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Danni post Covid: il monitoraggio dell'Ulss 3 Serenissima

Danni post Covid: il monitoraggio dell'Ulss 3 Serenissima
ambulatorio post covid Ulss 3 Serenissima

Una cinquantina di pazienti guariti dal Coronavirus contratto durante la prima ondata, sono stati seguiti e monitorati dall’ambulatorio post Covid dell’Ulss 3 Serenissima.
Di età compresa tra i 20 e gli 80 anni (con una prevalenza dai 50 ai 70), in maggioranza uomini (risultano il triplo rispetto alle donne), durante la degenza avevano rappresentato i casi più complessi.
Cardiopatici, ipertesi, diabetici, obesi, nefropatici, partivano già da situazioni compromesse.
Era importante quindi capire come, dopo la guarigione, le conseguenze del Coronavirus avrebbero potuto infierire sulla loro salute.

L’ambulatorio post Covid di Dolo

“La risposta dei pazienti che abbiamo visto in questi mesi è stata per la maggior parte molto buona – spiega il responsabile dell’ambulatorio, il pneumologo Accurso Aloi -. A tanti pazienti che erano stati dimessi con l’ossigeno, ora lo abbiamo tolto perché nettamente migliorati. Abbiamo dato prima priorità ai pazienti che per colpa del Covid sono stati inrianimazione, poi a quelli ospedalizzati ma mai intubati. Questo ambulatorio è diventato un servizio costante e istituzionalizzato dell’Ulss 3. E seguiamo pazienti che provengono da tutto il territorio dell’Azienda sanitaria”.
L’ambulatorio si trova all’ospedale di Dolo, dove Pneumologia lavora in sinergia con l’ospedale hub dell’Angelo di Mestre.

l'ambulatorio post covid di Dolo
l’ambulatorio post covid di Dolo

Il paziente seguito anche una volta dimesso

“L’Ambulatorio post Covid accompagna chi ha vissuto l’aggressività di questo virus. Oltre a curare e raccogliere dati sui residui che il virus, una volta andato via, ha lasciato nel corpo di questi pazienti, questo ambulatorio diventa il simbolo della nostra presenza nei loro confronti, anche dopo la guarigione dall’infezione – sottolinea il direttore generale dell’Azienda sanitaria Giuseppe Dal Ben -. Gli ex pazienti Covid non vengono lasciati soli, ma sono seguiti dopo aver costruito per loro una corsia dedicata, come quella di questo importante ambulatorio”.

Il direttore dell'Azienda Sanitaria Ulss 3 Serenissima, Giuseppe Dal Ben
Il direttore dell’Azienda Sanitaria Ulss 3 Serenissima, Giuseppe Dal Ben

Gli accertamenti

Sono tre i tipi di esame che vengono eseguiti sui pazienti post Covid.
Innanzitutto, la spirometria, per verificare se ci siano o meno danni funzionali ai polmoni.
Poi vengono effettuate radiografia “per capire se esiste un danno organico/anatomico” e test Dlco. Quest’ultimo serve a “determinare la capacità polmonare nello scambiare l’ossigeno tra alveoli e capillari”.
Le conseguenze da Coronavirus possono infatti essere importanti.

Danni post Covid

Si va dalla paralisi della lingua alla sindrome di Gulliain-Barré, che determina una compromissione respiratoria a lungo termine, dall’ insonnia al risveglio notturno improvviso, dall’ affaticabilità all’ ipossemia prolungata.
“Gli esiti nel tempo più comuni sono quelli di tipo fibrotico della polmonite interstiziale – spiega il primario di Pneumologia dell’Angelo Lucio Michieletto – In alcuni pazienti non c’è stata una completa normalizzazione del polmone e questo potrebbe comportare il rischio, in alcuni casi, di un’insufficienza respiratoria permanente, fino alla necessità di ossigeno supplementare nel quotidiano. E non si sa, essendo una patologia nuova, in quale arco di tempo possa dare questo esito, soprattutto nei soggetti giovani: la fibrosi potrebbe rientrare o peggiorare, prima che il danno sia stabilizzato”.

Il caso curioso: i pazienti con problemi respiratori sono stati meno colpiti dal virus

Tra i pazienti negativizzati che visitiamo nel nostro ambulatorio dopo la fase acuta dell’infezione da Coronavirus e le dimissioni ospedaliere, non ci sono quelli a noi più noti, affetti da patologie respiratorie croniche come asma o broncopneumopatia cronico ostruttiva – rileva il primario di Pneumologia dell’ospedale di Dolo Manuele Nizzetto -. La maggior parte di questi pazienti sembra non aver contratto il virus”.
Un dato, questo, che si unisce a quello di una riduzione degli accessi al Pronto soccorso di persone con crisi asmatiche e respiratorie.

La mascherina: una soluzione possibile anche per gli asmatici

“Probabilmente questo è avvenuto perché si sono tutelati – dice ancora Nizzetto – Non solo sono stati attenti a non contrarre il Covid 19 uscendo il meno possibile, mantenendo il distanziamento, igienizzando le mani e utilizzando la mascherina: ma l’utilizzo di questi comportamenti ha allontanato anche il rischio di contrarre altre infezioni”.

Se così fosse, si potrebbe pensare che l’uso abituale della mascherina, “per il paziente asmatico o a
affetto da broncopneumopatia cronico ostruttiva – ipotizza il primario – potrebbe allontanare il rischio di riacutizzazioni della sua patologia”.

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Tag:  coronavirus