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Cerberus sta diventando dominante. Non funzionano i monoclonali ma gli antivirali sì

Cerberus sta diventando dominante. Non funzionano i monoclonali ma gli antivirali sì

Andreoni: “La nuova variante in alcuni casi è già al 10%, ma deve sostituire un campione di trasmissibilità come Omicron 5”

Il Sars-CoV-2 nella variante Cerberus, una delle più recenti evoluzioni del virus del Covid, sta sempre più diffondendosi anche in Italia.
“Anche nel nostro reparto di Malattie infettive – conferma Massimo Andreoni, del Policlinico Tor Vergata di Roma – abbiamo iniziato a riscontrare i primi casi. So comunque che alcuni colleghi già la scorsa settimana hanno attribuito a Cerberus circa il 10% dei casi di Covid che si sono presentati nei loro centri”.
Hanno dunque una certa attendibilità le previsioni, avanzate da alcuni virologi, che si arriverà a una nuova ondata, con possibili punte anche di 90 mila nuovi casi giornalieri attorno a Natale.
“Dare numeri precisi – commenta Andreoni – è sempre difficoltoso. Il fatto che Cerberus inizia a comparire sta a però indicare che questa variante ha una trasmissibilità migliore della precedente e che molto probabilmente diventerà dominante, collegata a una cospicua numerosità di casi”.
“È quello che ci aspettiamo avvenga in alcune settimane – conclude il direttore scientifico della Società italiana malattie infettive. – A meno, ovviamente, che nel frattempo non si presenti un’ulteriore nuova variante”.

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Il professor Massimo Andreoni

Cerberus e Omicron 5: lotta per il primato

Se il sorpasso di Cerberus su Omicron 5 è nelle previsioni, questo però, secondo Andreoni, non avverrà subito.
“Diciamo – illustra – che i tempi non saranno lunghissimi, ma ci aspettiamo che non saranno comunque nemmeno brevissimi, perché Cerberus dovrà scalzare una variante particolarmente trasmissibile”.
Omicron 5 viene infatti definita dal virologo di Tor Vergata “un supercampione di trasmissibilità”. E cita, per spiegare il perché delle sue affermazioni, il caso di Centaurus. “La variante Ba 2.75 – ricorda citando la sigla attribuita alla variante “estiva” – ha circolato anche nel nostro Paese, ma non è riuscita a sostituire Omicron 5”.
A determinare la diffusione della nuova variante, insomma, non basta la sua capacità di trasmettersi, ma anche ad altri fattori, come la vaccinazione.
In tal senso, Andreoni rimarca che “più avanti andremo, più chi è guarito o ha completato il ciclo primario si allontanerà da quando questo è avvenuto. E quindi, visto che la quarta dose non mi sembra che abbia scatenato folle entusiaste, è possibile a dicembre un progressivo aumento di casi”.
A essere interessato, prevede il medico, sarà tutto il Paese. “Anche per il Covid – dice – il discorso in questa fase epidemica si sta globalizzando. Ci sarà forse qualche regione che andrà più veloce, ma per situazioni casuali, legati magari a un cluster particolarmente ricco. Non si parla più, come a inizio pandemia, di situazioni confinate: il discorso è sostanzialmente generalizzato, anche per il venir meno di misure di contenimento particolarmente strette”.

Le caratteristiche di Cerberus

Intanto, gli scienziati stanno cominciando a conoscere meglio Cerberus. “È confermato – riprende Massimo Andreoni – che tende a manifestarsi soprattutto nelle alte vie respiratorie, causando sintomi simili a quelli dell’influenza, come raffreddore, tosse e mal di gola. Fermo restando che è da capire quanto ciò sia “demerito” di un virus meno patogeno e quanto merito dell’immunità che si è creata nella popolazione”.
Il medico di Tor Vergata, pur ammettendo che “è difficile discernere tra l’incidenza dei due fattori”, punta soprattutto sulla seconda ipotesi, basandosi su dati concreti. “Gli ultimi due decessi che abbiamo visto nella nostra struttura – hanno riguardato un non vaccinato e un immunodepresso. E, nei loro confronti, il virus si è comportato esattamente come nel 2020, trasformandosi in polmonite”.
Un’altra conferma riguarda invece la maggior capacità di Cerberus di sfuggire alle protezioni dell’organismo. “Purtroppo – spiega Andreoni – le varianti più recenti si stanno dimostrando “immune escape”: una capacità collegata anche alla maggior trasmissibilità. Iniziamo ad avere anche qualche dato, molto preoccupante, su come su Cerberus siano inefficaci i monoclonali usati fin qui. Ma, almeno, c’è la buona notizia che non c’è invece maggior resistenza agli antivirali”.

Le possibili conseguenze

Un’altra questione da affrontare, di fronte alla possibilità di una nuova ondata, è quella della tenuta degli ospedali. I dati che ricorda Andreoni, che dovranno essere ovviamente rivisti sulla base del diverso flusso informativo adottato ora, parlano di 599.617 casi di Covid a settembre, con 1.497 morti. Al 28 ottobre, ultimo bollettino giornaliero, i casi erano quasi raddoppiati (1.041.439) e i decessi erano aumentati di circa il 30% (1.933).

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“Questo vuol dire – legge il virologo – che le varianti stanno aumentando la diffusione dei casi censiti, e probabilmente sottostimati, così come il numero dei decessi. Quando si passerà dai 30-40 mila casi giornalieri agli 80-90 mila attesi per dicembre, inevitabilmente anche questi dati aumenteranno, tanto più che ci sarà il periodo di picco anche dell’influenza. Anche se, vista la situazione della popolazione italiana, non mi aspetterei una reale situazione di grandissima difficoltà per gli ospedali. Tornerà, cioè, un po’ di pressione, ma, per merito dell’immunità, non con dimensioni drammatiche”.

Inoltre, riguardo alla mortalità, Massimo Andreoni tiene a fare una precisazione. “La polemica sulle morti “con” e “per” Covid – premette – per me è una stupidaggine. Perché, da un lato, visto che deve essere individuata la causa di morte dominante, l’alternativa è che si tratti di certificati di morte sbagliati, e allora si entra nel penale. Dall’altro, l’eccesso di mortalità va valutato nel confronto tra periodi. È proprio dal confronto con il 2018 e il 2019 che, nel periodo tra gennaio e ottobre 2022 si può parlare di 45 mila morti in più, che sono probabilmente ricollegabili al Covid”.

Sospetto di Covid: che fare?

Un ultimo aspetto di Cerberus che preoccupa è la possibilità che possa sfuggire alle rilevazioni attraverso l’effettuazione di un tampone rapido. Al punto che molti si chiedono se, di fronte a un raffreddore e a un mal di gola, valga la pena di sottoporsi al test fai da te. “A quanto risulta – fa il punto Andreoni – forse Cerberus è più sfuggevole, ma non si pone un problema di non sensibilità dei test antigenici: un buon tampone permette ancora di fare una diagnosi”.
I controlli, dunque, vanno sempre fatti con buon senso. “Senza correre per forza in ospedale – prosegue il direttore scientifico della Società Italiana Malattie Infettive – se chi ha tali sintomi o ad alto rischio, come anziani o obesi, il mio consiglio è prima di tutto quello di parlare con il medico curante per approfondire la diagnosi, valutare l’utilità di un tampone e di eventuali terapie preventive antivirali”.
“Le false negatività – conclude Andreoni – sono difficili. Ma comunque questi sintomi sono probabilmente legati a una virosi. E, in questi casi, sarebbe buona norma usare i sistemi di contenimento che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, utili per cercare di non trasmettere le infezioni: dalle mascherine, al lavaggio delle mani, a un minimo di isolamento. Se impariamo queste precauzioni anche contro raffreddore o influenza, possiamo fare un salto di qualità anche al di là del Covid”.

Alberto Minazzi

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