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Covid. Il rischio: nuove varianti più forti dei monoclonali?

Covid. Il rischio: nuove varianti più forti dei monoclonali?

Il virus continua a evolversi partendo da Omicron: massima attenzione dell’Oms

La strada intrapresa dal virus Sars-CoV-2, da quasi un anno a questa parte, è chiara e muove da un ben preciso punto di partenza: la variante Omicron.

Non solo la quasi totalità dei contagi è infatti legata oggi a questo lignaggio, con l’attuale prevalenza in particolare di “Omicron 5”. Ma anche le nuove evoluzioni di un virus che continua a mutare si legano a questa “famiglia”.

E ci sono alcune novità nelle sottovarianti di “Centaurus”, partita da “Omicron 2”, che hanno spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità a mantenere elevata l’allerta nella sua osservazione. Perché la nuova versione del virus avrebbe imparato a eludere la risposta immunitaria.

Del resto, Sars-CoV-2 sta iniziando, da qualche mese, a sviluppare capacità di resistenza di fronte alla protezione legata a diversi anticorpi monoclonali utilizzati nella cura del Covid.

Tra i farmaci che stanno mantenendo inalterata la loro attività contro le varianti in circolazione restano comunque alcuni prodotti, come la pillola Paxlovid o l’antivirale remdesivir.

La variante Ba.2.75.2

La sigla con cui è stata ribattezzata la recente evoluzione di Centaurus è Ba.2.75.2. Al momento, la prevalenza di Centaurus nel computo totale dei contagi rimane fortunatamente ancora del tutto marginale. Alla settimana 35, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha collegato solo l’1,26% delle infezioni a questa variante, in 48 diversi Paesi, in particolare in India. Ma la percentuale è in aumento nelle ultime settimane.

Sono state però alcune caratteristiche a elevato potere di rischio della nuova sottovariante a spingere gli esperti dell’Oms alla massima attenzione. Si tratta, nello specifico, di 9 mutazioni aggiuntive, rispetto a quelle sviluppate dalla prima forma di Centaurus. Una di queste mutazioni, nelle varianti precedenti, è stata associata alla capacità di fuga immunitaria. E sono presenti 3 ulteriori mutazioni sulla molecola Spike.

La “famiglia” di Omicron

Da novembre 2021, quando ha iniziato a presentarsi nel panorama pandemico, Omicron si è progressivamente affermata come variante dominante. Secondo l’ultimo dato pubblicato dall’Oms, relativo al periodo tra il 19 agosto e il 19 settembre, il database condiviso Gisaid ha rilevato un 99% di sequenze virali legate a Omicron sulle oltre 120 mila provenienti da tutto il mondo.

Nel periodo dal 29 agosto al 4 settembre, la prevalenza relativa più elevata è quella di Omicron 5 (76,6%), poi viene Omicron 4 (7,5%), con le altre sottovarianti che, tranne Centaurus, raggiungono insieme una quota inferiore all’1%.

Le sottovarianti di Omicron, oggetto di monitoraggio e valutazione da parte dell’Oms (sebbene la gran parte non destino nessuna preoccupazione), sono intanto arrivate a più di 230 e oltre 30 quelle ricombinanti. La velocità di mutazione del virus è però elevatissima.

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