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Sete di neve in montagna. Cambia il paradiso degli sport invernali

Sete di neve in montagna. Cambia il paradiso degli sport invernali
Val Venegia-Pale di San Martino@Davide

Si lavora sul contenimento delle emissioni, su sistemi di innevamento artificiale sostenibili e sull’abbattimento dell’inquinamento. Il climate change cambia il modo di vivere la montagna

Le Dolomiti hanno sofferto un deficit stagionale (ottobre-febbraio) del 32%.  Sono mancati all’appello 115 cm di neve fresca
La festa è finita o forse dobbiamo solo reinventarla?
La festa è quella sugli sci, sulle piste,
candide e scorrevoli, che per anni hanno fatto la gioia di “veri” sciatori e di quelli domenicali, quelli che dopo lo skipass devono farsi leggere anche il tagliando autostradale. E giù chilometri in auto e su con la Co2.
Sostenibilità è anche questo: impianti di risalita a impatto zero sci e scarponi a prova di Greta Thunberg, ma poi l’auto quanto inquina?
Certo lo sci non è come gli asparagi, a chilometrozero,
perché le montagne stanno lì e voi state qui.
Eppure anche su questo fronte si può già cominciare a
ragionare.
Sul versante dell’attrezzatura ormai da tempo si muovono  con successo molte aziende per rendere più sostenibile la produzione e la stessa fruizione dell’articolo sportivo.
Non solo invernale.

A ogni area la sua realtà. Clara:” Le problematiche però sono mutevoli e in breve tempo”

Il quadro di riferimento. Il recente rapporto di Cima Foundation ci consegna l’inverno 2022-2023 con una sete di neve del 69% sulla media degli ultimi dodici anni. E questo è vero per tutto l’arco alpino.
Rincara la dose il bollettino dell’Unione regionale Consorzi gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi) del Veneto certificando che febbraio ha visto la quasi totale assenza di precipitazioni.
Tradotto significa una vertiginosa caduta del 96% sulla media storica con scarsissime nevicate.
Peraltro, il manto nevoso già presente è stato ulteriormente eroso per effetto delle perduranti temperature miti.

Dalla Valle d’Aosta al Friuli, si sono registrate chiusure d’impianti di risalita, sospensioni o ritardi di attività, addirittura mancate aperture.
«Non per noi di Dolomiti Superski. Su 1200 chilometri di piste non abbiamo dovuto fare i conti con queste situazioni» precisa Diego Clara responsabile comunicazione della società del maggiore comprensorio sciistico italiano disteso fra le province di Trento, Bolzano e Belluno.
Che invita a non generalizzare poiché le realtà geografiche e le problematiche possono essere diverse «ma anche mutevoli in un breve arco di tempo. Guardiamo ai prezzi dell’energia che fa funzionare impianti di risalita e reti di innevamento artificiale. Con una bolletta come si poteva prevedere all’apertura di stagione le sofferenze sarebbero state molto pesanti».
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Diego Clara responsabile comunicazione di Dolomiti Superski

Il gatto delle nevi a idrogeno e i battipista ibridi

In effetti, sotto la lente critica stanno proprio gli impianti di risalita.
Ma anche qui e non da oggi
l’attenzione all’ambiente si è fatta più stringente con l’introduzione di tecnologie molto sofisticate come il direct drive che riduce di molto sia la costruzione meccanica che i consumi.
Esempi virtuosi sono poi i sistemi di innevamento artificiale e i mezzi battipista.
La Pinroth (gruppo
Leitner) di Vipiteno è stata la prima a lanciare un gatto delle nevi a idrogeno.
Un prototipo per il
momento, ma ha fatto il suo lavoro in Alta Badia, mentre sul mercato sono già disponibili battipista ibridi che operano quasi esclusivamente con il motore elettrico.
E per i “cannoni” o sono già a nuova tecnologia, più efficienti e a basso consumo elettrico, o se obsoleti vengono sostituiti dai nuovi apparecchi.

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Piste da sci @Maurizio Rovati

Un nuovo concetto dello sport invernale

A Giavera, a casa del gruppo leader italiano nello sportsystem (561 milioni di euro il fatturato 2022 distribuiti su 6 marchi e oltre il 90% dei ricavi dal mercato estero) presieduto da Alberto Zanatta «Ci stiamo muovendo e non da oggi per affermare un nuovo concetto dello sport e dello sport invernale in particolare a cominciare dall’aspettativa di durata del singolo prodotto calcolata attraverso misurazioni e analisi scientifiche, in questo accompagnati dal nostro partner nella ricerca, l’Università di Padova».
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Alberto Zanatta, presidente di Tecnica Group


Abbiamo mai pensato a quanto dureranno i nostri scarponi da sci e quante emissioni inquinanti produce la loro realizzazione?
Giorgio Grandin è l’ingegnere che in Tecnica Group ha il ruolo di
direttore Innovazione e sostenibilità ambientale.
«Parlare di Lca, cioè Life cycle assessment, per uno scarpone, gli attacchi o lo sci può sembrare fantascienza ma è proprio quello che stiamo
facendo qui a Giavera. Una valutazione del ciclo di vita del prodotto con la misurazione della Co2 equivalente ai fini dell’impatto ambientale sia per l’articolo che per il processo produttivo».

Giorgio Grandin, direttore Innovazione e Sostenibilità Ambientale-Gruppo Tecnica
Un percorso, quello del sistema Recycle Your Boots, che gode di finanziamenti del Programma Life dell’Unione europea, non semplice ma che ha tracciato una strada ed è diventato modello da seguire.
Anche il trasporto del vecchio materiale al Centro di raccolta in Italia è a basso impatto ambientale, grazie a Fercam, il partner nella logistica del gruppo industriale veneto.

sciatori @Maurizio Rovati


Ma la neve continua a mancare. Si fanno più chilometri per andare sulle piste e si hanno maggiori
concentrazioni di persone per periodi sempre più brevi.


A muoversi è pure il Museo dello scarpone,
ovvero il referente istituzionale della Fondazione Distretto dello Sportsystem a Montebelluna. «Il climate change è un problema con ricadute su tutte le aziende del distretto – dice Francesca Sfoggia, curatore del museo – abbiamo iniziato a raccogliere documentazione originata dalle varie imprese, per la maggior parte artigiane, finalizzata a creare un database specifico con obiettivo la sostenibilità».
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Francesca Sfoggia, curatore del Museo dello Scarpone a Montebelluna

“Guardiamo al futuro”

Gli ultimi dati indicano che la stagione sciistica 2022-2023 nonostante la poca neve può segnare il record scalzando quella 2019-2020 interrotta dalla pandemia da Covid-19 e conseguente lockdown.
Quasi una contraddizione in una situazione di scarso innevamento.
“Con le 129 imprese associate
guardiamo al futuro – sottolinea Diego Clara da Bolzano – indubbiamente il cambiamento climatico non mancherà di riflettersi sul nostro settore, c’è consapevolezza e la nostra progettualità anche in termini di collegamenti sci-ai-piedi fra aree confinanti risponde a esigenze di contenimento dei costi, al problema di saturazione della viabilità e di abbattimento dell’inquinamento».
Agostino Buda

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