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Covid e disturbi mentali: c’è una relazione diretta

Covid e disturbi mentali: c’è una relazione diretta

Chi ha superato, guarendo, la fase acuta del Covid ha un rischio maggiore di sviluppare una serie di disturbi mentali: dall’ansia alla depressione, dai problemi di sonno all’uso di sostanze. Ma sarebbe vero anche il contrario: le persone con disturbi di salute mentale potrebbero essere maggiormente a rischio di contrarre l’infezione da Sars-CoV-2 e di avere esiti gravi.
È il risultato della ricerca, pubblicata sul British Medical Journal, con cui Ziyad Al-Aly della Washington University di Saint Louis ha studiato per un anno l’evolversi della situazione di 153.848 persone risultate positive tra marzo 2020 e gennaio 2021.
Concludendo che “la lotta ai disturbi della salute mentale tra i sopravvissuti al Covid-19 dovrebbe essere una priorità”.

Lo studio

Lo studio è di tipo osservazionale, il primo proiettato sul lungo termine, ma, rilevano i medici, le prove raccolte “suggeriscono probabilmente l’esistenza presunta di una connessione bidirezionale”.
“I disturbi di salute mentale – spiega lo studio – potrebbero predisporre qualcuno al Covid-19 e che il Covid-19 stesso potrebbe portare a manifestazioni di salute mentale avverse”.
Risulterebbe inoltre che il rischio di comparsa di disturbi mentali è più alto per chi è finito in ospedale a causa del Covid rispetto a chi ha sviluppato la malattia in forma lieve.

covid
I dati relativi ai positivi monitorati sono stati confrontati con due gruppi di controllo, uno composto da persone che non hanno mai avuto il Covid e l’altro relativo al periodo precedente alla pandemia. Ed è emerso che, in un anno, il rischio di qualsiasi diagnosi o prescrizione di salute mentale incidente è aumentato di 64,38 casi ogni 1000 persone tra chi ha superato la malattia.
Nello specifico, i casi di disturbo del sonno sono aumentati di 23,8 unità su 1000, quelli di depressione di 15,12 e il rischio di declino neurocognitivo di 10,75.
Sono aumentati (di 21,59 casi ogni 1000) anche i casi di uso di antidepressivi, i disturbi d’ansia di 11,06 e quelli da stress di 13,29.

Camere della rabbia: uno sfogo per la nostra mente

A proposito di stress, le limitazioni alle attività legate all’emergenza sanitaria hanno solo rallentato la crescita di un fenomeno che aveva cominciato a diffondersi anche nel nostro Paese nel periodo immediatamente precedente. Parliamo delle “Rage Room”, o camere della rabbia, dove, pagando una somma da una ventina di euro in su, si possono sfogare le tensioni mentali distruggendo una serie di oggetti.
L’idea è originaria del Giappone, dove lo stress, specie a livello manageriale, è elevatissimo. Ha quindi preso piede soprattutto negli Stati Uniti, per poi diffondersi in tutto il mondo.
Ora ce ne sono diverse anche in Italia, dove la prima è stata aperta nel 2017 a Forlì, seguita da quella di Legnano, nel Milanese.

Covid e Rage Room: un fenomeno che si sta diffondendo

Pur essendo una realtà ancora di nicchia, le Rage Room si sono poi diffuse nei vari angoli del Paese. E così se ne possono trovare da Torino a San Lazzaro di Savena, nel Bolognese. Qui, nel 2019, è stata inaugurata la prima camera dedicata ai bambini, che possono sfogarsi attraverso l’urlo libero e le martellate a giocattoli, peluche, palloncini e bottiglie di plastica). Scendendo la penisola, se ne possono trovare a Calenzano, nel Fiorentino, e a Roma, così come a Napoli (che, a gennaio 2020, ha inaugurato la prima Rage Room del Sud Italia nella zona di Fuorigrotta), con un paio anche in Puglia (anche se quella di Barletta ora non è più operativa per il trasferimento del negozio che l’aveva allestita).

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@rage room Torino

Rage Room: come funzionano

Vestito con maschera protettiva, elmetto, paracollo, ginocchiere, gomitiere, guanti e scarpe antinfortunistiche per tutelare la sicurezza, chi entra in una camera della rabbia ha a disposizione una mazza da baseball o un altro strumento simile per distruggere gli oggetti che sono messi a disposizione dai gestori, ma si può portare anche qualcosa da casa.
“Normalmente – spiega Alessandro Cutellè, titolare di Rage Room Torino – noi facciamo 4 turni al giorno, 7 giorni su 7, con un numero di partecipanti tra le 8 e le 12 persone per turno. Ogni turno è di circa circa un’ora, anche se la sessione vera e propria dura 20 minuti, perché vanno rispettate sia la fase di preparazione che quella di igienizzazione legata alle norme Covid”.

Camere della rabbia: soprattutto giovani e donne

La camera della rabbia torinese ha aperto a fine 2019, quindi risulta difficile un raffronto tra pre e post Covid. “C’è un primo studio di una ricercatrice dell’Università di Firenze – cita però Cutellè – dal quale emerge che la pandemia ha influito sulla psicologia delle persone in maniera non attiva, cioè attraverso la rabbia, ma prevalentemente passiva, trasformandosi in depressione”.
Il gran successo delle ultime settimane, allora, si lega a un altro motivo, per il titolare della Rage Room piemontese. “Appena si è riaperta la possibilità di accedere ad alcune attività – racconta – ci siamo subito riempiti, penso soprattutto perché la gente ha voglia di fare qualcosa. A Natale abbiamo così venduto tanti voucher e siamo adesso frequentati in gran parte da giovani tra i 20 e i 35 anni, soprattutto donne, che sono più aperte alle nuove esperienze. E, non a caso, spesso vengono con un’amica, per fini ludici”.

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@rage room Torino

Rage Room: alcune curiosità sulle realtà italiane

Anche nella Rage Room fiorentina le clienti sono in maggioranza donne.
“È venuta anche qualche nonna con la nipote o la figlia, ma più per un’esperienza goliardica, che per sfogarsi” racconta Samuele Gradi, gestore di Rage Monkey, aperta a Calenzano nel maggio 2019 – Ma la clientela è la più variegata, anche come richieste. La più anomala è stata quella di un signore che voleva portare conigli e galline. Pur ammettendo gli oggetti personali, anche se abbiamo un magazzino di materiale standard, gli abbiamo ovviamente detto di no. Di certo – riprende il gestore di Rage Monkey – vengono più coloro che svolgono un’attività sedentaria”.

Camere della rabbia: ognuno a suo modo

“Un muratore – continua – viene solo se trascinato dalla moglie. E chi lavora in ufficio, di solito vuole distruggere oggetti da ufficio. Le donne, invece, si orientano su piatti e porcellane, a volte disegnandoci la faccia di qualcuno che non gli va. Un’attività che magari vorrebbero effettuare anche a casa, ma non lo fanno perché dopo dovrebbero pulire”.
E se i ragazzi amano rompere oggetti voluminosi, una differenza tra i sessi è riscontrabile anche sulle modalità di fruizione. “Le donne – conclude Samuele Gradi – si prendono normalmente tutto il tempo a loro disposizione, i maschi invece a volte finiscono di rompere tutto in 2 minuti. E, in questi casi, mi è stato anche chiesto di avere uno sconto…”.

Alberto Minazzi

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