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Siccità: verso un piano strutturale per il Veneto

Siccità: verso un piano strutturale per il Veneto
Consorzio di bonifica Piave, presa irrigua di Fener

Poca pioggia, temperature alte, insufficienti accumuli nivali. Il Veneto, storicamente in eccesso d’acqua, annaspa. E’ allarme rosso anche per l’idropotabile

L’allarme c’è tutto e i numeri dell’emergenza sono impietosi, anche in questo primo assaggio di 2023 avaro di acqua come lo è stato il 2022.
Compensare una riduzione del 40% di precipitazioni rispetto alla media degli ultimi 30 anni non è un giochetto da Harry Potter e se l’intero arco alpino non sta affatto bene in termini di disponibilità di acqua, il Veneto sta sicuramente peggio.
Parola di Andrea Crestani, direttore di Anbi Veneto, l’Unione regionale consorzi gestione e tutela del territorio e acque irrigue, associata all’Anbi nazionale.
Una ridefinizione che rappresenta in modo corretto e completo la funzione rinnovata degli “storici” consorzi di bonifica.
«L’eredità dell’anno idrologico 2022 è riassumibile in un drammatico numero per il Veneto: 387 millimetri di pioggia in meno rispetto alla media attorno ai 1040 mm, laddove l’anno scorso ha piovuto per appena 653 millimetri».
In questo dato è racchiusa non solo l’emergenza della situazione idrica di una regione che in passato addirittura “esportava” acqua, ma anche il ruolo odierno dei consorzi che è appunto di gestione delle acque e quindi di sicurezza del territorio e di sostenibilità.
Non è un caso che tutte le attività e interventi dell’Anbi abbiano come indirizzo gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu.
«Una premessa non scontata perché proprio di fronte a questi dati, le comunità, il Veneto e più in generale l’opinione pubblica possono rendersi conto dell’impatto del cambiamento climatico sulla risorsa idrica e con effetto domino sull’agricoltura, la vita di tutti i giorni e l’economia del cambiamento climatico».

Il direttore di Anbi Veneto, Andrea Crestani

Non è solo questione di pioggia

Crestani sa molto bene che questo non è fattore episodico e ancora una volta basa le sue previsioni su altri numeri che non lasciano spazio a illusioni.
«Vero è che nel primo mese dell’anno sono caduti nella nostra regione mediamente 69 mm di pioggia vale a dire un +19% rispetto sempre alla media storica ma attenzione a quanto incide la temperatura. Anche gennaio è stato un mese caldo, con evidenti conseguenze sulla tenuta della neve alle alte quote con scioglimenti anticipati e accelerati e impossibilità di alimentare i sistemi idrici della pianura».
Ancora un effetto domino quindi, nonostante la neve caduta sulla montagna veneta tra novembre e dicembre fosse vicina alla media sia sulle Dolomiti che nella zona prealpina.
Peraltro, la situazione si sta rapidamente aggravando in assenza di accumuli nivali sufficienti, con il termometro in inesorabile salita.

Il paradosso veneto: dalla necessità di contenere l’acqua in eccesso a quella di trattenerla

Uno scenario che, assieme all’estrema sofferenza per le falde acquifere della nostra regione, porta a prefigurare un altro anno di difficoltà alla rete idrica veneta che da sola non trattiene più del 5/6% dell’acqua piovana.
Crestani: «Guardando al futuro, la situazione rischia di divenire ulteriormente preoccupante, come sembrano indicare i più recenti andamenti. Da un Veneto storicamente in eccesso di acqua, e ciò spiega perchè tutte le infrastrutture dei consorzi di bonifica regionali sono funzionali a tenere asciutto il territorio, le città, le comunità, ora dobbiamo confrontarci con una situazione diametralmente opposta. Abbiamo assoluto bisogno di trattenere l’acqua perché il climate change si sta evidenziando soprattutto in questa scarsità o assenza di precipitazioni».

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Allarme rosso per l’idropotabile

Una beffa considerando, come ricorda Crestani, che il Veneto con i suoi 400 impianti idrovori (in sostanza le stazioni di pompaggio per il sollevamento delle acque) vanta la rete più ampia ed efficiente di tutta Italia (800 a livello nazionale). E poi le falde freatiche con percentuali vicine allo zero e questo è un allarme rosso soprattutto per l’uso idropotabile – ovvero l’acqua che beviamo, che usiamo per tutti gli usi domestici, per innaffiare il giardino o lavare l’automobile (vi ricordate le ordinanze di molti sindaci che l’anno scorso vietavano questi usi?) – in prospettiva di un periodo estivo di siccità.
La sintesi di tutto questo è che la stagione parte priva di riserve: un problema gravissimo «perché ci servivano mesi molto piovosi per recuperare quel deficit di oltre 380 millimetri dell’anno scorso. Piovosità che manca anche in questo inizio 2023» ribadisce il direttore dell’Anbi regionale Veneto.
E senza acqua nei fiumi che scaricano in mare, il nemico numero uno è il famigerato cuneo salino, vero flagello per l’agricoltura.
Per il Veneto, cuneo salino vuol dire in particolare Po e Adige (senza dimenticare Livenza, Piave, Sile e Brenta). Con quest’ultimo fiume tutelato soprattutto dal moderno impianto a “geometria variabile” di Rosolina che però non è più utilizzabile sotto gli 80 metri cubi di portata.
Se c’è meno acqua, il mare Adriatico entra nell’Adige e si spinge all’interno per molti chilometri.

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Il Fiume Po nell’estate 2022

Due nuove infrastrutture per arginare la risalita del cuneo salino

La prospettiva di nuove criticità per l’Adige ha sviluppato un’inedita sinergia tra Veneto e le province autonome di Bolzano e Trento che trasferendo nella nostra regione propri finanziamenti ministeriali per contribuire alla realizzazione, in capo al Consorzio Delta del Po, della nuova barriera ad alta efficienza prevista nella zona di Rovigo capace di lavorare anche con un flusso di appena 30 mc scongiurando così la risalita del cuneo salino e contribuendo alla salvaguardia della produzione agricola di più province.

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Un’altra grande opera di sbarramento, la più grande d’Italia, sempre a cura del Consorzio Delta del Po, sarà presto cantierata a difesa del maggiore fiume italiano da anni sempre sotto le medie storiche. Crestani inserisce anche queste due realizzazioni nella «nuova frontiera ambientale e salvaguardia ambientale dell’Anbi.
Credo che l’ingegnerizzazione del problema, ovvero la costruzione di infrastrutture tecnologicamente adeguate, sia necessaria per evitare i momenti di criticità».
Come quello che stiamo attraversando e che, anticipando i dati della prossima rilevazione Anbi, si è ulteriormente aggravato con un mese di febbraio ad oggi senza precipitazioni, neppure in quota.
Il cambiamento climatico richiede allora un passo diverso nella salvaguardia della risorsa idrica. E qui i soggetti in gioco sono molti, anche i singoli individui, le famiglie.
È il capitolo della sostenibilità, con l’Anbi che se ne è fatta nuova portavoce.

Barriera antisale sull’Adige – Consorzio di Bonifica Delta del Po

Produrre in maniera sostenibile

Dalla gestione dell’emergenza a un piano strutturale per il territorio.
Significa razionalizzazione dell’uso delle risorse; creazione di invasi per trattenere più acqua possibile e utilizzarla per sfruttare meno i fiumi; applicazione di quelle direttive comunitarie specifiche per i deflussi ecologici. Ma anche la trasformazione del settore agricolo.
«Un’agricoltura 2.0 capace di produrre in maniera sostenibile con la diffusione di impianti a basso consumo e irrigazioni di precisione a livello sistemico con i consorzi di bonifica chiamati a garantire tutte le infrastrutture per assicurare irrigazione a 600 mila ettari di territorio».
A dicembre la proposta aell’Anbi Veneto, presieduta da Giuseppe Romano, è stata presentata in Regione: 88 progetti anche con l’individuazione dei siti.
Ancora Crestani: «I finanziamenti arriveranno da tre ministeri: Agricoltura, Infrastrutture e Ambiente. Siamo esclusi dal Pnrr poiché i tempi non collimano».
Ma è necessario agire presto per non trovarsi a secco per i ritardi su quelli della Natura.

Agostino Buda

Un commento su “Siccità: verso un piano strutturale per il Veneto

  1. Condivido molto di ciò che scrive.Io proporrei però di mutare anche quelle monocolture a vite avranno gli irrigatori a goccia ma non tutti i vigneti sono eccellenti..diciamoci la verità che non è un’industria che va anche lì modificata.Dobbiamo mutare comportamenti e produzioni.E va monitorato il consumo d’acqua .Quello agricolo industriale alberghiero e civile.


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