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Ucraina sotto le bombe: lievita il prezzo del grano sui mercati

Ucraina sotto le bombe: lievita il prezzo del grano sui mercati

Non solo effetti su luce e gas. L’invasione della Russia in Ucraina che sta facendo andare alle stelle i costi energetici sta avendo significative ripercussioni anche sul prezzo del grano sui mercati mondiali.
Le quotazioni, già salite del 9%, sono destinate a crescere ancora con conseguenze sui prodotti alimentari come pane e pasta.
Considerato che i due Paesi sono grandi produttori di questa materia prima, che cosa dobbiamo aspettarci?
La pasta, secondo quanto rileva Assoutenti (Associazione no profit per la tutela dei consumatori) che a gennaio ha subito un rincaro del 12,5% potrebbe arrivare a costare il 30% in più rispetto allo scorso anno.
Il prezzo del pane, cresciuto lo scorso mese del 3,7% potrebbe lievitare del 10%.

Il grano “come il petrolio”: perché gli aumenti

Il grano in Italia, rileva Coldiretti, è pagato 33,3 centesimi al chilo rispetto ai 23,5 centesimi dello scorso anno. Dall’analisi emerge che il prezzo di questa materia prima ha raggiunto i massimi degli ultimi 14 anni.
Su valori alti si collocano anche le quotazioni di mais e soia necessarie per l’alimentazione degli animali negli allevamenti. L’Ucraina, insieme alla Russia, rappresentano il 19% delle forniture globali di mais per l’allevamento animale.

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Ucraina e Russia maggiori fornitori

A far volare il prezzo del grano e degli altri prodotti agricoli è la sospensione, a causa del conflitto in atto, delle spedizioni commerciali dai porti sul Mar Nero.
Basti pensare, secondo quanto dicono le analisi Coldiretti, che quasi un terzo del commercio mondiale di grano (29%) arriva da quei due Paesi, così come l’80% delle esportazioni di olio di girasole.
Secondo gli analisti inoltre, se si tiene conto anche del costo di energia e gas alle stelle, l’aumento del costo di due beni di consumo primari per gli italiani come pane e pasta potrebbe addirittura arrivare a un 50% in più.

Le ripercussioni in Italia

Un’emergenza mondiale che riguarda direttamente l’Italia.
Il nostro Paese importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per alimentare il bestiame.

Come evidenzia il Cai (Consorzi agrari d’Italia) la prima settimana di guerra ha portato a un aumento del 13% del costo del grano tenero che serve per la pasticceria e del 29% del prezzo del mais a livello mondiale. L’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 20% ma garantisce anche il 5%dell’import nazionale di grano.

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«Un kg di grano tenero – dice Coldiretti – in Italia è venduto a circa 32 centesimi mentre un kg di pane è acquistato dai cittadini a un valore medio di 3,3 euro. Un rincaro quindi di dieci volte tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano».
Sempre secondo Coldiretti, L’Italia è costretta a importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori.
Per questo molte industrie hanno preferito acquistare sul mercato mondiale, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale.

Silvia Bolognini

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