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L'idrogeno che arriva sullo spazio dai batteri rossi dalla laguna di Venezia

L'idrogeno che arriva sullo spazio dai batteri rossi dalla laguna di Venezia

Una versione terrestre a Fusina, nel veneziano.
L’altra, in orbita, in una navicella spaziale dell’Esa.
Il progetto del fotobioreattore in cui dai batteri rossi isolati dai sedimenti della laguna di Venezia, in modo innovativo e sperimentale si produrrà idrogeno, non è passato inosservato.
Purple-B”, al quale il Green Propulsion Laboratory di Veritas, la multiutility pubblica veneziana che fornisce servizi ambientali ai cittadini e alle imprese sta lavorando in collaborazione con le università di Padova e Venezia e della start up «9 Tech»,  è stato scelto infatti tra decine di altri progetti selezionati dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa).Esa

Una coltivazione di batteri purpurei in una spugna

Prenderà il via l’1 marzo 2022 con la sperimentazione di un fotobioreattore pilota in cui i batteri purpurei, microorganismi che vivono da sempre nell’acqua e che fanno una fotosintesi particolare (anossigenica) che non produce ossigeno ma idrogeno, si riprodurranno all’interno di un gel trasparente.
Una sorta di spugna in grado di contenere del liquido per contrastare l’azione della microgravità.

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Un circuito autosostenibile per “Melissa”

La “versione spaziale” di “Purple-B” sarà inviata all’Estec (European space research and technology centre) di Noordwijk, in Olanda, dove si sta portando avanti il programma Melissa (Micro-ecological life support system alternative) di Esa.
Sono diversi anni che l’Agenzia Spaziale Europea sta cercando una soluzione al problema del rifornimento per gli astronauti che orbitano di continuo attorno al nostro pianeta e del riciclo dei rifiuti che si producono nella navicella spaziale che li ospita.
Purple-B potrebbe rispondere a entrambe le esigenze da un lato producendo bio idrogeno, dall’altro facendolo proprio grazie agli scarti della navicella spaziale, attivando quindi una sorta di circuito autosostenibile.

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La luce dai sistemi pulsati a intensità programmata

Il fotobioreattore del Green Propulsion Lab, piattaforma di ricerca sulle bioenergie per la riconversione green di Porto Marghera finanziata dal Ministero per la Transizione economica e il Comune di Venezia usa la luce per favorire la fotosintesi anossigenica dei batteri purpurei i quali, non necessitando di altri spazi, creeranno nel bioreattore un mini ecosistema.
La luce, motore della particolare fotosintesi dei batteri rossi, arriverà da sistemi pulsati a intensità programmata in grado di stimolare la produzione di bioidrogeno. Questo, in forma di bolle gassose, sarà estratto e messo in bombole.

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Il Green Propulsion Lab di Venezia

«Siamo molto sodisfatti per questo contratto di ricerca che ci è stato affidato da Esa- sottolinea il direttore generale di Veritas Andrea Razzini – . Oggi il nostro campo prove consente a Università, enti e aziende di collaborare per progettare, verificare e lanciare nuove tecnologie o sperimentare nuove applicazioni».
Promuovere e realizzare interventi di efficienza energetica e l’utilizzo di fonti alternative e rinnovabili attraverso sistemi in grado di ridurre i consumi e le emissioni di CO2 sono infatti gli obiettivi del Green Propulsion Lab.
Al suo interno, gli scienziati si occupano di microbiologia, di energia da fonti rinnovabili,  accumuli elettrochimici e mobilità sostenibile.

Il direttore di Veritas Andrea Razzini (a dx) mostra al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro il GpLab di Fusina (Venezia)

L’idrogeno vettore energetico del futuro

Il bio idrogeno di “Purple -B” rappresenta una delle più innovative forme di produzione di fonti di energia pulita e rinnovabile e rappresenta il vettore energetico sul quale l’Europa, con il Next Generation Eu, sta puntando. Ugualmente sta facendo l’Italia che lo ha incluso in una delle sei missioni del Pnrr per la quale ha stanziato ben 18,2 miliardi di euro.

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Tag:  Esa, idrogeno

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