Uno studio internazionale evidenzia i gravi effetti dell’olio di frittura riutilizzato: infiammazione epatica, alterazioni neurologiche e danni neuronali anche nella prole
Sono alimenti decisamente gustosi e, per quanto spesso pesanti da digerire, il loro consumo è favorito anche in estate dalle maggiori occasioni di mangiare fuori casa.
Che il fritto non sia il cibo più sano è risaputo da tempo e non a caso sono numerose le ricerche scientifiche che si sono occupate, negli anni, delle conseguenze che l’olio surriscaldato, che gioco forza assumiamo attraverso le pietanze cucinate con questa modalità diffusa in tutto il mondo, è in grado di produrre nel nostro organismo. Tanto più, come spesso avviene non solo nei ristoranti ma anche nelle nostre case, quando l’olio di frittura viene riutilizzato più volte. E gli effetti negativi, ha evidenziato uno dei più recenti studi internazionali in materia, possono arrivare addirittura fino al cervello, con un aumento neurodegenerazione.
Gli effetti dannosi dell’olio di frittura riutilizzato
Il fritto ad alte temperature è stata da tempo collegata a vari disturbi metabolici come cancro e diabete, al di là della considerazione che questa modalità di cottura aggiunge calorie al piatto portato in tavola.
A rendere ancor più pericoloso l’olio di frittura è però proprio il suo riutilizzo, visto che, in tal modo, si perdono molti degli antiossidanti naturali contenuti nell’olio, che al tempo stesso può sviluppare anche componenti dannosi come acrilammide, grassi trans, perossidi e composti polari.
Il team di ricercatori ha così provato a indagare gli effetti prodotti nel lungo termine dal consumo di olio fritto sull’organismo di alcuni ratti, differenziati in 5 gruppi in base alla diversa dieta loro somministrata per 30 giorni. È così emerso che in quelli che hanno consumato olio di sesamo o di girasole riscaldato più volte si sono registrati, oltre alla compromissione dell’istologia del colon, con danni significativi nella struttura cellulare, anche un aumento dello stress ossidativo e dell’infiammazione del fegato, con un’alterazione della funzionalità epatica e del metabolismo dei lipidi e una riduzione del trasporto dell’acido grasso omega-3 Dha.
Dal cibo fritto ai disturbi neurologici
Questo acido, presente in grande quantità nelle membrane dei neuroni, è fondamentale per la salute del cervello e delle sue funzioni cognitive e per lo sviluppo e il mantenimento delle normali funzioni cerebrali.
Rispetto ai ratti con una dieta normali, in quelli che hanno consumato cibi contenenti olio fritto riutilizzato si è dunque verificato, parallelamente alla crescita del peso corporeo e del colesterolo totale, un aumento della neurodegenerazione, legato all’alterazione della rete di comunicazione bidirezionale che mette in connessione fegato, intestino e cervello. La disregolazione di quest’asse fondamentale all’interno del nostro organismo, dal momento che svolge un ruolo cruciale nella regolazione di varie funzioni fisiologiche, è stata infatti associata a disturbi neurologici. E l’effetto negativo sull’istologia cerebrale, ha notato lo studio, non si è prodotto solo nei ratti direttamente coinvolti nello studio, ma anche nella loro prole di prima generazione, tra cui è stata riscontrata una maggior probabilità di mostrare danni neuronali.
Le prospettive
Le conclusioni dello studio, ovviamente, andranno ora verificate attraverso studi clinici su esseri umani.
L’idea dei ricercatori è anche quella di allargare la prospettiva, approfondendo i potenziali effetti che l’olio di frittura può produrre verso malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson, ma anche su ansia, depressione e neuroinfiammazione.
Inoltre, si pensa di esplorare ulteriormente la relazione che intercorre tra microbiota intestinale e cervello, al fine di provare a identificare nuove metodologie di prevenzione o cura di neurodegenerazione e neuroinfiammazione. In tal senso, pur essendo necessari anche in questo caso ulteriori studi, l’ipotesi formulata dai ricercatori è che si può pensare a una riduzione dell’infiammazione del fegato e degli effetti negativi a livello neurologico integrando la dieta con omega-3 e nutraceutici, tra cui curcumina e oryzanol.
Alberto Minazzi