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Cambia il sistema di rivalutazione: pensioni più alte?

Cambia il sistema di rivalutazione: pensioni più alte?

Dal 1° gennaio 2022, il sistema di perequazione delle pensioni dovrà cambiare. E, a meno di una diversa decisione del Governo, si ritornerà dal sistema “a fasce” a quello “a scaglioni”.
Con una spesa aggiuntiva per le casse pubbliche, oltre di circa mezzo miliardo di euro, la cui copertura dovrà essere prevista dalla nuova Legge di bilancio.

Ma, in ogni caso, con qualche soldino in più (attorno ai 126 euro lordi l’anno per le pensioni sotto i 1.500 euro mensili) anche nelle tasche di gran parte degli Italiani. A partire dai circa 20 sui 22,8 milioni di pensionati italiani che percepiscono un assegno inferiore ai 2 mila euro al mese.

Inflazione e pensioni

La perequazione, cioè l’adeguamento delle pensioni al costo della vita per salvaguardarne il potere d’acquisto, è prevista per legge. E avviene ogni anno sulla base del tasso di rivalutazione indicato dall’Istat, legato all’andamento dei prezzi. Nell’ultimo anno, le pensioni non sono state perequate, in quanto la previsione dell’inflazione fatta nel 2020 era negativa.

Il Nadef, che ha appena aggiornato il documento di economia e finanza, stima invece per fine 2021 un’inflazione all’1,5%, la più alta degli ultimi 9 anni. E questo, in termini pensionistici, significherebbe una maggior spesa per gli assegni pari a 3,9 miliardi col sistema in vigore, ma 4,4 miliardi con il ritorno alle regole precedenti.

Dalle fasce agli scaglioni

Quel che, in pratica, potrebbe verificarsi è infatti una nuova applicazione del sistema, introdotto nel 1997 dal Governo Prodi, che prevede l’applicazione di aliquote differenziate all’interno dello stesso importo complessivo. Anche per le pensioni più alte, in altri termini, le cifre percepite vengono trattate diversamente in maniera progressiva.

Si applica cioè una rivalutazione al 100% sull’importo fino alla soglia pari a 4 volte la pensione minima (oggi di 515,58 euro lordi), al 90% sulle ulteriori somme ricevute fino a 5 volte la minima e al 75% per quanto eccede questo limite. Una rivalutazione che, in sostanza, risulterebbe più favorevole ai pensionati rispetto a quanto avvenuto negli ultimi anni.

Il sistema a fasce delle pensioni

Il sistema “a fasce” è infatti operativo, pur con una serie di modifiche, dal 2014. Fu il Governo Letta a prevedere le 5 prime aliquote secche di rivalutazione: al 100%, 95%, 75%, 50% e 45%. In questo caso, l’aliquota si applica all’intero importo percepito dal pensionato, che non potrà usufruire dei maggiori vantaggi per almeno una parte della sua pensione

Ad esempio, con un assegno complessivo il cui importo supera il livello più alto fissato dalle aliquote, la rivalutazione avverrà nella percentuale minima anche per quella parte di pensione perequata invece al 100% per i pensionati meno ricchi. I primi 1.500 euro, in altri termini, cresceranno proporzionalmente di più per chi percepisce meno rispetto a chi gode di un assegno più elevato.

Come funziona oggi

Il sistema in vigore fino al 31 dicembre 2021 fissa 6 fasce. La rivalutazione opera al 100% per i trattamenti fino a 2.062,32 euro lordi mensili, ovvero con un importo fino a 4 volte il trattamento minimo. Si scende al 77% per importi tra 4 e 5 volte il minimo, al 52% tra 5 e 6 volte, 47% tra 6 e 8 volte, 45% tra 8 e 9 volte e 40% con un importo che supera le 9 volte il minimo.

La precedente Legge di bilancio ha confermato dal 1 gennaio 2022 il ritorno al vecchio sistema. Come fatto nel 2019, con una ridefinizione delle fasce, il Governo, magari già proprio dalla nuova Legge di bilancio, potrebbe però comunque scegliere nuovamente di introdurre un sistema di ripartizione diverso da quello a scaglioni.

Alberto Minazzi

Leggi anche: https://www.metropolitano.it/pensioni-finisce-quota-100-ipotesi-in-campo/

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Tag:  pensione

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