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Vaiolo delle scimmie, Bassetti: "La novità è la trasmissione interumana"

Vaiolo delle scimmie, Bassetti: "La novità è la trasmissione interumana"
Il direttore della Clinica Malattie Infettive dell'Ospedale Policlinico San Martino Matteo Bassetti @Fb Matteo Bassetti

Confermati i primi 3 casi. La nuova minaccia ha raggiunto l’Italia

Dopo il primo caso, un giovane rientrato dalle Canarie, è giunta adesso la conferma, sempre dallo Spallanzani di Roma, anche per gli altri 2 casi sospetti, senza apparenti collegamenti con il “paziente zero”: il vaiolo delle scimmie è ufficialmente arrivato anche in Italia.
Una malattia conosciuta, che richiede attenzione ma non deve ingenerare panico, perché comunque si tratta di una forma meno letale del vaiolo umano (la letalità massima è del 10% dei casi contro il 30% di quello “classico”). “La novità – spiega Matteo Bassetti, direttore della clinica Malattie infettive dell’ospedale Policlinico San Martino di Genova – riguarda la trasmissione interumana della malattia, che prima avveniva in casi molto sporadici e in cluster che avevano sempre in origine il contatto diretto con un animale. La prima trasmissione documentata dalla scimmia all’uomo risale agli anni Settanta e riguardava persone che avevano avuto contatti con le carcasse degli animali, utilizzati in alcuni Paesi per l’alimentazione. Il virus avrebbe invece adesso compiuto un vero e proprio salto di specie”.

Il diffondersi del contagio

Bassetti sottolinea che “il contagio del vaiolo delle scimmie non è minimamente paragonabile a quelli ad esempio del Covid e del morbillo e richiede contatti molto stretti, con il virus che passa di persona in persona sfruttando lesioni ricche del virus o i rapporti sessuali, in particolare quelli tra due uomini”.
Ciò nonostante manifesta una seconda preoccupazione, legata alla fuga del virus da situazione di focolaio. “Sta diventando evidentemente un problema globale, difficile da ascrivere a un unico focolaio di partenza”, ammette il medico genovese.
Ora dopo ora, si moltiplicano infatti i casi riscontrati in Europa e nel mondo.

vaiolo delle scimmie
A Madrid se ne stanno analizzando 23, a New York e in Australia uno ciascuno.
Il Portogallo, segnala l’Ecdc, ha 5 casi confermati, a Lisbona e nella valle di Tago oltre 20 sospetti.
Nel Regno Unito ci sono state 7 segnalazioni. Un primo caso è emerso anche in Svezia e uno sospetto in Francia, nell’Ile-de-France. E poi Canada, Germania
“Teniamo alto il livello di attenzione grazie alla nostra rete di sorveglianza europea e nazionale”, ha dichiarato il ministro della Salute, Roberto Speranza.

Le prospettive, tra diffusione e vaccino

“Io sono dell’idea – riprende Matteo Bassetti – che nei prossimi giorni vedremo l’emergere di nuovi casi in molti Paesi. Almeno in quelli dove l’attenzione è più alta, perché in quelli dove c’è meno sorveglianza il fenomeno potrebbe essere diffuso senza riscontri. Le moltiplicazioni di casi degli ultimi giorni rendono questo quadro di numeri ben maggiori sicuramente molto verosimile. Non so se i casi saranno 500, 1000 o 10 mila. Adesso, la cosa più importante è capire, nelle prossime 2 o 3 settimane, quanto è diffusa l’infezione, per poi decidere le contromisure. Intanto, personalmente, suggerirei qualche atteggiamento di prevenzione e cautela, come l’uso del preservativo”.

In Italia tutti vaccinati contro il vaiolo fino al 1977

Il vaccino contro il vaiolo umano, eradicato in tutto il mondo nel 1980, è infatti in grado, assicura Bassetti, di garantire “una protezione maggiore per le forme gravi, pur non volendo dire che si sia coperti al 100%”.
Il fatto è che la vaccinazione, adesso, non è più obbligatoria (in Italia, ad esempio, dal 1977). “Circa la metà della popolazione mondiale – prosegue il medico del San Martino – è vaccinata. Il problema si porrà per i più giovani, tanto più per la possibile trasmissione sessuale. Non credo che servirà una vaccinazione di massa, ma magari per gli operatori sanitari sotto i 50 anni il ragionamento potrà essere fatto”.

Il vaiolo delle scimmie

Scoperto nelle scimmie da laboratorio nel 1958, il vaiolo delle scimmie è diffuso soprattutto in Africa centrale e occidentale. L’infezione, che colpisce molto raramente l’uomo, è invece diffusa tra i roditori come topi e scoiattoli. La malattia, causata dal virus monkeypox, ha un tempo di incubazione tra 7 e 21 giorni e si presenta generalmente con febbre, malessere, dolori muscolari, gonfiore dei linfonodi, stanchezza ed eruzione cutanea in particolare su mani e viso. Non esiste una cura specifica per questa malattia.

vaiolo delle scimmmie

La trasmissione avviene principalmente attraverso un morso o il contatto con liquidi organici di un animale infetto. Più rara la diffusione diretta da uomo a uomo, sia attraverso i fluidi corporali, che tramite biancheria infetta ma anche dopo un contatto faccia a faccia prolungato, sfruttando il droplet respiratorio.
In molti dei casi presi ora in considerazione, si ritene che il contagio possa essere avvenuto per contatto tra mucose durante rapporti sessuali. I focolai, come ha sottolineato il direttore della Prevenzione del Ministero della Salute, Giovanni Rezza, tendono però ad autolimitarsi.
“L’autolimitazione – conclude Bassetti – è comprovata ed è un fatto positivo, così come il fatto che la malattia sembra leggera. Poi il problema è, come sempre, la diffusibilità: un rischio che non ci possiamo permettere e sul quale sarà fondamentale lavorare tutti insieme a livello europeo”.

Le nuove malattie

Una riflessione, intanto, è possibile sul tema delle “nuove” malattie: dal Covid, all’epatite pediatrica grave, a questo salto di specie del vaiolo delle scimmie.
“Credo – è la lettura che dà l’infettivologo genovese – che per anni si sia pensato che quello delle malattie infettive potesse essere un problema completamente risolto. Negli ultimi 30-40 anni la medicina si è concentrata soprattutto su tumori, malattie cardiovascolari, neurodegenerative o metaboliche. E’ stato evidentemente un grande errore, perché si è tradotto in meno ricerca e meno fondi e investimenti su farmaci e vaccini. Adesso che, da 2 anni, l’occhio di bue è tornato sulle malattie infettive, da una parte è cresciuta la sensibilità nei confronti del problema, dall’altro è migliorata molto la cultura diagnostica dei nostri laboratori. È probabilmente per questo che oggi sono messi in luce questi fenomeni. Magari, in passato, ce ne sono stati di simili, ma non ce ne siamo accorti e poi si sono spenti da soli. Per questo dico che non va più di tanto allarmata la gente, ma va solo richiesta più attenzione. Perché i problemi epidemiologici ci saranno sempre: come ho scritto nel mio libro, i microbi sono i veri padroni di questo mondo”.

Alberto Minazzi

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