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Siccità: è peggio del 2022

Siccità: è peggio del 2022
Il fiume Po

Grandi fiumi e laghi a secco, depositi nevosi dimezzati, solo fango nei canali di Venezia: situazione preoccupante per l’agricoltura e non solo

Nel 2022, la produzione agroalimentare italiana ha perso 6 miliardi di euro a causa delle scarse irrigazioni, legate a un -30% di pioggia caduta sul nostro Paese, con punte del -40% al nord. Ma nel 2023 potrebbe andare ancor peggio. Anche perché, restando al presente, il quadro meteorologico non accenna a cambiare almeno fino a metà settimana.
Basta guardarsi intorno, da nord a sud, per capire che la permanenza dell’anticiclone sul nostro Paese, sta determinando non solo temperature decisamente sopra le medie, ma anche un’importante carenza idrica a tutti i livelli.
Una situazione di sofferenza più simile all’estate che all’inverno, sia per i principali corsi d’acqua, a partire dal Po, che per i grandi laghi del Nord. Ma anche nevai e ghiacciai alpini sono decisamente poveri di depositi.
E Venezia, stavolta, non deve fronteggiare l’acqua alta, ma la bassa marea. Che, spiegano gli esperti, è eccezionale più per la sua durata prolungata che per i livelli toccati dalla Laguna: comunque importanti, ma che almeno ancora non possono essere considerati da record.

Siccità 2023: i numeri di Legambiente

A lanciare l’allarme sono diverse associazioni, da Legambiente a Coldiretti.
L’associazione ambientalista italiana, citando i dati di Cima Research Foundation, quantifica nel -61% l’attuale mancanza d’acqua nel bacino del Po.
Ma non sono solo 3 delle 7 autorità di distretto del principale fiume italiano ad aver toccato uno stato di “severità idrica media”.
La stessa condizione, riporta la stessa Legambiente, riguarda infatti anche l’Appennino settentrionale e l’Appennino centrale.
A questa situazione, continua l’associazione, va aggiunta la carenza di neve sull’arco alpino, attualmente pari al -53%.
Per questo, Legambiente ha lanciato un appello al Governo, proponendo una strategia nazionale idrica strutturata in 8 punti prioritari.
Si va dalla ricarica delle falde all’obbligo di recupero delle acque piovane, dagli interventi strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato all’implementazione del riuso delle acque reflue depurate in agricoltura.
“Bisogna da subito – spiega il direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti – ridurre i prelievi nei diversi settori e per i diversi usi prima di raggiungere il punto di non ritorno”. Il rischio paventato è infatti che il fabbisogno idrico nazionale possa risultare insostenibile rispetto alla reale disponibilità.

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Allarme siccità: fiumi prosciugati, laghi senz’acqua

Riguardo al Po, si aggiungono altre considerazioni preoccupanti.
I pescatori del Ferrarese stimano che i livelli del fiume siano già un metro sotto lo stesso periodo del 2022. L’Anbi, associazione nazionale dei consorzi, afferma che i metri cubi al secondo che passano nel fiume sono 800 in meno dello scorso anno.
Coldiretti, ricordando che dal Po dipende un terzo della produzione agroalimentare italiana, sottolinea che a Ponte della Becca, nel Pavese, il livello del fiume è 3,3 metri sotto lo zero idrometrico. Il tutto con le temperature sopra la norma (a gennaio +0,96 gradi rispetto alle medie nazionali e +1,41 al nord, nei dati Isac Cnr) che stanno anticipando le fioriture.
E se la neve accumulata sugli Appennini si sta iniziando a sciogliere, il beneficio sarà solo momentaneo, perché poi si esauriranno le scorte, già di per sé ridotte. Anche i laghi, aggiunge Coldiretti, hanno percentuali di riempimento ridotte: Garda e Maggiore al 39%, Lario addirittura al 21%.
“Sulla base delle previsioni di semina – evidenzia Coldiretti – quest’anno saranno coltivati in Italia quasi 8 mila ettari in meno di riso, per un totale di appena 211 mila ettari, ai minimi da 30 anni. E preoccupano anche le semine di mais”. L’auspicio della confederazione è dunque che l’Italia realizzi un piano invasi per aumentare la raccolta di acqua piovana, ferma all’11%.

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Lago di Garda

 

Il “caso” Venezia in secca

Tra le immagini che hanno colpito, in questi giorni di sovraffollamento per il Carnevale, c’è anche quella di una Venezia in cui i canali interni sono a secco, con le barche ormeggiate che, anziché galleggiare, sono posate sul fondale fangoso.
Una situazione che, per una città che vive sull’acqua come il capoluogo lagunare, crea numerosi problemi: dall’asporto delle immondizie ai rifornimenti ai supermercati. Per tacere dei rischi che si verrebbero a creare in caso di necessità di intervento di ambulanze o di mezzi dei vigili del fuoco.
La soglia minima oltre la quale si vengono a creare problemi per la navigazione, a Venezia, è attorno ai -50 cm.
Dal Centro maree si sottolinea che, se nel weekend si sono toccati i -65, la vera eccezionalità del fenomeno è però legata al fatto che nel 2023 si è già scesi sotto il livello di guardia per oltre 10 ore. Ovvero quante se ne registrano mediamente in un anno.
E se i primi due mesi dell’anno sono tradizionalmente quelli più interessati dalle basse maree, è anche vero che nei primi 15 giorni di questo febbraio le precipitazioni sono state pressoché nulle: appena mezzo millimetro contro i 60 mm medi degli ultimi 30 anni.

Alberto Minazzi

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