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Covid. La corsa verso il vaccino universale

Covid. La corsa verso il vaccino universale
Anthony Fauci

Il punto del virologo statunitense Anthony Fauci al meeting “Highlights in Immunology” di Roma

Il punto d’arrivo è un vaccino universale.
Non solo contro Sars-CovV-2 e le sue varianti ma contro tutti i coronavirus.
Ed è questa la nuova frontiera della scienza. A fare il punto sullo stato dei progressi in questa direzione è stato Anthony Fauci, uno dei principali immunologi a livello mondiale e consigliere medico capo del presidente Usa, che si è collegato ieri con un videomessaggio al meeting “Highlights in Immunology” promosso dall’Accademia Nazionale dei Lincei e dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Fauci: va cambiata la strategia. Dal pan- SarsCoV-2 al pan-Sarbecovirus

Fauci, che sta studiando personalmente alcune tra le nuove tecnologie in via di sviluppo negli studi di laboratorio, ha invitato a cambiare la strategia rispetto a quanto stanno facendo attualmente le big pharma Pfizer e Moderna.
La scienza non dovrebbe più cioè concentrarsi sull’aggiornamento dei sieri adattandoli alle nuove varianti del Covid.
Il rischio, infatti, consiste nel trovarsi alla fine ad assistere a un inseguimento infinito tra il virus e la risposta dell’uomo attraverso i farmaci.
C’è invece la necessità di arrivare a un vaccino universale contro tutti i coronavirus.
Già lo scorso gennaio, il consigliere medico del Presidente Biden aveva affermato che “ci vorranno anni perché questi vaccini vengano sviluppati”. “Non avremo un vaccino universale al primo colpo – ha ribadito ora l’immunologo – ma ci arriveremo passo dopo passo. Quello che possiamo fare è partire da un vaccino “pan-SarsCoV-2”, che protegga cioè da tutte le varianti Alfa, Beta, Gamma, Delta e Omicron.

omicron

Il passo successivo sarà un vaccino pan-Sarbecovirus, che protegga non solo da Sars-Cov-2, ma anche da Sars-CoV-1 e altri virus che possono evolvere in infezioni umane”.

I vaccini allo studio

Tra le tecnologie al vaglio, una riguarda l’impiego di speciali nanoparticelle riportanti vari frammenti di proteina Spike.
Un’altra si basa sull’utilizzo di un vaccino a virus inattivato somministrabile attraverso uno spray nasale.
Grazie a importanti rifinanziamenti, 36,3 milioni di dollari, diversi centri di ricerca statunitensi stanno intanto cercando di individuare il punto debole del virus, cioè le parti che non mutano a seconda delle varianti o quantomeno non lo fanno in maniera sostanziale.
Al riguardo, gli studi del Duke Human Vaccine Institute hanno individuato un anticorpo (il DH1047) presente sia in un paziente guarito dalla Sars nel 2003 che in uno che ha superato il Covid. I ricercatori del Walter Reed Army Institute of Research, facente capo alla Difesa, hanno intanto sviluppato una nanoparticella (lo Spik Ferritin Nanoparticle o SpFN) che riporta più copie della proteina Spike del Sars CoV-2, consentendo al sistema immunitario di riconoscere e contrastare le diverse varianti.
L’esito dei test di fase-1, iniziati da quasi un anno, è stato definito “promettente”. E anche lo spray nasale anti-Covid, portato avanti all’Università di Yale, pur testato per ora solo sui topi, garantirebbe un’immunità di lunga durata.

Altri studi per un vaccino universale

Il National Institute of Allergies and Infectious Diseases americano ha stanziato oltre 1,2 miliardi di dollari in ricerche sui vaccini contro il coronavirus.
Al California Institute of Technology, così, si sta ad esempio sviluppando un vaccino universale per alcuni virus simili alla Sars. E anche in questo caso sembra che il sistema immunitario delle cavie si sia dimostrato in grado di riconoscere le caratteristiche comuni ai diversi coronavirus.
Ma non ci sono solo gli scienziati statunitensi tra coloro che stanno ricercando un vaccino universale contro il Covid.
Uno studio del Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità, pubblicato recentemente sulla rivista Viruses, ha dimostrato l’efficacia sui topi di un vaccino che punta alla proteina strutturale “N” (finora rimasta sempre invariata in tutte le mutazioni del virus) e non alla “Spike” del Sars-CoV-2. E, tornando agli spray nasali, sono almeno una dozzina quelli in fase di sviluppo, con la ricerca che sembra aver raggiunto il livello più avanzato in India.

La proposta da Zurigo

Non meno interessante, nella prospettiva di un vaccino universale contro il Covid, è stata la lecture che ha aperto la seconda e ultima giornata del meeting “Highlights in immunology”.
A presentare le emergenze di un importante studio è stata Federica Sallusto, professoressa all’Eth di Zurigo.
“Quanto illustrato – commenta Lorenzo Moretta, responsabile dell’area di ricerca di Immunologia al Bambino Gesù e presidente del meeting – ci dice che esistono dei siti della molecola spike fondamentali perché la molecola del virus rimanga strutturalmente tale nella sua funzione di recettore. E quello che cerchiamo è proprio qualcosa che ci permetta di predire il futuro, attraverso le similitudini della Spike nei diversi coronavirus. A questo punto – continua Moretta – si tratta di individuare questi siti, perché, una volta individuati, è possibile colpirli con vaccini o anticorpi specifici che riconoscono questa porzione. Questi anticorpi molto rari in natura e normalmente la struttura verso cui si rivolgono è nascosta e viene esposta sulla superficie solo dopo l’interazione tra la Spike e l’Ace-2, che porta la molecola a rimodellarsi. Nonostante questo – conclude l’immunologo – quanto emerso ci dice non solo che esistono siti cruciali del virus, ma, secondo me, ci dice anche che la strada da seguire per il futuro, oltre a quanto detto da Fauci, sarà quella di sviluppare vaccini o anticorpi monoclonali indirizzati su questi siti cruciali, comuni ai vari coronavirus, compresi Omicron, Sars e Mers. Perché è abbastanza facile predire che saranno presenti anche in future varianti dei virus”.

Alberto Minazzi

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