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22 marzo, Giornata mondiale dell’acqua. Tante iniziative e la storia di un acquedotto particolare: quello di Venezia

22 marzo, Giornata mondiale dell’acqua. Tante iniziative e la storia di un acquedotto particolare: quello di Venezia

Perchè e come si celebra il World Water Day, dedicato quest’anno alle acque sotterranee

Dal 1993, il 22 marzo di ogni anno si celebra la Giornata mondiale dell’Acqua (World Water Day).
Una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite, prevista all’interno delle direttive dell’agenda 21, risultato della conferenza di Rio.
Il tema, per il 2022, è il legame tra questa risorsa simbolo di vita e cambiamenti climatici. Pur se dal 2010 l’Onu ha riconosciuto l’accesso all’acqua pulita e potabile come diritto umana universale, si stima che ancora oggi 2,1 miliardi di persone vivano senza acqua pulita nelle loro case.
Secondo i dati Unicef, nel mondo una scuola elementare su quattro non ha acqua potabile e circa 1.000 bambini muoiono ogni giorno di diarrea provocata dall’ingestione di acqua infetta. L’Organizzazione Mondiale della Sanità rileva che il 60% della popolazione – vale a dire 4,4 miliardi di persone – non ha accesso a servizi igienici adeguati.
E sono circa 4 miliardi – quasi due terzi della popolazione mondiale – le persone che si trovano in situazioni di scarsità d’acqua per almeno un mese all’anno.

Acque sotterranee: una risorsa da salvaguardare

L’obiettivo della giornata è di sensibilizzare Istituzioni mondiali e opinione pubblica sull’importanza di ridurre lo spreco e di assumere sempre più comportamenti per contrastare il cambiamento climatico. Un momento per riflettere su quanto l’acqua sia una risorsa fondamentale per il nostro pianeta, da salvaguardare e tutelare, e un diritto di tutti.
In particolare il tema di quest’anno, come si legge nel sito di World Water Day è “Acque sotterranee – Rendere visibile l’invisibile”.
Forse nel nostro quotidiano non siamo soliti farne caso ma le acque sotterranee sono fondamentali se si considera che quasi tutta l’acqua dolce liquida del mondo è sotterranea.

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In molte aree sono sovrautilizzate e dalle falde si estrae più acqua di quanta ne venga ricaricata da pioggia e neve, in altre non sappiamo quanta ce ne sia facendo venire meno la possibilità di sfruttare una risorsa idrica potenzialmente vitale. Proprio perché le acque sotterranee hanno un ruolo vitale nei sistemi idrici e sanitari, nell’agricoltura, nell’industria, negli ecosistemi e nell’adattamento ai cambiamenti climatici, diventa necessario agire per proteggerle dall’inquinamento e utilizzarle in modo sostenibile, bilanciando i bisogni delle persone e del pianeta.

 

Le iniziative per il World Water Day 2022

Sono numerose le iniziative in tutta Italia per celebrare la Giornata. Tra queste, l’Università di Roma Foro Italico con il patrocino dell’Inail organizza in diretta streaming l’evento “Aquae” rivolto a istituzioni, aziende, ricercatori e studenti delle scuole secondarie. Nel corso dell’iniziativa, in programma per tutta la giornata, sarà presentato il rapporto Onu 2022 sulle acque, dedicato alle acque sotterranee.
Il gruppo CAP, gestore del servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano, oltre a partecipare all’evento a Roma martedì 22 marzo, lunedì 21 ha in programma un primo evento dedicato a un tema “invisibile” come la depurazione e il riciclo dei fanghi. Da qui il titolo dei corsi on line “Depurazione e qualità. Fanghi: da criticità a opportunità”, su uno dei settori più promettenti per l’economia circolare.
“Grazie alle moderne tecnologie e a un approccio completamente nuovo rispetto agli scarti – spiega il gruppo CAP – oggi è possibile ricavare energia dai fanghi che fino a ieri non solo non erano considerati una risorsa, ma addirittura un costo”. E il 27 marzo tutti impegnati nella pulizia delle rive dei fossi, delle rogge e dei canali nel territorio della Città metropolitana.
L’Arpa FVG, l’Agenzia regionale per la Protezione dell’Ambiente del Friuli Venezia Giulia, propone una sfida sul web “Take the one minute challenge!” in cui viene chiesto di girare un video di 60 secondi per raccontare in che modo le acque sotterranee influenzano la nostra vita e su cosa bisogna fare per proteggerle.

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In Emilia Romagna L’Agenzia per la sicurezza territoriale e la protezione civile con il supporto di organizzazioni, realtà locali e cittadini, ha organizzato un calendario di 44 appuntamenti fino al 27 marzo per conoscere da vicino i luoghi attorno al canale Navile (Bologna) e sul Delta del Po.
E’ possibile partecipare a visite guidate e trekking, mostre ed esplorazioni urbane (anche sotterranee), iniziative musicali e recital, excursus culturali e gastronomici, convegni e laboratori.
Il programma si concluderà domenica 27 marzo con un’escursione nel Parco del Delta di Porto Garibaldi (Ferrara) per esplorare la storia acquatica di Bologna e in parte della provincia ferrarese. Aperto al pubblico anche con una visita guidata il Museo del patrimonio Industriale e il Sostegno (la chiusa) del Battiferro, edificio fluviale costruito nel 1439 lungo il tratto urbano del canale Navile (329 3659446).

Venezia, la città d’acqua e il suo acquedotto nato nel 1884

Tra le tante città italiane, ce n’è una che, per definizione, è la città dell’acqua. Paradossalmente, però, non dispone di acqua dolce.
Avere acqua potabile che esce dai rubinetti non è sempre stato così scontato come oggi, anzi.
Il percorso per arrivarci si è sviluppato attraverso i secoli e i veneziani si sono sempre dovuti ingegnare per trovarla. Come? All’inizio recuperavano l’acqua piovana, successivamente inventarono quei capolavori ancora oggi visibili in molte parti della città che sono le vere da pozzo.

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Sotto a queste vi erano delle cisterne coibentate con l’argilla dove l’acqua piovana raccolta attraverso i “gatoli” (sorta di tombini) veniva in qualche modo filtrata, depurata e immagazzinata, anche se i parametri erano molto diversi da quelli dei nostri tempi.
I pozzi erano delle vere e proprie cisterne pubbliche, riempite anche dalla corporazione degli Acquaroli e da loro sorvegliate per evitare furti.
Poiché non vi erano fonti di approvvigionamento, a Venezia l’acqua dolce era considerata un bene molto importante e la sua gestione era affidata a ben quattro Magistrature, i nostri attuali Ministeri.
Ma si dovette attendere il 23 giugno 1884 perché, in una Piazza san Marco illuminata a giorno, fosse inaugurato il primo acquedotto di Venezia.

Inaugurazione acquedotto di Venezia, 23 giugno 1884

L’approvvigionamento dal Brenta

Fino ad allora, le cose andarono diversamente.
A metà del 1400 le autorità decisero che l’unica fonte di approvvigionamento dovesse essere il fiume Brenta, che per questo motivo venne monitorato, scavato e addirittura deviato.
All’inizio del 1600 si realizzò il canale Seriola, grazie al quale si prelevava l’acqua dolce portata a Venezia a bordo di grandi barche chiamate “burchi”.
Per secoli i pozzi riforniti dalla pioggia e dall’acqua della Seriola rimasero l’unico sistema di approvvigionamento idrico, nonostante i molti progetti presentati negli anni.
In questo modo, si continuò fino all’inizio dell’Ottocento quando, con l’arrivo dei Francesi si cominciò a ragionare su come rifornire Venezia di acqua potabile.
In quel periodo il numero degli abitanti era in costante crescita, tanto che nel 1857 si arrivò al record di oltre 120 mila residenti che vivevano in condizioni igienico sanitarie molto precarie.
Lo stato dei pozzi e dell’acqua contenuta non era buono, per questo scoppiarono molte epidemie di colera. Serviva una soluzione drastica e radicale: la costruzione di un acquedotto a controllo pubblico.

Riproduzioni da lastra fotografica 30 x 40 dei primi del ‘900
Acquedotto di Venezia – i lavori per la costruzione

La soluzione definitiva per la raccolta dell’acqua dolce

Ma passarono altri 300 anni e decine di progetti prima di arrivare al 1874, quando il comune di Venezia decise di costruire l’acquedotto.
L’acqua sarebbe stata presa dal fiume Brenta e dalla Seriola e portata in città attraverso condotte posate sul fondo della Laguna.
I lavori partirono tra la fine del 1880 e l’inizio del 1881 e prevedevano la realizzazione di una centrale idrica alla Stazione Marittima, in seguito spostata in campo sant’Andrea, dove tuttora è e dove è stato allestito il Museo che racconta la storia dell’approvvigionamento idrico in Laguna dalla fondazione di Venezia ai giorni nostri.

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Fasi della costruzione della centrale di Sant’Andrea, a Venezia

Il Comune impose al gestore, fu dapprima una società inglese e poi la francese “Societé générale des Eaux” che rilevò il contratto, di trovare una fonte alternativa al canale Seriola, che a causa di interventi idraulici non appariva più salubre. Nel giro di poche settimane si individuarono così alcune sorgenti di acqua purissima nel comune di Trebaseleghe (Padova).
Sono le stesse falde che ancora oggi riforniscono i rubinetti di Venezia.
Poiché i costi del servizio erano particolarmente onerosi, quindi insostenibili per la maggior parte dei cittadini, l’acquedotto inizialmente rifornì i pozzi, le fontane pubbliche e pochissime utenze private. Nel giro di pochi anni, però, fu esteso e alla fine dell’Ottocento vennero collegate anche le isole di Murano, Giudecca e Lido.

Dall’anno della svolta all’attuale gestione

Nel 1923, il Comune affidò alla Compagnia generale delle Acque l’incarico di gestire l’acquedotto per 50 anni.
Fu in quel momento che partirono importanti investimenti e lavori che nel tempo avrebbero portato a dare vita al servizio idrico integrato nella struttura che oggi conosciamo.
Nel 1973, allo scadere della concessione, l’acquedotto ritornò al Comune, che quattro anni dopo creò Aspiv (Azienda servizi pubblici idraulici e vari), una società interamente pubblica che, nel 2001, diventò la multiutility Vesta (Venezia servizi territoriali ambientali) in seguito alla fusione con Amav (Azienda multi servizi ambientali Venezia) e nel 2007 l’attuale Veritas (Veneziana energia risorse idriche territorio ambiente servizi).

Operai nella sala motori della centrale di Sant’Andrea (fine 800)

Oggi la rete idrica di Veritas misura 5.343 km, 5.707 con la rete di adduzione; la rete fognaria 2.900,86 km. Il servizio raggiunge 850 mila cittadini in 36 Comuni delle province di Venezia e Treviso. I numeri del 2020 indicano un totale di 120 milioni di metri cubi di acqua potabile prelevata, in calo del 5% rispetto al 2019 a causa della pandemia Covid-19, così come il volume immesso in rete. Anche il volume fatturato, gli autoconsumi e l’acqua ceduta a terzi sono diminuiti mediamente del 6%.
Per quanto riguarda la depurazione delle acque, il volume totale di acqua trattata nel 2020 dai 32 principali impianti di depurazione delle acque reflue urbane è stato pari a 88.792.252 m3, mentre il volume trattato dall’impianto di depurazione da fognatura industriale è stato di 8.145.701 m3.

Silvia Bolognini

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