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Acqua, un bene sempre più raro

Acqua, un bene sempre più raro

I dati Ispra: nonostante la leggera ripresa rispetto al 2022, lo scorso anno disponibilità ridotta del -18% rispetto alla media. Il piano di interventi della multiservizi Veritas per adeguare le reti al rischio-siccità

La situazione drammatica del 2022 fortunatamente non si è riproposta; ma, nonostante la piccola ripresa, anche il 2023, in Italia, è stato un anno di carenza sul fronte della disponibilità di acqua sul territorio nazionale: -18% rispetto alla media di lungo periodo dal 1951 a oggi.
Il dato, che conferma il trend negativo in atto da diversi anni nel nostro Paese, emerge dalle stime effettuate sulla base del modello idrogeologico “Bigbang”, realizzato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra).

La disponibilità di acqua in Italia nel 2023

La disponibilità di risorsa idrica in Italia nel 2023 è stata stimata in 112,4 miliardi di metri cubi, a fronte di precipitazioni totali pari a 279,1 miliardi di metri cubi di acqua e a una disponibilità media annua tra il 1951 e il 2023 di 137,8 miliardi di metri cubi.
I dati sono dunque in miglioramento, rispetto all’anno precedente, quando si toccò il minimo storico con 67 miliardi di metri cubi.
Il segno resta però comunque negativo rispetto alla media. E questo a causa, spiegano gli esperti, dell’effetto combinato del deficit di precipitazioni, in particolare a febbraio, marzo, settembre e dicembre, e dell’incremento dei volumi idrici di evaporazione diretta dagli specchi d’acqua e dal terreno. A salvare parzialmente la situazione, i circa 49 miliardi di metri cubi di precipitazioni a maggio.
Il dato di maggio 2023 è stato infatti, a livello nazionale, superiore al doppio delle medie di lungo periodo per il mese, stimato attorno ai 23 miliardi di metri cubi. In particolare, vi sono state regioni che hanno registrato quantitativi di acqua superiori fino a 6 volte quelli medi. Tra queste, insieme alla Sicilia e, sia pure in quantità minore, alla Calabria, l’Emilia Romagna, che ha pagato però la situazione con i tragici eventi alluvionali della prima metà del mese.

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Eventi estremi in aumento

Proprio gli eventi estremi sono uno dei temi critici, anche in materia di acqua.
I risultati ottenuti attraverso il modello idrogeologico di Ispra, che fornisce un quadro quantitativo sulla risorsa idrica, compresi i deficit, gli eccessi di precipitazione e i trend delle grandezze idrologiche, ha confermato le evidenze da tempo emerse dagli studi dell’Istituto, sull’aumento anche della frequenza di accadimento di condizioni di siccità estrema.
È sempre maggiore, oltretutto, la percentuale del territorio italiano soggetto a tali condizioni. “La siccità – sottolinea Ispra – ha continuato a caratterizzare tutto il 2023 con condizioni di siccità estrema e severa nei primi mesi dell’anno sui territori del Nord e Centro Italia, già colpiti dalla grave siccità del 2022, tuttavia tali condizioni si sono andate attenuando nel corso dell’anno”.
“Negli ultimi tre mesi dell’anno, che generalmente risultano i più piovosi – conclude l’analisi – si è registrato, in particolare in Sicilia e in parte della Calabria ionica, un consistente deficit di precipitazione. Tale deficit ha determinato una situazione di siccità estrema con effetti che si protraggono ancora nei primi mesi del 2024, ulteriormente aggravati dalle scarse precipitazioni occorse in tali mesi”.

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Il fiume Amendolea, in Calabria

Servono strategie. Il caso Veritas

Non è in ogni caso solo il Sud a dover approntare strategie per affrontare i rischi di crisi idrica.
Per esempio, a Nord-Est, la multiservizi Veritas, che gestisce il servizio idrico integrato in 29 comuni del territorio metropolitano di Venezia e 7 della provincia di Treviso, con 5.700 km di reti di acquedotto e 3.300 km di fognature per la depurazione, ha approntato un piano mirato con opere, già approvate dal Consiglio di bacino come prioritarie, per prevenire le emergenze.
“I cambiamenti climatici – spiega il direttore generale di Veritas, Andrea Razzini – impongono di pensare e realizzare infrastrutture civili sempre più efficienti o, come si dice, resilienti. Nel nostro futuro dobbiamo pensare, contemporaneamente alla presenza di forti periodi siccitosi, all’interno di un territorio che è già stato definito tropicalizzato. Siamo preoccupati perché abbiamo identificato circa 200 milioni di euro per opere straordinarie necessarie per assicurare il contrasto alla siccità per il prossimo ventennio”.

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L’idea, prosegue Razzini, sarebbe di aver finanziate subito almeno 4 opere importanti: la dorsale sull’area est che collega il rifornimento di Caorle, Jesolo e Cavallino, il raddoppio del potabilizzatore sul Sile e le due tratte ancora in area est e una a San Giuliano che portino al grande acquedotto. “Ci vuole molto tempo per farle e sarebbero fatte a stralci. Proprio per i tempi di realizzazione che richiedono e per il confermarsi del problema siccità, noi ci sentiamo in ritardo”.
I progetti sono già stati approvati dai due organi competenti, Consiglio di Bacino e Distretto Alpi Nord Orientali, e ora sono in attesa del vaglio al Ministero delle Infrastrutture a Roma. “Queste opere – riprende – sono concepite per intersecare più fonti di approvvigionamento idrico. L’unico modo per affrontare l’estate sarà di mettere in rete falde di vario tipo. Ma ci vogliono condutture più grandi per trasportare l’acqua”.

Gli interventi per adeguare le reti

Riguardo all’acqua, i temi sul tavolo sono numerosi. Sul fronte sicurezza, c’è quello della realizzazione delle vasche di laminazione e delle idrovore. E, per gli approvvigionamenti, quello di un bacino naturale di nevai e ghiacciai dolomitici, da cui deriva la ricarica delle falde più profonde, non più sufficiente. “Nel futuro – prosegue Razzini – dovremo pensare di garantire l’approvvigionamento idrico utilizzando maggiormente tecniche di filtrazione e sfruttare fiumi, falde, invasi, accumuli, serbatoi e se occorre acque superficiali, diminuendo e prolungando la vita e il tempo di impiego delle falde profonde”.

Il direttore generale del Gruppo Veritas Andrea Razzini

Da qualche anno, dunque, Veritas ha già cambiato lo schema di utilizzo e progettazione, realizzazione e gestione delle infrastrutture idriche.
L’area servita, sottolinea il direttore, gode “di un gradiente di sicurezza idrica molto elevato per contrastare periodi siccitosi”. Ciò nonostante, si rendono necessari interventi di manutenzione straordinaria, in particolare a Venezia, dove le reti, inaugurate nel 1884, sono “efficienti ma anziane” e richiedono quindi un centinaio di milioni per gli adeguamenti.
“Nuovi schemi di gestione delle pressioni con inserimento di valvole e sensori – illustra Razzini – consentiranno ai modelli matematici di non stressare le reti e allungare le loro vita di un altro secolo. È in corso anche la realizzazione della nuova vasca di accumulo per la distribuzione dell’acquedotto cittadino e per il nuovo collegamento con Lido, Pellestrina e Chioggia, e, soprattutto, una prima parte di rinnovo delle reti di allacciamento alla città”.

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Il potabilizzatore di Ca’ Solaro

Per avere gli stessi livelli di sicurezza idrica sul territorio litoraneo, dove la rete vale da sola 100 milioni, aggiunge il direttore di Veritas, “occorreranno altri 200 milioni di euro e almeno 10 anni di lavoro da quando si potrà iniziare”. Il tema, in questo caso, è quello delle risorse.
“I sistemi di resilienza dei potabilizzatori e delle reti approvati dal Consiglio di bacino come progetti prioritari nel piano nazionale della sicurezza idrica – conclude Razzini – sono ancora da finanziare: sarebbe bene che le urgenze non venissero travolte da burocrazie e lentezze misteriose”.

Alberto Minazzi

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