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Le differenze tra i vaccini anti-Covid: la parola all'infettivologo Vella

Le differenze tra i vaccini anti-Covid: la parola all'infettivologo Vella
Stefano Vella infettivologo

Rimedi diversi contro la pandemia.
Ma quali sono le differenze tra i diversi vaccini?
Lo abbiamo chiesto al l’infettivologo Stefano Vella, docente di Salute globale all’Università Cattolica di Roma e già presidente dell’Agenzia italiana del farmaco oltre che direttore dell’Istituto Superiore della Sanità.

La campagna vaccinale consegna all’Italia in Europa e al Veneto nella nazione il primato per numero di vaccini somministrati.
Lo 0,55%  delle dosi di PfizerBioNTech destinate all’Italia è infatti già stato iniettato e in Veneto l’87% della prima scorta settimanale è già esaurito. Domani (venerdì 8 gennaio) alle regioni arriveranno altre dotazioni ma la prospettiva di più tipi di vaccini diversi da somministrare si fa sempre più vicina.

Approvato il Moderna

L’Ema, l’agenzia europea del farmaco, ha infatti dato proprio ieri, 6 gennaio, il via libera all’utilizzo di un secondo siero, quello di Moderna. E già per oggi (7 gennaio ndr) è atteso il giudizio anche da parte dell’Aifa, l’agenzia del farmaco italiana, così come è imminente l’autorizzazione alla commercializzazione da parte della Commissione Europea.

vaccino Moderna

In attesa di Astrazeneca

In Inghilterra, nel frattempo, da lunedì 4 gennaio è partita con la somministrazione a un soggetto in dialisi di 82 anni la vaccinazione anche con il siero di AstraZeneca, quello su cui, nelle prenotazioni consegnate a dicembre all’Europa, ha puntato maggiormente anche l’Italia. Difficile che sia disponibile in Italia già a gennaio, perché le procedure di autorizzazione inglesi sono diverse da quelle europee ma i dati sono già al vaglio dell’Ema, che dopo averli analizzati e standardizzati, si pronuncerà in merito.

Vaccino AstraZeneca

I diversi vaccini

“Non sono solo questi i vaccini anti-coronavirus in corso di sperimentazione in tutto il mondo. Sono circa 60 i sieri su cui stanno lavorando gli esperti. Pur nelle loro diversità – premette l’infettivologo Stefano Vella – i vaccini contro il Covid-19 mirano tutti allo stesso risultato: indurre nell’organismo la risposta contro le proteine del virus e la formazione di possibili anticorpi neutralizzanti. Esattamente lo stesso meccanismo di tutti i vaccini che funzionano, come quello contro il morbillo. Anche se, contro il coronavirus, probabilmente perché fa un po’ paura, nessuno ha testato un vaccino basato sull’utilizzo del virus vivo attenuato, come invece avvenuto con quello del morbillo”.

L'infettivologo Stefano Vella
L’infettivologo Stefano Vella

E c’è un’altra precisazione molto importante: “Nessuno dei vaccini – sottolinea Vella – infetta l’organismo. Tutte le tipologie di vaccino che si stanno sperimentando fanno sì che il sistema immunitario metta su una risposta per proteggere il soggetto da successive infezioni, senza nessun rischio di causarla”.

Le tre tipologie di vaccino

Pur avendo ognuno le proprie caratteristiche specifiche, i vaccini allo studio sono comunque sostanzialmente riconducibili a tre specifiche tipologie.
Quelli di Pfizer BioNTech e Moderna si basano sull’Rna messaggero.
“È un settore – spiega Vella – abbastanza innovativo, anche se la ricerca in questo campo è partita da almeno una decina d’anni e ha già portato alla realizzazione di alcuni farmaci. L’rna messaggero esiste in natura e spinge le nostre cellule a produrre la risposta nei confronti del virus. In sostanza, fa entrare nei ribosomi della cellula una sequenza che codifica la proteina dei virus e così spinge la cellula stessa a cacciarla fuori”.

Il vaccino di AstraZeneca, invece, si basa sui cosiddetti “vettori virali”.
“In questo caso – precisa l’infettivologo – si opera a livello di dna, non di rna. Quello che viene immesso nell’organismo è un virus inattivato e non replicabile, che porta dentro il materiale del Covid, innescando la reazione che protegge il soggetto. È la stessa tecnica utilizzata per altri vaccini in arrivo, come il russo Sputnik o l’italiano Reithera, basato nello specifico sull’adenovirus dello scimpanzè”.
Infine, vi sono i vaccini proteici, simili a quello utilizzato contro l’influenza.
“Sono altrettanto interessanti – conclude Stefano Vella – e non si basano sulla produzione degli anticorpi da parte del soggetto che riceve il vaccino. Gli antigeni, derivanti da pezzi di virus morto, sono infatti “sparati” direttamente all’interno dell’organismo”.

L’arrivo di Moderna la prossima settimana

Il nuovo vaccino è atteso per la prossima settimana. L’Ema ne ha confermato la sicurezza, l’efficacia e la qualità, autorizzandone l’immissione in commercio condizionata però alla somministrazione per persone a partire dai 18 anni di età.
Come per le prime dosi di Pfizer-BioNTech, che invece prevede la possibilità di somministrazione già dai 16 anni, l’arrivo e la gestione del vaccino Moderna sarà gestito dal Ministero della Difesa.
Gli arrivi saranno ancora a scadenze settimanali per un quantitativo di complessive 1.300.000 dosi in Italia.
La prima tranche sarà di 100.000. L’efficacia del vaccino è stata valutata nella percentuale del 94,1%. 
AstraZeneca, che assicura una protezione al 95% dei pazienti e un’efficacia al 100% nella prevenzione delle patologie più gravi legate al Covid, una volta approvato arriverà in 40 milioni di dosi.

L’italiano Grad-Cov2

Nel frattempo, è entrato in fase 2 il nuovo vaccino italiano ReiThera denominato Grad-Cov2.
“Abbiamo messo in campo tutte le nostre risorse e le nostre capacità dal febbraio scorso per mettere a punto questo vaccino -ha detto la presidente di ReiThera Antonella Folgori presentandolo oggi (7 gennaio) allo Spallanzani di Roma – Ha funzionato nella prima fase, durante la quale è stato sperimentato su 100 volontari a partire da agosto. Abbiamo la capacità di produrre 100 milioni di dosi all’anno”. Per la seconda e terza fase serviranno circa altri sei mesi.

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