La celebre scalinata romana compie tre secoli. Un anniversario celebrato con la mostra “The Spanish Steps, Revisited” alla Keats-Shelley House, tra progetti storici e interpretazioni d’autore
Tre scale principali, ciascuna divisa in tre rampe, che si stringono al centro in una grande salita culminante nella piazza con l’obelisco. Un totale di 136 gradini incisi nel travertino.
Non si tratta solo di architettura barocca, ma di un disegno simbolico che riflette la Trinità cristiana: il tre come cifra divina, moltiplicata e reiterata in una composizione che è insieme estetica, teologica e urbanistica.
La Scalinata di Trinità dei Monti è, da sempre, un’opera che unisce la terra al cielo, la mondanità della piazza alla spiritualità della chiesa. Una struttura che si attraversa, ma anche si contempla, si interpreta, si celebra.
Tre secoli di meraviglia
E proprio quest’anno, la Scalinata festeggia tre secoli di vita. Ammirata da chiunque metta piede a Roma, amata da registi, poeti, scrittori, artisti e stilisti che l’hanno eletta a scenario ideale per sfilate e narrazioni, questa maestosa scala urbana risale al 1726, anno in cui l’architetto Francesco De Sanctis donò alla città uno dei suoi simboli più fotografati, amati e riconoscibili al mondo.

Una lunga attesa tra Roma e Parigi
La sua storia, però, inizia molto prima. Per oltre un secolo, papi e monarchi francesi si sono interrogati su come unire la Chiesa della SS. Trinità dei Monti alla sottostante Piazza di Spagna, separata da un dislivello notevole.
Alla metà del Seicento, la zona era servita da una scalinata ripida e funzionale, ma lontana dall’idea di monumentalità che la cornice meritava.
Nel 1660 il cardinale Mazzarino raccolse così i primi progetti per una scala degna del luogo e della sua importanza simbolica, coinvolgendo i migliori architetti dell’epoca.
Ma servirono altri sessant’anni prima che la questione venisse finalmente sbloccata da Papa Clemente XI, che impose alla Francia di rispettare gli impegni presi. Tra il 1717 e il 1720, si raccolsero le proposte e Papa Innocenzo XIII scelse quella dell’architetto romano De Sanctis, che scolpì la trinità sulla pietra.
Una mostra per celebrare il capolavoro
Per celebrare questo compleanno speciale, la Keats-Shelley House – storica casa museo affacciata su Piazza di Spagna – ospita fino al 1° novembre 2025 la mostra The Spanish Steps, Revisited.
Curata da Luca Caddia e Fulvio Chimento, in collaborazione con Ella Francesca Kilgallon e Carlotta Minarelli, l’esposizione si muove su due binari intrecciati: da una parte la ricostruzione storica della genesi dell’opera, dall’altra una rilettura contemporanea affidata ad artisti e architetti internazionali.
La prima sezione, dedicata al passato, racconta il lungo processo che portò alla realizzazione della scalinata, a partire dalla contesa tra la corte francese e il papato. Attraverso progetti, manoscritti, disegni originali e riproduzioni, il visitatore è condotto tra le tappe più complesse e affascinanti della sua nascita. Si va dal disegno attribuito a Giacomo Della Porta, datato intorno al 1568, al progetto del 1660 che per lungo tempo fu considerato opera della cerchia di Bernini e che oggi viene ricondotto a Plautilla Bricci ed Elpidio Benedetti. Spiccano anche un suggestivo disegno equestre di Luigi XIV e un volume illustrato raffigurante un apparato effimero creato per celebrare la guarigione del Re Sole.

Il presente immagina il futuro
Ma non si guarda solo al passato. La seconda parte della mostra è dedicata alla reinterpretazione della scalinata attraverso lo sguardo di artisti e architetti contemporanei.
A loro è stato chiesto di immaginare come ripenserebbero oggi la Trinità dei Monti: se potessero ricostruirla da zero, come la farebbero? Ne è nata una riflessione collettiva e internazionale che coinvolge nomi come Elena Bellantoni, Jeffrey Dennis, Michele Di Stefano, Cesare Pietroiusti, Alfredo Pirri, Patrick Tuttofuoco, Italo Zuffi, il collettivo Spazio in situ, oltre agli architetti Roberto Einaudi, Manuel Aires Mateus da Lisbona, Giorgio Pasqualini e Gaia Maria Lombardo (Open House Roma).
Quattro artisti in particolare hanno lavorato direttamente dagli spazi della Keats-Shelley House, trasformandola in laboratorio e punto d’osservazione privilegiato. Stefano Arienti ha stampato su ciniglia una visione notturna della scalinata, colta durante la rimozione di un gigantesco albero di Natale sponsorizzato da una maison di moda. Elisabetta Benassi ha proposto un video in cui la scalinata è deserta, immersa in una luce sospesa, quasi metafisica, attraversata solo da occasionali passanti. T-yong Chung ha creato una scultura in bronzo ispirata al gruppo equestre di Luigi XIV, pensato per dominare il centro della scala nei progetti seicenteschi. Infine, Margherita Morgantin ha trasformato il terrazzino della casa in un punto di osservazione mirato: con un’asta in alluminio e un “mirino” in ceramica ha incorniciato una porzione precisa della scalinata, invitando lo spettatore a concentrarsi su un frammento, anziché sull’intero.

Un monumento vivo, oggi come ieri
Questa mostra dimostra quanto la Scalinata di Trinità dei Monti sia ancora oggi un organismo vivo, mutevole, ispiratore.
A tre secoli dalla sua nascita, non smette di essere attraversata, letta, immaginata.
Perché è molto più di un monumento: è una soglia tra epoche e visioni, tra idee e forme.