Salute +

Dal cervello all'intelligenza artificiale. E ritorno

Dal cervello all'intelligenza artificiale. E ritorno

Lo sviluppo delle moderne tecnologie potrebbe aiutare al miglioramento della comprensione del funzionamento dell’organo umano e aprire a nuove possibilità in più campi

Dal punto di vista neurologico, l’attribuzione delle varie funzioni alle diverse aree del cervello è ormai praticamente completata. Ma ciò non significa ancora che il funzionamento del sistema complessivo dell’organo che funge da “centro di comando” del corpo umano non resti in buona parte un mistero.
Basti pensare che se i passi avanti compiuti in molti campi della medicina hanno consentito di riprodurre in laboratorio praticamente tutti i vari “pezzi” del nostro organismo, aprendo a opportunità di cura un tempo impensabili, la nostra conoscenza non è ancora arrivata al punto di realizzare un efficace sostituto per un cervello non funzionante.

cervello
Fin qui, i grandi progressi nel campo dell’intelligenza artificiale hanno portato a sviluppare macchine che imitano una serie di attività tipicamente umane, a partire dal linguaggio. Il passo successivo, in prospettiva, sarà ora quello di percorrere questo tragitto al contrario. Sfruttando cioè proprio l’AI per approfondire la conoscenza del nostro cervello.
Un tema affascinante, che è stato affrontato da Viren Jain, ricercatore senior presso Google Research e capo del team “Connettomics” dell’azienda informatica californiana, nell’articolo “Come l’intelligenza artificiale potrebbe portare a una migliore comprensione del cervello”, pubblicato su www.nature.com.

L’Ai per capire il cervello

“I primi sistemi di apprendimento automatico sono stati ispirati dalle reti neurali: ora l’intelligenza artificiale potrebbe consentire ai neuroscienziati di affrontare le complessità uniche del cervello”, è il sottotitolo del testo che arriva ai più recenti sviluppi in questo campo ripercorrendo la storia degli studi portati avanti dai ricercatori per provare a rispondere alla domanda: “è possibile programmare un computer per simulare un cervello?”.

cervello
I risultati raggiunti a partire dagli anni ’40 del secolo scorso, ricorda Jain, hanno permesso di sviluppare modelli semplificati delle reti neurali del cervello, spianando la strada agli sviluppi più recenti. “I ricercatori – sottolinea il ricercatore – utilizzano sempre più spesso reti neurali modellate in modo classico, in cui vengono specificati alcuni dettagli biologici, in combinazione con sistemi di apprendimento automatico”.

L’intelligenza artificiale per capire come funziona il cervello umano

“Questi ultimi – prosegue l’articolo di Nature – vengono addestrati su enormi set di dati visivi o audio per riprodurre le capacità visive o uditive del sistema nervoso, come il riconoscimento delle immagini. Le reti risultanti mostrano somiglianze sorprendenti con le loro controparti biologiche, ma sono più facili da analizzare e interrogare rispetto alle reti neurali reali”.
E la conclusione, pur ponendosi l’autore l’interrogativo sull’utilità scientifica di un approccio basato sull’apprendimento automatico alla modellazione del cervello, è per ora che “l’uso di un approccio simile in un ramo delle neuroscienze che si occupa di stabilire come gli stimoli sensoriali (ad esempio, vista e odori) vengono elaborati e codificati dal cervello è incoraggiante”.

Alla ricerca della conoscenza del “mistero-cervello”

Il lavoro dei neuroscienziati, fin dagli anni ’70 del Novecento, ma con una decisa accelerazione verso la metà degli anni 2000, ha consentito di produrre i “connettomi”, ovvero mappe della morfologia e delle connessioni tra neuroni, che catturano una rappresentazione statica di un cervello in un momento particolare. In parallelo, sono migliorate a livello delle singole cellule le capacità di misurare e registrare l’attività neurale.
L’ulteriore passo avanti reso possibile dai moderni sistemi di apprendimento automatico, illustra Jain, è quello di rendere possibile un approccio diverso alla modellazione del cervello, anche considerando il fatto che i dati raccolti da reti neurali reali evidenziano i limiti di un approccio basato sull’anatomia.

I connettomi di addestramento

Si possono allora utilizzare proprio i connettomi nell’addestramento dei programmi di AI.
In tal modo, è possibile provare a riprodurre artificialmente un’attività neurale simile a quella compiuta dai sistemi biologici. “Per la modellazione del cervello – aggiunge l’articolo – questo tipo di approccio potrebbe aiutare a colmare alcune lacune negli attuali set di dati e ridurre la necessità di misurazioni sempre più dettagliate dei singoli componenti biologici, come i singoli neuroni”.

Le sfide aperte

“Sarà necessario – ammette il ricercatore di Google – affrontare diverse sfide affinché i neuroscienziati computazionali e altri inizino a utilizzare l’apprendimento automatico per costruire simulazioni di interi cervelli. Ma un approccio ibrido che combini le informazioni provenienti dalle tecniche convenzionali di modellazione del cervello con sistemi di apprendimento automatico addestrati su diversi set di dati potrebbe rendere l’intero sforzo più rigoroso e più informativo”.
Viren Jain, dunque, conclude: “Per ora, forse, è sufficiente chiedersi se i dati dell’attuale mappatura del cervello e di altri sforzi possano addestrare modelli di apprendimento automatico a riprodurre un’attività neurale che corrisponda a ciò che si vedrebbe nei sistemi biologici. In questo caso, anche il fallimento sarebbe interessante: un segnale che gli sforzi di mappatura devono andare ancora più in profondità”.

Alberto Minazzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il campo nome è richiesto.
Il campo email è richiesto o non è corretto.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.


Leggi anche: