Tre accoltellamenti in pochi giorni, da Napoli a Vicenza passando per Carrara, riportano al centro dell’attenzione un fenomeno sempre più diffuso e preoccupante: la violenza giovanile organizzata. L’ultima relazione dell’antimafia e i dati del Viminale
Solo negli ultimi giorni, 3 episodi di cronaca nera provenienti da tutto il territorio nazionale hanno portato il tema degli accoltellamenti tra giovanissimi al centro dell’attenzione.
Il più drammatico è la morte di un 18 enne colpito allo stomaco, con un 19 enne come principale sospetto, dopo una lite sulla spiaggia di Marina di Varcaturo, nel comune di Giuliano, all’interno della città metropolitana di Napoli.
Più o meno nelle stesse ore, a Vicenza, un 16 enne di origini albanesi è stato ricoverato dopo aver ricevuto una coltellata al torace nel Park Cattaneo, a pochi passi dalle piazze del capoluogo. E a Carrara, anche in questo caso in pieno centro, due 16 enni rifugiati tunisini sono finiti all’ospedale con ferite da arma da taglio al volto e all’addome in seguito a una lite con 4 italiani di 20 anni.
Baby gang: la relazione dell’antimafia
Gli inquirenti stanno indagando sui motivi che hanno portato ai tragici epiloghi delle vicende. Che, in ogni caso, testimoniano la sempre maggior diffusione della violenza tra le nuove generazioni.
Spesso il fenomeno assume la ancor più preoccupante forma delle baby gang, in cui i giovanissimi danno vita a vere e proprie associazioni criminali. A richiamare l’attenzione su questo problema è anche l’ultima relazione semestrale del ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia (Dia). “Una speciale attenzione – riporta il rapporto – merita anche l’allarmante fenomeno delle baby gang quale espressione di una preoccupante devianza minorile”.
“I giovani e i giovanissimi – prosegue l’analisi della relazione Dia – specie se provenienti dalle fasce sociali marginali, quindi alla ricerca di un’auto-affermazione identitaria, rischiano di essere affascinati e attratti dai simboli deteriori di potere e successo come quelli che, apparentemente, solo il potere mafioso sembra in grado di offrire”. Si tratta di giovani tra 15 e 24 anni, sia italiani che stranieri, nella maggioranza dei casi con problemi in famiglia e a scuola e difficoltà di relazione.
Il fenomeno delle baby gang, che si traduce in atti di bullismo, pestaggi, vandalismo, rapine e furti, spesso usando coltelli e tirapugni, secondo la Direzione centrale della polizia criminale riguarda praticamente tutta Italia. Al riguardo, l’ultimo rapporto Eurispes evidenzia come il 52,5% dei cittadini ha indicato proprio la criminalità giovanile, sotto forma di baby gang e teppismo, come il fenomeno maggiormente in crescita nella propria zona. Anche 1 impresa su 5 (il 20,4% in Italia, il 20,9% solo al Sud e Isole), in un’indagine di Confcommercio, ritiene che le azioni violente delle baby gang siano aumentate nel 2024 rispetto al 2023. Il 21,3% (15,8% nel Meridione) ha direttamente riscontrato episodi di questo tipo nella propria zona di operatività e il 48% è preoccupato per la propria attività.
Il “fascino” della malavita
Nei dati del Viminale contenuti nel più recente studio del Servizio analisi criminale, gli episodi di violenza legati alle baby gang hanno riguardato tra il 2022 e il 2023, 73 province su 110, con la punta massima di minori denunciati o arrestati (32.566) che, dal 2010, resta quella del 2015, anche se negli ultimi 2 anni presi in considerazione i valori sono tornati vicini a quel picco (32.522 nel 2022 e 31.173 nel 2023). Tra i trend che maggiormente preoccupano ci sono anche il fatto che spesso le azioni vengono riprese col telefonino e poi postate sui social e soprattutto il fatto che aumentano le ragazze che chiedono di entrare in una baby gang a volte vengono coinvolti nelle azioni di microcriminalità anche ragazzini di 12 anni. Del resto, da uno studio della fondazione “I figli degli altri”, condotto tra dicembre 2024 e aprile 2025 in 5 scuole superiori di Napoli e 1 di Santa Maria Capua Vetere, è emerso che, dei 1.200 ragazzi coinvolti, 1 su 3 ha ammesso di essere affiliato o mirare a far parte di una baby gang. La stessa fondazione, in occasione di un incontro sul tema in una scuola napoletana, aveva sottolineato come i dati campani, in linea con quelli nazionali, il 6,5% dei minori fa parte di una banda, il 16% ha commesso atti vandalici e 3 su 10 hanno partecipato a una rissa.
Alberto Minazzi