In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, i numeri ufficiali raccontano una ferita che non accenna a rimarginarsi: femminicidi ancora troppi, concentrazione in alcune regioni e troppe donne lasciate sole
È la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, eppure il contatore delle vite spezzate continua a salire: in Italia muore ammazzata una donna ogni tre giorni.
I report ufficiali del Ministero dell’Interno mostrano in realtà un calo degli omicidi complessivi nel 2025, ma la violenza in ambito familiare e affettivo resta una piaga: nelle rilevazioni trimestrali il numero di donne vittime continua a essere elevato e la maggior parte dei delitti avviene in contesto intimo.
Tra gennaio e ottobre 2025 ci sono state 75 femminicidi e continui appelli alle istituzioni perché traducano le parole in misure efficaci e risorse stabili per i centri antiviolenza e le case-rifugio.
Cosa succede in Italia
I dati raccolti dalle agenzie e incrociati con i dossier ufficiali mostrano che il fenomeno non è omogeneo sul territorio.
Lombardia e Campania emergono tra le regioni in cui il numero assoluto di femminicidi è più alto nel 2025. Insieme a queste, frequentemente ricompaiono nelle classifiche anche Emilia-Romagna, Toscana e Lazio.

Dall’altra parte della cartina, le analisi statistiche ufficiali – tra cui i report ISTAT sugli omicidi e la sicurezza – indicano regioni con tassi storicamente più bassi di omicidi di donne: la Valle d’Aosta e il Molise, per fare due esempi, risultano tra le aree con incidenza più contenuta.
In Veneto i femminicidi risultano in calo da cinque anni: nel 2025 c’è stato un solo caso. Allo stesso tempo, le denunce aumentano: tra il 2023 e il 2024, le applicazioni del «codice rosso» (normativa speciale per la violenza domestica) hanno visto un’impennata di +17%, e le denunce per stalking sono cresciute di ben il 43%.
Resta comunque un dato di fatto: la frequenza di un femminicidio ogni tre giorni è drammatica .
E, denunciano le associazioni che aiutano le vittime di violenza, restano ancora molte cose da aggiustare anche sul piano degli interventi. Le case rifugio risultano insufficienti, i tempi della giustizia ancora troppo lunghi, i dispositivi elettronici di monitoraggio (braccialetti) non così sicuri come si vorrebbe: ferite aperte che richiedono finanziamenti concreti.
Cosa prevede la programmazione 2025
Con decreto del 16 settembre 2025, il Dipartimento per le Pari Opportunità ha approvato un nuovo Piano Strategico Nazionale contro la violenza sulle donne per il triennio 2025-2027, con un quadro operativo per il 2025-2026.
Nel dettaglio delle risorse, il Piano 2025 prevede stanziamenti significativi: 5 milioni di euro per potenziare i centri antiviolenza, oltre a 20 milioni nei tre anni (2024-2026) per sostenere le case rifugio.
Dallo stesso piano emergono anche interventi di formazione: è previsto il rafforzamento delle competenze di operatori pubblici e privati che lavorano con le vittime, grazie al “Libro bianco per la formazione” elaborato dal Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio sulla violenza.
Altro strumento concreto: il “Reddito di Libertà”, un sostegno economico destinato alle donne vittime di violenza. Nel 2025, sono messi a disposizione 10 milioni di euro, con un incremento strutturale previsto dalla legge di bilancio.

In parallelo, il Piano strategico introduce anche misure per il reinserimento sociale degli autori di violenza: sono previsti fondi per centri dedicati (“CUAV”) e percorsi psicologici, ma anche un allargamento dell’offerta informativa per coinvolgere gli uomini in un percorso diverso da quello punitivo.
Pur essendo stato formalmente approvato e quindi entrato nella fase di attuazione, molte azioni sono ancora nella fase di implementazione operativa e richiedono ulteriori atti amministrativi e finanziamenti per entrare pienamente in funzione su scala territoriale.























