta dai ricercatori italiani, la più completa finora effettuata sul tema, si è concentrata su tutti gli aspetti legati alle conseguenze della vaccinazione e della malattia sul sangue, compresa l’infiammazione, tenendo in considerazione anche la dose di immunizzazione e la storia dell’infezione nei soggetti facenti parte del campione.
Per lo studio, chiamato “Treasure”, sono state arruolate tra aprile e luglio 2021 368 persone tra 18 e 69 anni di età, di cui 161 vaccinate con i prodotti a vettore virale di Astrazeneca e Johnson&Johnson e 207 con i vaccini a rna messaggero di Pfizer-BioNTech e Moderna.
Il loro sangue è stato raccolto due volte: la prima il giorno precedente la somministrazione, la seconda trascorso un periodo tra 8 e 10 giorni dalla vaccinazione.
Sono stati quindi studiati i meccanismi emostatici dell’organismo, a partire da tutti i processi che intervengono nelle complicanze trombotiche, arrivando a oltre 30 mila determinazioni.

trombosi

I risultati. Ecco cosa i vaccini provocano nel nostro corpo

“La vaccinazione – sono così arrivati ad affermare i ricercatori, come riportato nell’astratto dello studio – non ha indotto l’attivazione piastrinica e il rilascio di microvescicole”.
È infatti emerso che, per tutti e 4 i vaccini, senza nessuna differenza tra prima e seconda dose, ad aumentare significativamente, del 30%, sono stati principalmente i livelli di interleuchina-6 (una proteina prodotta dal sistema immunitario implicata nella reazione della della risposta immunitaria) e di proteina C-reattiva (che viene prodotta dal fegato e immessa nel sangue in risposta a processi infiammatori).
Sono aumentati, in misura minore, anche i livelli di D-dimero (che indica che il corpo sta formando e scomponendo in maniera anomala ed eccessiva dei coaguli di sangue), con un +13%, di fibrinogeno (che aumenta durante i processi infiammatori), +3,7%, e, del 4,3%, dei frammenti 1 e 2 di protrombina, che vengono utilizzati come marker per verificare un danno nel processo coagulativo.

Le conclusioni:nessun nesso causale tra vaccini anti-Covid ed eventi trombotici

“Questo studio – continua l’astratto – ha mostrato che i quattro vaccini Covid-19, somministrati a un ampio campione di popolazione, inducono una risposta infiammatoria transitoria, senza insorgenza di attivazione piastrinica.
I piccoli cambiamenti nell’attivazione della coagulazione e nella funzione endoteliale potrebbero essere potenzialmente coinvolti a livello di popolazione nello spiegare le rarissime complicanze tromboemboliche venose della vaccinazione Covid-19”.
“Il nostro studio Treasure – conclude Marina Camera, coordinatrice dello studio – pone fine alle discussioni fra esperti e ai dubbi della popolazione sul nesso di causalità tra eventi trombotici e somministrazione dei vaccini anti-Covid. E i risultati potranno essere utili non solo per l’emergenza presente, ma anche per il futuro dei vaccini a rna messaggero”.

Alberto Minazzi

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