Le differenze più rilevanti riguardano soprattutto le donne, ma anche i giovani, i lavoratori con contratti a termine o part-time e chi ha un basso livello di istruzione
E’ un dato di fatto. Non tutti i lavoratori, pur facendo il medesimo lavoro, a parità di ruolo, hanno uguale retribuzione.
Sono diversi i fattori che incidono sui divari retributivi.
Gli esiti della ricerca presentata all’Osservatorio 2024 di Wtw, società di consulenza per il benessere e la crescita delle persone, rileva che nel 2024 l’incremento medio degli stipendi italiani a fronte dell’inflazione all’1,1% ha avuto una crescita del 2,4%.
Tuttavia il rovescio della medaglia arriva dall’Istat su dati del 2022, secondo il quale il cosiddetto gender pay gap, ovvero il differenziale retributivo legato al genere, nelle unità economiche con almeno una decina di dipendenti è al 5,6%, con la paga media oraria delle donne pari a 15,9 euro contro 16,8 degli uomini.
Donne e giovani, le categorie più penalizzate
Il gender pay gap ha un valore ancora più marcato tra i laureati, tra i quali arriva al 16,6% e tra i dirigenti, raggiungendo il 30,8%.
Nel 2022 la retribuzione lorda annua per dipendente per 12 mesi lavorativi a tempo pieno è stata pari a una media di 37.302 euro lordi, con le lavoratrici che hanno guadagnato 6 mila euro in meno rispetto ai colleghi uomini.
Ci sono poi da considerare i dipendenti a bassa retribuzione oraria, vale a dire chi la percepisce uguale o inferiore ai due terzi del valore mediano nazionale. In Italia nel 2022 la soglia corrisponde a 8,9 euro l’ora e sotto a questa si trova più di un lavoratore dipendente su dieci, il 10,7% del totale.
L’incidenza dei salari più bassi risulta essere tra le donne con il 12,2% contro il 9,6% degli uomini.
Non va meglio per i giovani, (-23,6%), per i dipendenti con titolo inferiore al diploma (-18%), tra chi esercita professioni non qualificate (-33,3%) e tra chi lavora nelle attività e nei servizi.
Tra i dipendenti delle professioni intellettuali e scientifiche e tra i dirigenti la percentuale è più bassa e scende rispettivamente a –1,3% e –1,7%.
Quanto incide l’istruzione
I dati Istat evidenziano inoltre che i divari contributivi di genere nel comparto a controllo privato vedono una riduzione pari al 15,9% mentre in quello pubblico del 5,2%.
In questo, un ruolo chiave lo gioca anche l’istruzione.
Infatti i dipendenti con un titolo di studio che al massimo arriva alla scuola secondaria inferiore hanno una retribuzione oraria pari in media a 12,4 euro, inferiore del 17,3% a quella dei dipendenti con istruzione secondaria superiore, tra i quali è pari a 15 euro, e del 43,6% rispetto a quella dei lavoratori con istruzione terziaria che raggiunge i 22 euro.
Ci sono poi differenze legate alla tipologia di rapporto contrattuale.
I dipendenti con contratto a tempo determinato, infatti, hanno una retribuzione inferiore del 24,6% rispetto a chi ha un contratto a tempo indeterminato.
Età e anzianità accentuano le differenze di stipendi. Al Sud le retribuzioni medie orarie più basse
Guardando al fattore età, tra i giovani under 30 la retribuzione media oraria equivalente a 11,9 euro è del 36,4% inferiore a quella dei dipendenti over 50 che percepiscono 18,7 euro e del 24,7% rispetto a coloro che hanno un’età tra i 30 e i 49 anni, per i quali è pari a 15,8 euro.
Infine, i divari contributivi per classe di età lavorativa evidenziano che la retribuzione oraria maggiore si registra dai 30 anni di anzianità, 21,6 euro l’ora, attestandosi a 1,6 volte la retribuzione oraria di chi ha meno di cinque anni di anzianità. In ogni caso la cifra per gli uomini è sempre superiore rispetto a quella delle donne, nonostante aumentino per entrambi al crescere degli anni di lavoro.
E’ il Sud a essere caratterizzato dalle retribuzioni medie orarie più basse con 15,7 euro. Seguono il Nord-Est con 15,9 e il Centro dove arrivano a 17 euro. Cifra che aumenta poi in base alla dimensione delle strutture lavorative: più bassa tra i 10 e 49 dipendenti, 12,8 euro l’ora, cresce nelle più grandi con almeno 1.000 dipendenti dove il lavoratore ne prende 19,2.
Silvia Bolognini