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“È Possibile”: la Giornata nazionale contro le mafie 2023 a Milano

“È Possibile”: la Giornata nazionale contro le mafie 2023 a Milano

Il 21 marzo, l’appuntamento in ricordo delle vittime. Il programma di Libera

“È Possibile” ricordare 1069 vittime di mafia, di cui 115 minori e 133 donne.
“È Possibile” costruire un mondo alternativo, dove non esistono il mercato nero, il ricatto, i delitti.
“È Possibile”, poiché “La parola ‘possibile’ deriva da ‘potere’ e indica ciò che si può realizzare, ciò che può accadere.”
Questo è lo slogan scelto quest’anno da Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, per celebrare come ogni 21 marzo la XVIII Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie.

Libera e la Giornata nazionale contro le mafie

La Giornata nasce nel 1996, quando una madre straziata dalla perdita del figlio nella strage di Capaci – il 23 maggio 1992, dove venne assassinato il magistrato antimafia Giovanni Falcone – non sente mai pronunciare il suo nome.
Il dolore della morte, il dolore della dimenticanza: per questo da 28 anni l’Associazione Libera organizza un ‘rosario civile’, dove vengono menzionate tutte le persone uccise dalle associazioni mafiose; “solo” 168 vittime prima del 1961, 1001 in più negli ultimi 62 anni.
La Giornata è riconosciuta dallo stato italiano dal 2017, quando la legge 20 dell’8 marzo l’ha istituita.
Ogni anno una città diversa, dove commemorare e marciare contro l’illegalità. Quest’anno la prescelta è Milano, la seconda del nord dopo Padova nel 2019, ultima manifestazione prima della pandemia. Milano e la Lombardia, centro finanziario italiano e, di conseguenza, utile per le mafie stesse: movimenti di denaro, infiltrazioni, corruzione, a fronte di un territorio comunque capace di reagire grazie alla promozione di pratiche civiche.
Milano è stata scelta per ricordare il periodo di trent’anni fa, un biennio sanguinario dove gli attacchi bombaroli raggiungono il nord Italia, tra il capoluogo lombardo, Firenze e Roma.

Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Padova, 2019

Il programma di Libera

Le celebrazioni della Giornata inizieranno lunedì 20 marzo alle 15 con l’Assemblea dei familiari delle vittime, all’Università statale di Milano (a porte chiuse). Seguirà alle 18 la veglia ecumenica presso la basilica di Santo Stefano Maggiore.
Il consueto corteo nazionale partirà invece martedì 21 marzo da Corso Venezia, per giungere in Piazza Duomo alle 10.30.
Qui verranno menzionate tutte le vittime innocenti della mafia, e in conclusione l’intervento di Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera.

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Il presidente di Libera don Luigi Ciotti @ Niccolò Caranti

La scelta della città milanese è stata presa nell’ottica di risvegliare le coscienze ed evitare la ‘normalizzazione’ della mafia, ovvero pensare che le sue attività siano ataviche o delimitate al Sud.
Oggigiorno, il crimine legato all’omertà e alla segretezza, al lucro illegale alle spalle dello Stato è un fenomeno nazionale: non è più un mistero la presenza della Ndrangheta in Lombardia, mentre in Veneto si è verificato l’unico caso autoctono di movimento mafioso.

Dalla ‘Teoria della palma’ di Sciascia al rapporto Nord-mafie odierno

Lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia predisse lo spostamento della mafia al nord al giornalista Gianpaolo Pansa, nel 1970, usando la metafora della ‘teoria della palma’: come il calore si propaga verso il nord, consentendo alla pianta di alzare la latitudine di vegetazione, così anche la mafia avrebbe ‘alzato’ i suoi interessi geografici.
Dal rapporto della CGIA di Mestre dello scorso gennaio, le mafie in Italia fatturano circa 40 miliardi di euro; di questi, 17 vanno a ‘gonfiare’ il PIL italiano (un punto percentuale). Soldi illegali che non ricadono sul bene comune. Se le province al Sud rimangono in testa nella triste classifica di presenza mafiosa nei territori, molte città della Pianura e degli Appennini figurano nelle prime posizioni: Roma, Latina, Genova, Imperia e Ravenna, Torino, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Varese, Milano, Lodi, Brescia, Savona, La Spezia, Bologna, Ferrara, Rimini, Pistoia, Prato, Firenze, Livorno, Arezzo, Viterbo, Ancona e Macerata.
Meno colpite le zone del Triveneto, nonostante la regione sia stata protagonista del più ampio fenomeno mafioso autoctono dopo le organizzazioni criminali a sud del paese. Un fenomeno che ebbe inizio 50 anni fa.

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Alcuni nomi di alcune vittime di mafia@Libera

La Mafia in Veneto: Felicetto e la Mala del Brenta

La fine degli anni Settanta ha visto infatti, nel comune di Campolongo Maggiore, tra le province di Padova e Venezia, la nascita della ‘Mala del Brenta’, capeggiata da Felice Maniero. Faccia d’Angelo – il suo soprannome – riunì o si impose tra le microcriminalità del triangolo commerciale Padova, Chioggia e Mestre, instaurando per vent’anni circa un sistema a tratti chiaramente mafiosi incentrato su rapine e commercio di droga.
Fu il periodo degli spari per le strade, dei conti risolti a colpi di pistola, dove per i campi si piantavano fagioli con il mitra.
A metà degli anni Novanta, dopo una rocambolesca fuga dal carcere di Padova e la leggendaria cattura al largo dell’isola di Capri, Felice Maniero si pentì e divenne un collaboratore dello Stato. Oggi vive con un altro nome e sotto la protezione delle forze dell’ordine. Ciò non ha decretato la fine della Mala: altre morti si sono susseguite negli anni.
Mentre in Veneto prendeva piede l’organizzazione di Maniero, a Roma erano i tempi della banda della Magliana, mentre a Milano Renato Vallanzasca guidava la banda della Comasina (raccontata nel libro I fiori del male, trasposto anche cinematograficamente).

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Faccia d’Angelo, Felice Maniero

Il Veneto riapre il caso Toffanin

Legato proprio all’ex Mala del Brenta è il caso di Matteo Toffanin, nel lontano 1992 vittima a sua insaputa della mafia nonostante ancora non siano stati individuati i colpevoli. Matteo stava facendo ritorno a casa dopo una serata con la fidanzata, quando venne ucciso da due sicari.
Secondo quanto emerso durante le indagini, fu scambiato per Marino Bonaldo, presunto bersaglio della Mala del Brenta.
31 anni dopo, la Procura della Repubblica di Venezia ha riaperto l’inchiesta aggiungendo due nomi al registro degli indagati.
La vicenda di Matteo Toffanin è una tra le 1069 vittime di mafia.
1069 nomi che rischiano di finire nel dimenticatoio, archiviati nell’impressione culturale che la mafia sia un problema tutto italiano inestirpabile.
È possibile invece pensare a un mondo migliore, fatto di onestà e rispetto reciproco, e la Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie è qui, come ogni anno, a ricordarcelo.

Damiano Martin

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