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Variante Delta: la mutazione indiana che preoccupa

Variante Delta: la mutazione indiana che preoccupa
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In Gran Bretagna ormai è il ceppo dominante, in Italia comincia ad affacciarsi, colpendo tra l’altro anche una persona già vaccinata. La “variante Delta” del virus Sars-CoV-2 è la nuova frontiera del Covid-19, che spaventa nella prospettiva di una nuova recrudescenza della pandemia.
Un fenomeno da monitorare, non escludendo nemmeno (e il premier Draghi lo ha detto espressamente) la possibilità di reintrodurre la quarantena per chi arriva dai Paesi in cui la nuova mutazione è più diffusa.

Variante Delta: cos’è e perché preoccupa

Definita inizialmente come “indiana”, visto che è stata rilevata per la prima volta nel Paese asiatico, la variante Delta (catalogata tecnicamente come VUI-21APR-01 o B.1.617) include una serie di mutazioni, tra cui E484Q, L452R e P681R.
Proprio riguardo a queste ultime, il sito del Ministero della Salute spiega che “la contemporanea presenza desta ragionevole preoccupazione per la potenziale maggiore trasmissibilità e il possibile rischio di reinfezione”.
“A oggi – prosegue la precisazione del Ministero – non ci sono prove che queste varianti causino malattie più gravi o rendano i vaccini attualmente impiegati meno efficaci”.
Sono comunque in corso approfondimenti di ricerca, in collaborazione con i partner internazionali, per capire meglio l’impatto delle mutazioni sul comportamento del virus e per garantire che vengano presi tutti gli interventi di salute pubblica appropriati.

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Variante Delta: lo studio e il caso inglese

A confermare i motivi di preoccupazione vi è lo studio, pubblicato su Lancet, del Francis Crik Institute di Londra.
La particolarità della variante Delta sta soprattutto nella contemporanea presenza delle mutazioni E484Q e L452R, che determinano rispettivamente una maggiore trasmissibilità del virus e la potenziale capacità di sfuggire al vaccino. La contagiosità, sottolineano i ricercatori, sarebbe ad esempio tra il 40% e il 60% maggiore della variante inglese.
Proprio in Gran Bretagna, la diffusione della nuova variante ha determinato una crescita significativa dei nuovi casi di infezione. «La situazione inglese – ha dichiarato l’infettivologo Matteo Bassetti del San Martino di Genova all’agenzia Adn Kronos – ci deve preoccupare. Dobbiamo far sì che non esistano dei cluster. Anche se questa variante, ricordiamolo, è coperta dai vaccini che stiamo utilizzando».

Variante Delta e Italia

La ancor contenuta diffusione della variante Delta nel nostro Paese consente comunque un’efficace sequenziamento dei contagi. Senza dimenticare, come ha fatto il presidente Mario Draghi al termine del G7 in Cornovaglia, che comunque chi entra sul nostro territorio viene sottoposto a tampone. «Se dovessero ricominciare ad aumentare i contagi – ha quindi chiarito Draghi – anche noi dovremmo reinserire la quarantena per chi arriva dall’Inghilterra. Ma questa situazione al momento non c’è».
Sia pure in forma marginale (l’ultimo aggiornamento pubblicato dal Ministero, il 9 giugno, parla di solo 4 casi), la variante Delta è comunque già presente in Italia. Un caso confermato è legato al focolaio con 10 casi di positività, nessuno grave, trovati in una palestra di Città Studi, a Milano. Il virus con le mutazioni “indiane” ha in particolare infettato un uomo che aveva completato il ciclo vaccinale con entrambe le dosi.

Alberto Minazzi

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Tag:  coronavirus