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Mar Rosso: una crisi che potrebbe colpire il nostro portafoglio

Mar Rosso: una crisi che potrebbe colpire il nostro portafoglio

Si è già innestata la reazione a catena, legata agli attacchi Houthi alle navi commerciali, destinata a produrre effetti sui prezzi per il consumatore

Nel Mar Rosso, corridoio fondamentale per il commercio internazionale, da novembre la tensione è alta per le aggressioni dei miliziani Houthi alle navi in transito giustificate come dimostrazione di sostegno alla Palestina per una guerra ritenuta ingiusta.
Con l’attacco delle basi dei miliziani Houthi da parte di Usa e Regno Unito del 12 dicembre, la situazione si è fatta ancor più delicata. Anche per i mercati.
Sono infatti sempre di più le navi commerciali che, per motivi di sicurezza, cambiano rotta scegliendo la circumnavigazione dell’Africa.
Un percorso che si traduce in un rinvio di una decina di giorni nelle consegne e in una riduzione delle forniture, che, se la situazione non dovesse risolversi rapidamente, richiederebbe di ridiscutere le catene logistiche, con una ripercussione sui costi dei prodotti finali.
Le conseguenze economiche della crisi internazionale per i consumatori iniziano già a intravedersi.

La guerra che cambia i commerci marittimi

In questa prima metà di gennaio, a causa degli attacchi alle navi, il traffico commerciale nel Mar Rosso sarebbe sceso già di due terzi rispetto alle previsioni.
Con un crollo del numero di container trasportati in quelle acque che a gennaio dovrebbe attestarsi attorno alle 200 mila unità rispetto alle 500 mila di novembre.
Meno container in arrivo, poi, significa anche meno disponibilità di cassoni vuoti da destinare all’export, con per esempio mezzo miliardo di esportazioni di frutta e verdura italiana verso l’Asia a rischio.
Al momento, gli effetti della riduzione sui nostri porti dei traffici attraverso la via marittima più diretta tra l’Oriente e l’Europa sono legati solo ai ritardi oggettivi delle rotte più lunghe che sono costrette a percorrere le navi. All’appello cioè, stimano per esempio i terminalisti del porto di Venezia, mancherebbe cioè quel 30% di navi che sono comunque in viaggio, ma che giungeranno a destinazione un paio di settimane più tardi.

mar rosso

La quantificazione concreta dell’impatto della tensione medio-orientale sarà ufficializzata solo ad aprile, con la pubblicazione dei dati relativi ai traffici della prima trimestrale 2024. Nel frattempo, intanto, si capirà meglio se la situazione sia solo contingente o si traduca in una situazione strutturale. E nella seconda, più preoccupante, ipotesi, per contenere le perdite di traffici verso il Nord Europa, gli scali dell’Alto Adriatico si troverebbero costretti a ripensare la logistica, puntando per esempio di più su ferrovie e gomma.

Le conseguenze concrete: da gas e benzina all’inflazione

Già adesso, però, si possono vedere i primi effetti di tutto questo. Restando al tema dei commerci marittimi, per esempio, dopo il significativo calo di parte del 2023, il costo dei noli, secondo l’Istituto per gli studi di politica internazionale, è cresciuto del +25% rispetto allo scorso anno e addirittura del +88% se confrontato con il 2019, con un +61% nella sola ultima settimana. A incidere sono anche i premi assicurativi, che aumentano proprio in considerazione della minor sicurezza della navigazione.
Ma anche spostando l’attenzione sui consumatori, già i primi segnali sono tutt’altro che incoraggianti. Benzina e diesel, nel fine settimana, hanno continuato la risalita, toccando rispettivamente 1.774 e 1.732 euro medi in modalità self service. Il prezzo del gas, che in Italia già sta attraversando la non facile fase della fine del mercato tutelato, sul mercato di Amsterdam a fine settimana è arrivato a 32 euro al megawatt/ora: un +4% analogo a quello del Brent del petrolio, attestatosi a 80 dollari al barile.

Oltre che su luce e riscaldamento (Assoutenti quantifica in 200 euro in più le spese per le bollette di un anno), si teme che ora gli incrementi di costo delle materie prime si traducano a cascata in aumenti anche sui prezzi generali delle merci. Se il conflitto arrivasse a bloccare completamente Mar Rosso e canale di Suez, per il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, sono “forti” i rischi di “ripresa dell’inflazione”. Di conseguenza, si potrebbe arrestare anche il programma di riduzione dei tassi da parte delle banche centrali.

Verso una nuova e diversa globalizzazione?

I recenti sviluppi in Medio Oriente vengono a inserirsi in un contesto globale già di per sé problematico.
Le tensioni politiche si uniscono alle conseguenze dei cambiamenti climatici, che paradossalmente potrebbero essere ulteriormente aggravati da un maggior ricorso allo spostamento delle merci su strada. E, nel nuovo panorama, secondo alcuni analisti, proprio l’Europa, che non ha fonti energetiche proprie e dipende dagli approvvigionamenti da altri continenti, risulterebbe la più esposta alle conseguenze di lungo periodo.
Il ragionamento, riguardo al sistema di interconnessioni mondiali, va infatti svolto su una prospettiva temporale più ampia. È lo stesso concetto di “globalizzazione” che inizia a essere ripensato e ricalibrato sul mutato contesto. È in atto una tendenza generale a provare ad accorciare le catene di valore, a cui fanno però da contraltare le crescenti richieste di nuove materie prime, per esempio da destinare all’industria informatica e ai processi di decarbonizzazione, riguardo alle quali il Vecchio continente deve necessariamente rivolgersi ad Asia e Africa.

Alberto Minazzi

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