Il mediometraggio di Luca Caserta, tratto da Stephen King e impreziosito da Springsteen, trionfa negli USA. Un simbolo dell’ascesa del cinema veneto, tra ritorni creativi, identità regionale e sfide internazionali
C’è un film, oggi, che meglio di altri racconta la traiettoria luminosa del nuovo cinema veneto.
Si chiama The Reach, ed è un’opera che nasce in Lessinia, passa da Verona e approda sulla riva più nobile del racconto cinematografico internazionale.
Un mediometraggio che ha come radice il racconto di Stephen King, da cui è tratto e che si nutre della poesia struggente di Moonlight Motel, brano concesso personalmente da Bruce Springsteen.
È Luca Caserta, regista veronese, a firmare questa piccola grande impresa artistica, che ha appena raccolto tre premi importanti al Jersey Shore Film Festival negli Stati Uniti: Miglior Film Internazionale, Miglior Regista Internazionale e Migliore Attrice Internazionale a Jana Balkan.
Premi che si aggiungono a quelli ricevuti in Italia, tra Campidoglio e Napoli, e che confermano un trend sempre più solido: The Reach non è un’eccezione, ma la punta di diamante di un movimento che affonda le radici nel territorio e si apre al mondo.
Un’opera di respiro internazionale ma con cuore locale
Il film racconta il viaggio interiore e fisico di Stella Flanders, l’anziana abitante di Goat Island che non ha mai lasciato l’isola in cui vive.
Un braccio di mare ghiacciato la separa dalla terraferma, e da una vita vissuta con la memoria come compagna. Quando il ghiaccio si fa cammino e le visioni dei suoi cari scomparsi la invitano a partire, Stella – interpretata da una struggente Jana Balkan – decide finalmente di attraversare. In questa parabola, semplice e potente, si riflettono gli slittamenti della memoria, dell’amore, del tempo. E anche quelli del cinema veneto, che ha imparato a muoversi, a rischiare, a partire.
Girato tra Verona, il Lido di Venezia e le montagne della Lessinia, The Reach è un’opera di respiro internazionale, ma con cuore locale.
Dalla fotografia di Lorenzo Pezzano alle musiche di Lorenzo Tomio, dalla presa diretta di Alessandro Caoduro al montaggio curato dallo stesso Caserta, il film è frutto di un lavoro corale che parla veneto, ma si fa comprendere ovunque.
Il Veneto che racconta e si racconta
Non è un caso isolato.
Nel maggio 2025 il regista bellunese Francesco Sossai ha presentato a Cannes Le città di pianura, affermando con eleganza e sobrietà la presenza veneta nei festival di peso.
Andrea Segre, con Berlinguer – La grande ambizione, ha raccolto nomination ai David di Donatello, mentre Giovanni E. Morassutti ha portato a Padova un frammento della sua vita newyorkese con Memorabilia – Una storia di famiglia.
Non sono fughe, ma ritorni. Non sono rivendicazioni identitarie, ma aperture dialogiche.
Il cinema veneto, fino a poco tempo fa marginale nella narrazione nazionale, oggi è un laboratorio di racconti stratificati, capaci di accogliere la complessità sociale, le trasformazioni culturali, e quel passaggio cruciale tra un passato rurale e un presente globalizzato.
Un quarto di secolo di semina
Questa fioritura non nasce dal nulla.
“È una crescita iniziata decenni fa”, spiega Francesco Bonsembiante, produttore e fondatore di Jolefilm.
Le radici affondano nell’esperienza pionieristica di Mestiere Cinema, attiva dal 1986, e nei successi recenti di 360 Degrees Film, che ha prodotto The Decameron per Netflix.
L’industria cinematografica americana ha formato maestranze locali, e con l’arrivo della Veneto Film Commission nel 2019, è arrivato anche il volano istituzionale che mancava: fondi, attrazione di progetti, e finalmente una filiera creativa che non dipende solo da Roma.
Certo, non mancano le criticità: i bandi regionali spesso non incentivano abbastanza le professionalità locali, e la modifica alla legge sul Tax credit nel biennio 2023-24 ha congelato risorse e fiducia. “Serve una strategia politica ed economica nuova”, insiste Bonsembiante. “Dobbiamo valutare i film non solo dal box office, ma dal loro impatto culturale e internazionale. Serve un fondo per le sceneggiature, un sistema di formazione tecnica avanzata e una visione di marketing su misura”.
Storie da dentro, sguardi da fuori
Andrea Segre, voce autorevole di questo panorama, mette in guardia da una trappola: quella dell’autoreferenzialità. “Un’identità regionale non può crescere chiusa in se stessa. Le contaminazioni sono fondamentali. L’importante è tornare a casa con uno sguardo diverso, arricchito dal confronto”.
Ed è proprio questa la cifra che unisce i protagonisti del nuovo cinema veneto: la capacità di raccontare storie locali con uno sguardo globale, di trasformare le “tensioni umane” – tra generazioni, tra memoria e futuro, tra radici e partenze – in narrazioni universali. Con The Reach, Luca Caserta ha mostrato che un film nato in Veneto può incantare Stephen King, commuovere il pubblico americano e raccogliere premi ovunque.
Per continuare su questa strada, i talenti ci sono. Le storie anche. E le sfide non mancano.