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Delfini in Italia: i cetacei più a rischio di spiaggiamento

Delfini in Italia: i cetacei più a rischio di spiaggiamento

Aumenta il numero degli spiaggiamenti dei cetacei. Lagambiente ha elaborato il Codice di condotta per i pescatori

I numeri del fenomeno continuano a essere preoccupanti.
Nel 2022 si sono contati 162 esemplari di cetacei spiaggiati sulle coste italiane. E confermano, secondo quanto si rileva dalla Banca Dati Spiaggiamenti gestita dal Cibra dell’Università degli studi di Pavia e dal Museo di Storia Naturale di Milano, la tendenza a crescere degli ultimi anni.
Nei primi tre mesi del 2023 infatti già si arriva a quota 30. Dai dati emerge che sono i delfini i cetacei maggiormente coinvolti negli spiaggiamenti.

delfini
Le prime cure a un delfino spiaggiato a Rosolina (RO)

 

Il pericolo spiaggiamento e le morti a causa dell’uomo

Quando pensiamo ai delfini immediatamente l’immagine che si palesa davanti ai nostri occhi è quella di splendidi e agili animali che volteggiano anche nelle acque italiane, dove sempre più spesso sono avvistati. Per questi mammiferi marini però, più che per altri cetacei, il rischio spiaggiamento è sempre in agguato.
Nel 2022 sono stati trovati 71 tursiopi (Tursiops truncatus) e 48 Stenelle (Stenella coeruleoalba).
Guardando alle cause della morte, il team del progetto Life Delfi, nato proprio per la difesa di questi cetacei dall’interazione con la pesca professionale, evidenzia che non sono solo da attribuire a cause naturali, bensì avvengono anche per mano dell’uomo.
Infatti le carcasse rinvenute sulle spiagge, con sempre maggiore frequenza mostrano gravi lesioni derivanti dalle attrezzature utilizzate dai pescatori.
Oppure i delfini restano impigliati o avvolti dalle reti dopo essersi avvicinati alle imbarcazioni alla ricerca di cibo.
Per quanto riguarda lo spiaggiamento di altri cetacei, una grande quantità, 34 nel 2022, è stata classificata tra i “non determinati” perché lo stato di decomposizione non ha permesso di risalire alla specie.

“Life Delfi” per limitare i danni da pesca professionale

Il progetto Life Delfi è cofinanziato dalla Comunità europea nell’ambito del programma Life che mette insieme enti di ricerca, università, associazioni ambientaliste e aree marine protette nel comune intento di sviluppare soluzioni e modelli di gestione sostenibili delle interazioni tra delfini e pesca.
Un fenomeno che implica gravi conseguenze per i cetacei ma anche per i pescatori, che subiscono perdite economiche per i danni causati agli attrezzi da pesca durante le interazioni.
Nel Mediterraneo è il tursiope a interferire maggiormente con le attività di pesca professionale, soprattutto in Alto Adriatico, nello Ionio, nel Tirreno Meridionale e in Sardegna. Socievoli e soliti a vivere in braco, i delfini sono soliti seguire i pescherecci in quanto reperiscono più facilmente il cibo. Un’azione che per lo loro può però diventare mortale.

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Proprio per limitare i danni da pesca professionale “Life Delfi” porta avanti attività di ricerca e monitoraggio dei delfini nelle diverse aree per studiare le popolazioni residenti e comprendere meglio il comportamento dei delfini quando interagiscono con la pesca. I pescatori sono coinvolti con programmi di sensibilizzazione, attività in mare e corsi di formazione per indirizzarli alla pesca sostenibile.
In questa direzione sono già state testate nuove tecniche a basso impatto ambientale come le nasse da sostituire alle reti da posta (rete disposta verticalmente e spesso molto lunga, che viene messa in mare lasciando che siano le prede a raggiungerla e rimanervi impigliate, ndr), tra le più rischiose per i delfini.

Per una pesca responsabile

Legambiente ha elaborato in collaborazione con i partner di “Life Delfi” il Codice di condotta per i pescatori.
Si tratta di un documento che definisce principi di responsabilità e buone pratiche con un duplice obiettivo. Da un lato si guarda alla conservazione e gestione sostenibile delle risorse di pesca, dall’altro alla salvaguardia della biodiversità dei mari.
«L’adozione del Codice di condotta – spiega Federica Barbera, ufficio Aree Protette e Biodiversità di Lagambiente – potrebbe essere il primo passo verso una certificazione di etichettatura ecologica per il pescato di quanti aderiranno».

Silvia Bolognini

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Tag:  delfini, pesca

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