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Vigili urbani a Venezia: una storia lunga due secoli

Vigili urbani a Venezia: una storia lunga due secoli
Gruppo Sportivo del Corpo di Polizia Municipale di Venezia, 1933

Sono partiti in 5. Erano in servizio giorno e notte e dovevano sorvegliare tutto il territorio della Venezia insulare. Poi, sono diventati 20.
Un numero che fa sorridere, soprattutto se si pensa che avevano funzioni di controllo non solo sugli  illeciti amministrativi ma anche penali, oltre che di lotta alla microcriminalità e di sorveglianza.
Quando è stata assegnata loro anche la terraferma, sono diventati 74 e via via sempre di più, fino al Corpo di Polizia Municipale che abbiamo oggi, con centinaia e centinaia di vigili urbani attivi sul territorio ogni giorno.
Ma quando è nato questo servizio in città?
Grazie a fonti e documenti custoditi dall’Archivio di Stato di Venezia, dall’Archivio storico comunale della Celestia e dal ricchissimo archivio de “Il Gazzettino”, un volume rivela oggi la storia della Polizia Municipale di Venezia.
L’unico, perché, finora, non risultava esistere una vera e propria storiografia sulla Polizia Municipale veneziana.
A raccontarci come sono andate le cose è  “Il Corpo di Polizia Municipale di Venezia. Storia, documenti, testimonianze”, a cura di Franca Cosmai e Stefano Sorteni.

Il primo volume che raccoglie la storia del Corpo di Polizia Municipale di Venezia

La sorveglianza della città

La possibilità, per gli enti locali, di dotarsi di proprie guardie, è legata al decreto Rattazzi del 1859.
Solo nel 1907 però il ministro dell’Interno Giovanni Giolitti regolò la materia dando ai comuni la possibilità di provvedere alla vigilanza dei regolamenti locali attraverso proprie risorse dedite a questo.
A Venezia, tuttavia, già nel 1808 un piccolo gruppo di impiegati comunali furono destinati alla sorveglianza della città.
Trent’anni dopo, per renderli riconoscibili, furono dotati anche di una divisa.
Un Corpo municipale di Vigilanza di 12 unità fu istituito però formalmente “solo” nel 1858, quando Venezia era in mano austriaca.

 

Le guardie: profili e caratteristiche

Far pare del Corpo di Vigilanza di Venezia richiedeva particolari requisiti e un’abnegazione totale.
Il primo regolamento del Corpo prevedeva infatti che gli aspiranti primi vigili urbani fossero alti almeno 1,75 m e che sapessero leggere e scrivere. Una competenza non molto diffusa a quei tempi.
Era il 1867 e le disposizioni si rifacevano agli ordini militari, comprendendo anche l’obbligo di alloggiare in caserma, di assumere il rancio in comune e di richiedere l’autorizzazione della Giunta per contrarre matrimonio.
La prima caserma del Corpo di Polizia Municipale fu a Palazzo Priuli, a San Giacomo dell’Orio.

 

Curiosità: dai vigili con i baffi ai vigili armati

Il lavoro curato da Franca Cosmai e da Stefano Sorteni rileva anche alcune curiosità. Tra queste il fatto che, nel 1916, dalla Giunta Comunale di Venezia fu richiesto di aggiungere un punto al regolamento in vigore: che al personale addetto alla sorveglianza fosse proibito radersi i baffi.
Questo non tanto per un motivo estetico ma di “rispettabilità”.
“Ciò che toglie a un agente l’aspetto di serietà della quale ha tanto bisogno per farsi rispettare dal pubblico –si legge nella vecchia delibera – va evitato”.

 

Sfilata degli agenti di Polizia Municipale in Piazza San Marco

L’aspetto un po’ austero riequilibrava una “perdita” decisa con il secondo regolamento del Corpo del 1874, che fermava a 1,65 l’altezza minima richiesta: 10 cm in meno rispetto all’inizio.
In compenso, l’autorevolezza veniva ribadita anche attraverso la dotazione, che prevedeva l’uso di spada e pistola a due canne.

 

Vigili: un nome comune a due futuri corpi

Alla base del lavoro del Corpo della Polizia Municipale c’era la vigilanza: del territorio, ma anche del fuoco.
Vigili urbani e pompieri, così, in origine, erano un unico corpo.
Questo, almeno, fino al rovinoso incendio che divampò, il 30 agosto 1897, in calle Redivo.
Costò la vita a 8 persone. Fra queste,  anche Francesco Marcon, uno dei vigili del fuoco al servizio del comune.
“Tra fine ‘800 e inizio ‘900, con lo sviluppo industriale e turistico” della città, l’idea di dividere i due corpi si rafforza sempre più. Ci si arriverà però solo nel 1937.

 

I problemi della città e i mezzi

La fine del 1800 segna per i vigili urbani di Venezia dei grandi cambiamenti.
I problemi maggiori sono legati al controllo dei primi grossi natanti che rendono difficile la navigazione in alcuni canali.
Tra il 1883 e il 1884 vengono fissate così le norme per la navigazione dei vaporetti sul Canal Grande e sul Canale di San Marco, così come vengono scritti i primi regolamenti dei traghetti e delle barche.

 

Il primo dopoguerra e il modello dei “bobby” inglesi

Nel 1919 l’organico arriva a 220 unità.
Ci sono problemi di vandalismo in città (asportazioni di ringhiere, rottura di parapetti dei ponti, sradicamento di piante) e il Corpo viene incrementato.
Fino alla guerra successiva si passa tra l’espansione di Mestre e Marghera, la costruzione di Piazzale Roma, l’apertura di nuovi canali di navigazione e la nascita dei nuovi insediamenti industriali.
Il lavoro dei vigili urbani si amplia e si diversifica, concentrandosi sempre più sul controllo dei flussi turistici e del traffico stradale.

 

Traffico automobilistico a Piazzale Roma, 1951

Il turismo decolla. Arrivano sempre più pieni i treni popolari promossi dall’Opera Nazionale Dopolavoro e scaricano migliaia di persone di varia provenienza.
Ai vigili urbani viene richiesta la conoscenza delle lingue straniere.

 

La seconda guerra mondiale e il problema del sovrapopolamento

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale Venezia si afferma come zona franca dai bombardamenti.
E’ questo il motivo per il quale moltissime persone cercano di viverci adattandosi alle situazioni più difficili, ma sicure.
Le derrate alimentari però iniziano presto a scarseggiare e, nel 1943, il Prefetto proibisce l’ingresso in città di profughi e sfollati.
La ricaduta sul lavoro dei vigili urbani è immediata.
Devono gestire questa situazione e la nuove piaga dell’accattonaggio, vigilare sui prezzi dei cibi e dei generi di prima necessità, sulla distribuzione delle carte annonarie, sui giochi proibiti e controllare che siano rispettate le norme sull’oscuramento.
Le problematiche restano simili anche dopo la liberazione. In città arrivano infatti i profughi dell’Istria e della Dalmazia e la scarsa presenza di derrate alimentari nutre i traffici illeciti.

I vigili urbani oggi

“Quella del Corpo dei vigili urbani è una lunga e complessa storia tutta continuamente sottesa nel dilemma, anche nominale, tra polizia e vigilanza (…) In una città difficilissima e per certi aspetti unica – scrive il sindaco Luigi Brugnaro nella presentazione del libro – la Polizia Municipale di Venezia svolge una mole straordinaria di lavoro e si distingue per professionalità, sacrificio, dedizione e senso di responsabilità: sta già scrivendo, nei fatti –conclude – una nuova gloriosa pagina della sua lunga storia”.

Un commento su “Vigili urbani a Venezia: una storia lunga due secoli

  1. Giuseppe Paolo Trisciuzzi

    Perché si chiamano ghebi?


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