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Salario minimo: il paradosso dei lavoratori poveri

Salario minimo: il paradosso dei lavoratori poveri

Il paradosso non è tutto italiano ma l’Italia annovera un poco lusinghiero ultimo posto in classifica.
Il paradosso è che le sacche di povertà s’ingrossano anche tra chi lavora.
Molto, per poco.
Il paradosso è che mentre in tutti i Paesi europei, in alcuni meno, in altri di più, gli stipendi hanno registrato degli aumenti, l’Italia, da questo punto di vista, è retrocessa.
Il lavoro è rimasto lo stesso, ma gli stipendi sono diminuiti.
Nonostante la stessa Unione Europea stia lavorando nell’ottica di un salario minimo che possa garantire a tutti di vivere degnamente del proprio lavoro.
La prima nazione a innescare la marcia del sorpasso, in questa direzione, è la Germania.
Che un salario minimo già l’aveva introdotto nel 2015 fissandolo a 8,5 euro l’ora e che, a partire da ottobre 2022, lo porterà a 12 euro, con un incremento del 20%.
Saranno più di sei milioni i lavoratori e le lavoratrici che potranno godere di questa misura che avverrà per step e già dal 1° luglio passerà a 10,45 euro l’ora.
Il cancelliere Scholz l’ha definita “una questione di rispetto“.
Nella classifica dei Paesi in cui il lavoro è meglio retribuito, perché parte da un salario minimo mensile considerato equo, al primo posto sta il Lussemburgo, dove il minimo garantito è di 2.256 euro.
Seguono l’Irlanda, con un salario minimo di 1.774 euro, il Belgio con 1.658 e la Francia con 1.603.
Più basse la Spagna, con 1.167 euro,  la Slovenia (1.074), il Portogallo (822), Malta (792), Grecia (773), Lituania (730), Grecia, Polonia ed Estonia con 654 euro.
Il fanalino di coda è la Bulgaria, con 332 euro.
In Italia, il salario minimo ancora non ha una disciplina.

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