Risultati positivi, poche polemiche e nuove date per Venezia. Altre misure simili nel mondo
Rendere la città più vivibile per residenti, lavoratori, studenti e gli stessi turisti e affrontare in modo concreto e attivo il tema del sovraffollamento turistico in città. Era questo l’obiettivo del contributo d’accesso annunciato per i “giorni caldi” di Venezia dal sindaco Luigi Brugnaro.
E nella giornata di ieri, dopo le prime 11 giornate di sperimentazione, il comune ha potuto trarre un primo bilancio della nuova misura: 195.486 accessi pagati, circa 69 mila QR code di esenzioni scaricate dai veneti, poco meno di un milione di euro introitato, poche le polemiche, tanto da pensare che potrà andare ancor meglio nel prossimo weekend e nelle prossime date fissate per il contributo d’accesso: il weekend dell’11 e 12 maggio, poi il 18, 19, 25, 26 maggio; 8, 9, 15, 16, 22, 23, 29, 30 giugno; 6, 7, 13 e 14 luglio 2024, sempre con gli stessi orari 8.30-16.00.
Venezia ha fatto clamore ma ci sono anche altre città nel mondo che stanno cercando di porre rimedio al turismo con misure simili.
L’esperienza di Pingyao
Fra i principali siti d’interesse della Cina, per esempio, Pingyao (Patrimonio Unesco) è la città fortificata meglio conservata del Paese. Le vecchie strade pervase di fascino e illuminate da lanterne rosse e lo splendore dei palazzi eretti sotto le dinastie Ming e Qing fanno di questa località la meta che tutti ricercano, ma di rado trovano, in Cina, un Paese dove il turismo, soprattutto quello interno, raggiunge cifre che rasentano il parossismo. A partire dal 2023, dopo aver subito gli impatti significativi della pandemia di COVID-19, il settore ha avuto una forte ripresa tanto che nel corso del 2023 son stati effettuati sul territorio cinese circa 8,7 miliardi di viaggi nazionali. L’esplorazione interna ha prosperato. Anche troppo, così, per preservare la città dai danni dell’overturism, è stato introdotto “l’obbligo” di acquisto di un biglietto cumulativo giornaliero del corso di 125 Yuan (circa 16 euro) che consente di visitare tutte le attrazioni della città, inclusa la sua famosa cinta muraria, interamente percorribile.
In questo caso non si tratta di un ticket d’ingresso, l’accesso alla città è libero, ma chi, pur alloggiando uno o più giorni a Pingyao, decidesse di non acquistare il biglietto cumulativo (non esistono biglietti per attrazioni singole) potrà solo camminare per la città, fermarsi a mangiare nei ristoranti, acquistare souvenir ma non avrà accesso a nessun sito d’interesse, né al chiuso né all’aperto. In questo modo il turismo a Pingyao è diventato con il tempo più selettivo, certo non di nicchia, ma comunque certamente più culturale e rispettoso.
Il caso del Bhutan
C’è poi addirittura un intero Paese, piccolo e lontano, che ha deciso di levare gli scudi contro il turismo di massa.
Il Bhutan, regno buddista sull’Himalaya orientale, ha attualmente in vigore una tariffa di soggiorno pari a 100 dollari a testa giornalieri, interamente incassati dal governo. Fino al 2019 la tassa era di 65 dollari pro capite poi, con la ripresa del turismo post pandemia, il governo ha deciso di alzare l’asticella con l’obiettivo di preservare il Bhutan dal turismo di massa che fin dagli anni’70 ha invece invaso la vicina città di Kathmandu, in Nepal, presa d’assalto da migliaia di hippy e da turisti low budget. Il Bhutan è celebre per le sue fortezze e i suoi monasteri come lo Taktsang, la “Tana della tigre”, monastero costruito a strapiombo sul fianco di una montagna nella valle di Paro, per i suoi spettacolari panorami, come quello della remota valle di Phobjikha.
Il Paese si è aperto al turismo solo nel 1974, durante l’incoronazione del 4° re, Jigme Singye Wangchuck, noto a livello mondiale anche per aver introdotto nel Paese l’indicatore che calcola il benessere della popolazione, il FIL “felicità interna lorda”, che si basa su fattori come qualità dell’aria, salute dei cittadini, istruzione, ricchezza dei rapporti sociali.
“La tariffa giornaliera pro capite è stata applicata già a partire dal 1991, e tutti i visitatori sono tenuti a pagarla in anticipo, prima di giungere in Bhutan, acquistando il pacchetto “all inclusive” :vitto, alloggio, guida, autista e tassa, oggi pari a circa 300 dollari pro capite giornalieri”, spiega Suraji Chhetri, titolare di un’agenzia locale.
“Il turismo è una cosa buona per la nostra nazione ma troppo turismo può diventare un problema, quindi per garantire un equilibrato sviluppo socio economico e per preservare la nostra cultura, la purezza del territorio bhutanese, sviluppando un turismo consapevole, sostenibile ed ecologico, il governo ha introdotto questa misura. Gli introiti vengono usati per migliorare le infrastrutture, garantire sanità e istruzione gratuita e tenere pulite le vie del trekking”.
Claudia Meschini