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Una dolce storia di Natale: la pasticceria Giotto del Carcere di Padova

Una dolce storia di Natale: la pasticceria Giotto del Carcere di Padova
pasticceria carcere Padova

Ci sono panettoni e panettoni. Quelli commerciali, per esempio, nel loro scatolone di cartone che i bambini usano come elmo nelle sere di Natale.
Quelli fatti in casa, tra nuvole di farina e arrovellamenti matematici sulle dosi. E poi ci sono i panettoni artigianali.
Tra le medio-piccole realtà del nostro territorio ne esiste una speciale, dove i dolci con uvette e canditi (e non solo) vengono fatti da chi, con le proprie mani, ha saputo fare del male, ma cosa ben più importante, oggi impara di nuovo a fare del bene. Soprattutto a Natale.

È il caso della pasticceria Giotto del carcere penitenziario Due Palazzi di Padova.
Che non fa panettoni qualsiasi, ma prodotti da dieci anni stabilmente nella Top Ten nazionale Gambero Rosso.
Attualmente nel laboratorio lavorano 40 detenuti, coordinati da quattro pastry chef.
“Gli ultimi mesi sono stati complicati. II carcere è una piccola società dove ci sono molte interazioni: l’università, le iniziative comunitarie, il lavoro – spiega Matteo Marchetto, presidente della cooperativa Workcrossing – I contatti ora sono ancora più ridotti: i detenuti faticano a vedere i loro cari e chi entra dall’esterno (civili, operatori, agenti) deve prestare molta attenzione. E casi di Covid ce ne sono comunque”.

Un laboratorio per il riscatto

Nata nel 1992, Workcrossing ha trasferito il laboratorio all’interno del Due Palazzi nel 2005, dopo un progetto pilota di gestione esterna della cucina carceraria nel 2003.
Da quindici anni Workcrossing è tra le organizzazioni che si impegnano nella riabilitazione dei detenuti, a suon di farina, uova e lavoro.
Uno dei pochi casi italiani dove i detenuti delle 195 carceri italiane sono lavoratori regolari: su un totale di 55.000 carcerati, solo 1500 lavorativamente attivi.

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I panettoni della pasticceria Giotto, lasciati a riposo

“Abbiamo iniziato con un paio di pasticceri e quattro o cinque detenuti – ricorda Marchetto – e sfornavamo qualche centinaio di panettoni”.
A oggi, la produzione della pasticceria Giotto conta 60.000 panettoni venduti in tutto il mondo.

Il processo di selezione degli aspiranti pasticceri non è casuale, anzi.
“L’amministrazione penitenziaria è il primo filtro che consente poi a noi di scegliere tra i candidati più idonei – spiega Marchetto -Poi subentra la nostra psicologa, la quale valuta i vari profili prima e durante i sei mesi di tirocinio”. Ogni detenuto viene indirizzato secondo le proprie capacità, con un minimo di turnazione sui lavori da svolgere. La nostra cooperativa non fa assistenzialismo, ma offre l’opportunità di un lavoro serio: le persone che vogliono lavorare con noi devono capire che si offre loro l’opportunità di riscattare la propria dignità. Si insegna loro un lavoro con il quale possono ricominciare a vivere. Devono imparare a seguire un’organizzazione, obbedendo ai loro responsabili”.
Dopo il tirocinio, i detenuti vengono assunti regolarmente con contratto nazionale del lavoro: il primo anno al 65% dello stipendio effettivo per raggiungere al terzo anno il 100%.

Un salario per le famiglie

Con il salario percepito i detenuti possono comprarsi cibo e vestiti all’interno dello spaccio carcerario o inviare la loro busta paga alle loro famiglie.
Non riscattano la propria coscienza nel solo tempo presente ma anche per il futuro personale, dei loro cari, nonché nei confronti dello Stato.
“Ogni carcerato costa allo stato italiano (circa 137 euro al giorno – dato del sito sindacale polizia penitenziaria, ndr). Dare loro un lavoro retribuito significa renderli cittadini attivi”, precisa Marchetto. Terminato il loro percorso riabilitativo carcerario i nuovi pasticceri possono trovare lavoro all’esterno e continuare a costruirsi una vita normale.
Alcuni hanno addirittura aperto la loro attività: motivo di orgoglio personale e della cooperativa che li ha accompagnati nel loro percorso.

Un ridotto tasso di recidiva

Orgoglio che si costruisce man mano lungo il percorso di ogni detenuto. C’è chi a casa ha un figlio il quale, accanto al poster di Cristiano Ronaldo, ha attaccato la prima busta paga del papà. O chi ha deciso, dopo aver saputo di una raccolta fondi da parte della Caritas, di devolvere loro la propria tredicesima.
Altri si stupiscono se viene chiesto al laboratorio di creare una torta nuziale: “Faticano a realizzare che qualcuno abbia chiesto alla pasticceria del carcere di fare una cosa così importante per la loro vita”, conclude Matteo.
E poi ci sono i meriti di Workcrossing: “A livello mondiale il tasso di recidiva di coloro che escono dal carcere è del 75%. Nella nostra cooperativa siamo intorno al 5% – continua il presidente della cooperativa, sottolineando quanto possono essere importanti le iniziative di questo tipo – e se abbiamo delle posizioni aperte nelle nostre attività assumiamo coloro che hanno lavorato con noi nel carcere una volta liberi”

Non solo panettoni comunque. Nel sito idolcidigiotto.it è possibile trovare il catalogo di tutte le loro produzioni: colombe pasquali, gelato, cioccolato, brioche, prodotti da colazione. Inoltre è presente una mappa dove sono segnalati tutti i loro rivenditori nazionali e la sezione e-commerce, con la quale esportano nel mondo. Al temporary store in zona Forcellini è seguito, a maggio 2020 l’apertura del punto vendita ufficiale in via Roma 97, nel centro di Padova.
Altri progetti sono in divenire, Covid permettendo: quello che rimane per certo è il lavoro artigianale di quelle mani, un tempo dure, che hanno imparato a essere dolci.

 

3 commenti su “Una dolce storia di Natale: la pasticceria Giotto del Carcere di Padova

  1. Che dire? Siete fantastici…complimenti a tutti


  2. Bravissimi, una bellissima storia in questo Natale così anomalo. Mi ricorderò di acquistare sicuramente qualcosa da voi, felice di avervi conosciuto. Tanti auguri a tutti voi


  3. teodoro del giudice

    Meravigliosa iniziativa


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Tag:  natale 2020

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