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DAI COMPORTAMENTI DEGLI ANIMALI A QUELLI DELL’UOMO

DAI COMPORTAMENTI DEGLI ANIMALI  A QUELLI  DELL’UOMO


È il più celebre etologo italiano: Danilo Mainardi, racconta alcune curiosità sulla sua materia di studio ed i motivi per cui ha messo radici a Venezia
E’ certamente il più noto tra gli accademici italiani che studiano il comportamento degli animali. Danilo Mainardi, nato a Milano ma veneziano d’adozione, è una di quelle persone che a ragione viene considerata un’eccellenza del nostro territorio. Nella sua carriera universitaria ha insegnato prima Zoologia, quindi Biologia generale e infine Etologia. Attualmente è professore ordinario di ecologia comportamentale presso la Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche Naturali dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Presidente onorario della LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli), ha partecipato e partecipa tuttora a numerose trasmissioni televisive specialistiche, tra le quali Dalla parte degli animali, Almanacco del giorno dopo e le serie di Quark. Collabora con il Sole 24 Ore, il Corriere della Sera, Casaviva e Airone ed è autore di oltre 200 pubblicazioni.
«La parola etologia l’ho imparata quand’ero già all’università, ma la passione per gli animali ce l’avevo fin da bambino, anche se sono nato a Milano. I miei genitori, fortunatamente, erano dei campagnoli, e sono stati certamente loro a darmi la prima spinta».
Nel suo libro “L’intelligenza degli animali” lei ha spiegato che per esempio cozze, chiocciole e polpi reagiscono in maniera diversa ai problemi in base alle strutture analoghe al cervello che possiedono. Ci spiega cosa significa la parola intelligenza per queste specie? «In generale per gli animali, ma forse sarebbe utile anche per noi uomini, per intelligenza si intende la capacità di produrre comportamenti adattativi, cioè utili per la sopravvivenza di sé e della propria specie. Chiaro che, in animali come il cane, il gatto, l’elefante e, perfino, il polpo, cioè animali che possiedono una mente, a ciò si arriva attraverso l’esperienza individuale, mentre invece nel caso, si fa per dire, delle cozze, è la sapienza della specie, e cioè quella scritta nel loro Dna, che fa loro produrre comportamenti adattativi. Ma, in fin dei conti, è intelligenza anche quella».
Ha fatto molta divulgazione scientifica in Tv. Come valuta oggi la presenza di questo tipo di tematiche nei media generalisti? «Ormai ci sono solo Piero e Alberto Angela, che sono bravissimi, ma anche loro hanno le loro difficoltà perché le nostre televisioni non hanno creato una vera struttura che produce divulgazione, come invece è stato, per esempio, per la BBC in Inghilterra».
Ci sfata alcuni dei più noti “falsi miti” o dei pregiudizi sui comportamenti degli animali? «Ce ne sono tanti, ma io penso all’oca, perché Konrad Lorenz mi ha insegnato molto al proposito. E mi chiedo quante persone, pensando a questo animale, vadano più in là dei contenuti alimentari (il patè di fegato, il salame) o del piumino. Invece l’oca è un animale pieno di sentimenti, e percorrendo gli scritti lorenziani la scopriamo affettuosa, irritabile, gelosa, timida, intelligente, testarda, capricciosa. Da vecchio Lorenz ne aveva ancora intorno tante, furono le sue ultime amate compagne, con loro è vissuto e le ha studiate».

Lei si è occupato anche degli aspetti comunicativi dei segnali infantili e del comportamento ludico- esplorativo. C’è un nesso tra questo ed i comportamenti animali? «Innanzitutto i segnali infantili degli animali (uccelli e mammiferi) sono stati la base, con l’imprinting, per determinare il fenomeno dell’addomesticamento, che è stato straordinariamente importante per la nostra specie. Poi c’è il fatto che, tra i comportamenti infantili, grande importanza hanno il gioco e l’esplorazione, i quali hanno una parte essenziale anche nell’età adulta per la creatività sia scientifica che artistica».
Lei ha detto che “L’ecologia ci insegna che la nostra patria è il mondo”. Ci spiega meglio cosa intende? «Basti pensare agli uccelli migratori. Le rondini per esempio: se si vuole davvero proteggerle non basta nemmeno un’azione coordinata tra gli stati d’Europa, occorre coinvolgere anche l’Africa».
Ha detto anche “Quando capiremo, a fatti e non a parole, che le scelte esercitate contro gli animali sono anche scelte contro di noi?”. Potrebbe spiegare questo monito. «È semplice. Se noi provochiamo l’estinzione di una specie, rompiamo degli equilibri ambientali ed un ambiente squilibrato fa male a tutti».
Lei ha parlato di Venezia come di un “laboratorio di detour” in quanto ponti e canali costringono a pensare l’animale. Significa che le difficoltà costringono a sviluppare l’intelligenza? «Già, mi riferivo soprattutto ai cani, animali che possiedono una mente e che perciò possono immaginarsi un tragitto complesso (una mappa mentale) per poter raggiungere un padrone che si trova dall’altra parte di un canale. Devono cioè magari allontanarsi da lui per raggiungere il primo ponte disponibile e solo allora poter dirigersi nella sua direzione (fare un detour, appunto). Chiaro che un animale perché possa sviluppare la sua intelligenza deve essere lasciato libero di fare le sue esperienze».
Lei è ormai un “veneziano acquisito”. Il suo essersi stabilito qui deriva solo da motivazioni professionali o corrisponde ad una scelta di vita personale? «La mia scelta è stata dettata da motivi professionali, perché all’Università Ca’ Foscari di Venezia si era appena creata la facoltà di Scienze Ambientali e si trattava di un’avventura molto stimolante. Poi Venezia mi ha completamente conquistato, ed ora so, o almeno spero, che non la abbandonerò mai».
DI MARCO SCARPA

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Tag:  animali, Venezia