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Onu: "Cessate il fuoco" a Gaza

Onu: "Cessate il fuoco" a Gaza

Per la prima volta, il Consiglio di Sicurezza approva la risoluzione, con l’astensione degli Stati Uniti

Sono passati quasi 6 mesi dal 7 ottobre 2023, quando l’attacco dei miliziani di Hamas fece scoccare la scintilla della guerra nella Striscia di Gaza. E qualcosa, adesso, potrebbe essere cambiato, sul piano della risposta internazionale in Medio Oriente.
Per la prima volta dall’inizio del conflitto, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha infatti approvato una risoluzione per chiedere l’immediato cessate il fuoco.
Decisiva, per far passare il documento con 14 voti favorevoli, la decisione degli Stati Uniti di astenersi.
Una presa di posizione, quella americana, che ha incrinato i rapporti del Governo di Joe Biden con Israele.
Il premier Benyamin Netanyahu ha infatti sùbito cancellato la prevista missione organizzata dagli Usa a Washington per un confronto tra esponenti israeliani e statunitensi sulla guerra e in particolare sull’annunciata operazione militare a Rafah.

 

La risoluzione dell’Onu e i commenti positivi

La richiesta delle Nazioni Unite è quella di uno stop alle ostilità per il Ramadan, che sia “rispettato da tutte le parti” e che “conduca ad un cessate il fuoco durevole e sostenibile e il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi, nonché la garanzia dell’accesso umanitario per far fronte alle loro esigenze mediche e umanitarie”.
Il segretario generale dell’Onu ha commentato il voto favorevole sottolineando che “la risoluzione deve essere attuata: ora un fallimento sarebbe imperdonabile”.
A guardare con favore al documento è comunque gran parte della comunità internazionale, a partire dall’Italia.
“Certamente rappresenta un primo positivo passo in avanti”, è stato il commento del nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Ancor più decisa la Francia, che ha chiesto come, al termine del Ramadan, fissato per il 9 aprile, il cessate il fuoco sia “permanente”.
Anche Hamas ha condiviso la posizione dell’Onu, dicendosi disponibile “a impegnarsi in un immediato processo di scambio di prigionieri che porti al rilascio dei detenuti di entrambe le parti” e ricordando le sue richieste fondamentali: “un cessate il fuoco completo, il ritiro dalla Striscia di Gaza, il ritorno degli sfollati e un vero scambio di prigionieri”.

La reazione di Israele

Di segno opposto la reazione di Israele, che, attraverso l’ufficio del Primo ministro, ha parlato di “un passo indietro chiaro dalle posizioni assunte dagli Usa fin dall’inizio della guerra”, sottolineando come Hamas non sia citata nella risoluzione e ritenendo che il documento non favorisca la liberazione degli ostaggi ancora prigionieri.
“Colpisce lo sforzo bellico e quello per liberare gli ostaggi perché offre a Hamas la speranza che pressioni internazionali gli consentiranno di ottenere un cessate il fuoco senza rilasciare i rapiti”, afferma l’entourage di Netanyahu.
Tra le altre voci dello Stato ebraico, quella del ministro degli Esteri, Israel Katz, che ha dichiarato: “Non cesseremo il fuoco. Distruggeremo Hamas e continueremo a combattere finché l’ultimo degli ostaggi non sarà tornato a casa” E l’ambasciatore israeliano all’Onu, Gilad Erdan, ha definito la risoluzione “vergognosa”.
Israele, ha aggiunto il ministro della Difesa, Yoav Gallant, “non ha il diritto morale di fermare la guerra a Gaza”, fino al ritorno a casa di tutti gli ostaggi.
Pur affermando che la decisione Onu “non ha un significato operativo per Israele”, il ministro del Gabinetto di guerra, Benny Gantz, ha però criticato la decisione di non inviare la delegazione negli Usa.

ONU

La risposta degli Stati Uniti e le trattative

Pronte le controrisposte alle accuse di Israele da parte di Washington.
Il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby, ha chiarito che “l’astensione non cambia la nostra politica” e ha sottolineato come gli Stati Uniti abbiano “sempre chiesto che il cessate il fuoco fosse legato alla liberazione”.
La scelta di astenersi, ha spiegato l’ambasciatrice americana all’Onu, Linda Thomas-Greenfield, del resto, è legata al fatto che il Consiglio ha “ignorato alcune delle nostre proposte, compresa la richiesta di inserire una condanna di Hamas. Non eravamo d’accordo su tutti i punti, per questo non abbiamo potuto purtroppo votare sì”.
Kirby ha manifestato anche la sua delusione per il passo indietro di Israele sul vertice deciso al telefono tra Netanyahu e Biden per valutare le possibili alternative all’operazione a Rafah, ritenuta un errore dagli Stati Uniti e non solo. Uno dei punti ora da valutare, insieme all’impegno delle parti, sarà proprio l’impatto della risoluzione sull’operazione.

Al momento, procedono intanto le trattative a Doha con Hamas, con la mediazione di Usa, Qatar ed Egitto. E il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, come hanno riferito alcuni media, andrà a Teheran per incontrare i vertici dell’Iran. Infine, resta ancora in agenda, ha confermato il portavoce del Pentagono, Pat Ryder, il colloquio tra il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, e il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant.

Alberto Minazzi

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Tag:  gaza, Onu

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