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Dati biometrici: siamo un popolo di sorvegliati?

Dati biometrici: siamo un popolo di sorvegliati?
Dati biometrici identificazione

Impronte digitali, riconoscimento facciale, scansione dell’iride, riconoscimento della struttura vascolare dell’occhio o del palmo delle mani.
Sono i cosiddetti “dati biometrici”, sempre più utilizzati dalla tecnologia, che rende possibile ciò che solo poco tempo fa era addirittura impensabile.
Ma come vengono prelevati? A cosa servono al di là della possibile identificazione di colpevoli di determinati reati? Come vengono archiviati?
In quali Paesi vengono utilizzati di più?
Sono solo alcune delle domande cui ha tentato di rispondere un recente studio condotto da Comparitech, che ha monitorato la situazione di 50 Paesi arrivando a definire una classifica dei popoli “più sorvegliati”.

La classifica

In cima alla lista sta la Cina. Qui altezza, impronte digitali, colore e dimensione dell’iride dei cittadini sono i primi dati a venir memorizzati dal sistema, che, secondo la ricerca, dispone di 100 telecamere ogni 1000 abitanti.
Seguono poi Malesia, Pakistan, Stati Uniti, India, Indonesia, Filippine e Taiwan.
E l’Italia? In quale posizione si trova nella classifica?
Più o meno al centro, totalizzando 15 punti sui 25 massimi.

I pro e i contro della tecnologia

Gli algoritmi sviluppati con sempre maggior frequenza e rapidità dai ricercatori consentono di ottenere i risultati più diversi.
Oltre a legare l’accesso alle funzioni dello smartphone al riconoscimento facciale, con l’impronta digitale si può ad esempio pagare con sicurezza online.
Il riconoscimento facciale viene utilizzato ormai abitualmente ai fini di sicurezza, dal contrasto alla criminalità alle indagini giudiziarie. Le telecamere sempre più diffuse consentono di raccogliere dati relativi a chi finisce nel loro obiettivo.
Nel nostro Paese il riconoscimento facciale ancora non è utilizzato dalle telecamere a circuito chiuso. Ma l’autorità giudiziara “sta facendo -si legge nel rapporto – esperimenti in tal senso”. Attualmente le foto dei cittadini archiviate dalla polizia nazionale sarebbero oltre 16 milioni.

Biometria: il successo del marketing

Un uso sempre più massiccio delle telecamere per la raccolta dati biometrici viene poi fatto in campo commerciale.
Si stanno diffondendo sempre più sistemi di pagamento legati ai parametri fisici dell’utilizzatore, ma anche lo stesso marketing sta affinando gli strumenti a disposizione per ottimizzare l’offerta.
Riconoscere il cliente attraverso i suoi dati biometrici significa infatti potergli proporre offerte su misura secondo le sue abitudini d’acquisto o valutarne sesso ed età per profilazioni e analisi di mercato.
Esistono anche gli algoritmi emozionali: carpiscono le nostre espressioni e sono in grado di valutare da queste il nostro livello di soddisfazione di fronte a un prodotto.

La normativa europea

Si capisce, dunque, come tali aspetti vadano a scontrarsi con il diritto alla privacy di ciascuno di noi.
In Europa uno specifico Regolamento va a normare la protezione dei dati biometrici inserendoli (art. 9) tra i dati personali che è vietato trattare.
Con però delle deroghe. In primis, l’espressione del consenso esplicito al trattamento da parte dell’interessato. Già il Garante della privacy, due anni prima del regolamento europeo, ha dunque chiarito che i titolari del trattamento devono acquisire un consenso libero, specifico, informato, inequivocabile e revocabile.
Per il rispetto di questi parametri, dunque, chi utilizza sistemi di pagamento biometrici deve garantire anche la possibilità di effettuare il pagamento con mezzi tradizionali.

 

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Tag:  tecnologia