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Canto lirico patrimonio Unesco: italiano “lingua della musica”

Canto lirico patrimonio Unesco: italiano “lingua della musica”

Il riconoscimento nella riunione in Botswana, che porta a 19 i nostri patrimoni immateriali, grazie anche all’irrigazione della Val Venosta

Si può paragonare a una sorta di “standing ovation” al termine di un’esibizione particolarmente riuscita.
Il Comitato intergovernativo per la salvaguardia del Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, nella sua 18^ sessione, ha proclamato per acclamazione il “canto lirico italiano” elemento meritevole di entrare nella lista delle pratiche mondiali meritevoli di tutela.
La decisione, presa in occasione della riunione dei 24 membri del Comitato, in rappresentanza dei 181 Paesi membri, a Kasane, in Botswana, arriva alla vigilia dell’inaugurazione della nuova stagione del Teatro alla Scala di Milano, tempio lirico per eccellenza.
La “Prima”, organizzata come di consueto il 7 dicembre, giorno di Sant’Ambrogio, patrono del capoluogo lombardo, vedrà in scena il “Don Carlo” di Giuseppe Verdi, nella versione del 1884, diretta da Riccardo Chailly.

canto lirico
il Teatro alla Scala di Milano

Intanto, l’accoglimento della candidatura da parte dell’Unesco incrementa ulteriormente il già ricco numero di patrimoni culturali immateriali italiani riconosciuti dall’Organizzazione della Nazioni Unite. Il totale è ora di 19, visto che, nella stessa riunione, è entrata a far parte della lista rappresentativa anche l’irrigazione tradizionale dell’alta Val Venosta.

Il canto lirico italiano patrimonio dell’umanità

Non è stato un percorso facile, quello che ha portato al riconoscimento del nostro canto lirico come patrimonio dell’umanità.
L’iter, partito nel 2011, registrò infatti nel 2014 la bocciatura di un primo dossier, che però non scoraggiò il mondo dell’opera lirica italiana.
La proposta fu dunque rilanciata, includendo il maggior numero di soggetti istituzionali coinvolti nelle produzioni liriche, fino alla nuova presentazione della candidatura nel 2022.Il riconoscimento premia dunque l’intero ventaglio di proposte liriche italiane, dall’opera al melodramma, dal “recitar cantando” al “belcanto”.
“Il canto lirico italiano – riporta la scheda Unesco – è un modo di cantare fisiologicamente controllato che migliora la potenza portante della voce in spazi acustici come auditorium, anfiteatri, arene e chiese. Eseguito da persone di tutti i sessi, è associato a specifiche espressioni facciali e gesti del corpo e prevede una combinazione di musica, teatro, recitazione e messa in scena”.

“Le conoscenze e le competenze – continua l’Unesco – vengono trasmesse oralmente tra maestro e allievo, attraverso esercizi vocali e l’introduzione graduale a repertori e stili musicali diversi. La pratica promuove la coesione collettiva e la memoria socioculturale ed è strettamente legata ad altri elementi culturali, come i luoghi acustici e la poesia. Dipende anche da altre professioni come scenografia e light design, sartoria di costumi, scenografia e trucco. Mezzo di libera espressione e dialogo intergenerazionale, il suo valore culturale è riconosciuto a livello nazionale e internazionale”.

Un riconoscimento alla lingua italiana

La valenza culturale del riconoscimento da parte dell’Unesco ha però anche un respiro più ampio, confermando l‘italiano come lingua della lirica, ma anche della musica in generale.
La nascita dell’arte del canto lirico, infatti, si lega all’evoluzione della lingua italiana iniziata dal XVII secolo, a partire dalle regioni del Centro per poi espandersi all’intera penisola, fino a varcarne i confini, proprio attraverso l’emigrazione di cantanti lirici e produttori teatrali.
“Si tratta – ha commentato la proclamazione da parte dell’Unesco il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano – di una consacrazione ufficiale di quello che già sapevamo: il Canto lirico è un’eccellenza mondiale, tra quelle che meglio ci rappresentano in tutto il pianeta. È una proiezione dell’immaginario italiano per il quale stiamo lavorando su più fronti”. “Il canto lirico – ha aggiunto – aiuta a diffondere la lingua italiana, è uno dei tratti distintivi dell’italianità, un patrimonio immateriale che è più importante di una cosa palpabile”.
“Questo – ha dichiarato il sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi, che ha seguito in prima linea la candidatura – è un riconoscimento ai 400 anni di storia del canto lirico italiano e a una forma d’arte che tra i vari significati ha anche quello di portare la lingua italiana in giro per il mondo, tenendo viva la nostra lingua”.
“Questa forma d’arte viva – ha concluso Beatrice Venezi, consigliere per la musica del ministro – è un pilastro fondamentale della nostra cultura. ll nostro cantare è infatti un tratto identitario che nasce da una lingua che per sua natura canta”.

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Il ministro alla Cultura Gennaro Sangiuliano

L’Italia e i patrimoni immateriali dell’Unesco

Il nostro Paese, ha ricordato Sangiuliano, è la Nazione che ha avuto il più alto numero di riconoscimenti dall’Unesco.
Ai beni immateriali facenti parte della lista si è aggiunta ora anche la tecnica agricola secolare dell’irrigazione a sommersione dei quasi 400 ettari di agricoltura estensiva della Landa di Malles, nell’alta Val Venosta dell’Alto Adige, tra Burgusio e il lago di San Valentino.
Un anno fa, avevano ottenuto il riconoscimento il tradizionale festival veronese dei giochi di strada del “Tocatì” e l’allevamento dei cavalli lipizzani, candidatura quest’ultima presentata in partnership con Slovenia, Austria, Bosnia, Croazia, Ungheria, Romania e Slovacchia.
Risalendo nel tempo, a ottenere per primi l’inserimento, nel 2008, erano stati l’Opera dei Pupi siciliani e il Canto a tenore sardo, mentre sono già state presentate le candidatura ufficiali per la cucina italiana e l’arte campanaria tradizionale.
A completare la lista dei beni già riconosciuti, il saper fare del liutario di Cremona (2012); la dieta mediterranea e la festa delle Grandi Macchine a Spalla (2013); la vite ad alberello di Pantelleria (2014); la falconeria (2016); l’arte del “pizzaiuolo” napoletano (2017); l’arte dei muretti a secco (2018); la Perdonanza celestiniana, l’alpinismo e la transumanza (2019); l’arte delle perle di vetro e l’arte musicale dei suonatori di corno da caccia (2020); la cerca e cavatura del tartufo (2021).

Alberto Minazzi

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