Il ducato veneziano trasformò la Serenissima in protagonista del commercio internazionale. Dimostrò che la finanza può essere commercio e potere ma anche identità. Venezia non voleva solo vendere sete o spezie: voleva che fossero pagate nella sua moneta
Il 31 ottobre 1284 scosse i mari del commercio medievale segnando una svolta per Venezia: in quel giorno la Serenissima deliberò la coniazione della prima vera moneta d’oro veneziana, il ducato veneziano.
Non si trattò semplicemente di “battere moneta” ma di una mossa strategica dettata da un obiettivo preciso: giocare da protagonisti nel commercio europeo.
La nuova moneta, riportava il decreto dell’organo delle “Quarantia” (i quaranta elettori del Doge), doveva essere “tam bona et fina per aurum vel melior ut est florenus” – cioè “buona e fine come (o meglio di) il fiorino” di Firenze.
Non bastava insomma commerciare. Bisognava imporre uno strumento monetario riconosciuto ovunque. E così fu.
Il ducato veneziano era d’oro, pesava 3,5 grammi e aveva una purezza vicina ai 24 carati.
Sul dritto l’immagine era quella del Doge inginocchiato mentre San Marco, il patrono della città, gli tendeva lo stendardo. Sul rovescio, Cristo benedicente una mandorla piena di stelle.
Il cielo e il commercio, il potere, la reputazione e l’economia.
Divenne un mezzo di pagamento internazionale. Ecco perché quel ducato veneziano viene spesso accostato al “dollaro del Mediterraneo”: grazie al suo peso costante, alla purezza elevatissima e alla diffusione, divenne la moneta privilegiata nei porti da Occidente a Oriente.

L’effetto domino: dal commercio lagunare al Mediterraneo
Il ducato veneziano viaggiò imponendosi nei porti del Levante, dell’Egitto, dell’Africa settentrionale e dell’Europa mediterranea.
Secondo fonti storiche, nel XV secolo una parte consistente della coniazione veneziana era destinata all’esportazione verso Oriente.
Più la moneta circolava e veniva riconosciuta, più cresceva la reputazione della Serenissima nel commercio marittimo, rafforzando il ruolo della città come hub economico.
Il Ducato fu coniato ininterrottamente dalla Zecca veneziana per cinque secoli, dal 1274 al 1797. Fu la moneta più conosciuta e più longeva e diede anche il nome all’oro puro detto appunto “oro zecchino”.
La Zecca di Venezia
Venezia ha battuto moneta dall’anno 820 circa e fino al 1870.
La sede della Zecca era inizialmente a Rialto.
Per motivi di sicurezza, venne poi trasferita a San Marco, nell’attuale palazzo sansoviniano che oggi ospita la Biblioteca Marciana.
Era un’enorme officina dove ogni giorno si stampava moneta circolante.
Nelle sue fonderie gli artigiani trasformavano i lingotti in moneta sonante e la forgiavano. Nei suoi uffici, il Maestro della Zecca, il cassiere e i controllori custodivano le barre di metallo prezioso nei dodici forzieri  in una vecchia cella oggi chiamata “stanza degli scrigni”, dove ancora 4 degli antichi forzieri sono conservati.
A metà del XVI secolo la Zecca di Venezia arrivò a sfornare quasi due milioni di monete all’anno tra ducati d’oro e d’argento.

A controllare che tutto avvenisse senza truffa alcuna ci pensava in principio la Quarantia, poi il Consiglio dei Dieci e infine vennero create delle cariche specifiche per le varie funzioni, tra cui quelle bancarie.
La Zecca svolgeva infatti anche la funzione di Cassa di deposito per i cittadini e le istituzioni veneziane, da qui l’espressione “aver i schei in Zeca”.















