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Nel mondo delle Challenge: campanelli d’allarme da non trascurare

Nel mondo delle Challenge: campanelli d’allarme da non trascurare

Dalla Blue whale alla Sex Roulette: i giovani a rischio con le challenge

L’ultima sfida, si chiama “Sex Roulette” ed è già finita in un faldone del dipartimento Soggetti Deboli della procura di Brescia, che sta indagando sulla challenge ora aperta tra i giovanissimi.
Consiste nel rischiare tutto, anche una gravidanza, facendo sesso non protetto, magari con sconosciuti.
Perde chi resta incinta e il più delle volte finisce con un aborto.
Sembra fantascienza, eppure, nonostante i casi in Italia per ora si contino sulle dita di una mano, la challenge corre sui gruppi Telegram e Whatsapp, tra genitori ignari delle sfide rivolte ai propri figli e minori che si rendono sempre più protagonisti di fenomeni preoccupanti.

Il mondo delle challenge

Prima c’era stata la challenge, pare arrivata dall’Inghilterra, che incitava i giovani a fermare con qualsiasi scusa i passanti e piccharli, poi c’è stata la “Blue whale”, la challlenge dei 50 giorni per 50 sfide estreme, come l’asfissia temporanea: un “gioco” arrivato dalla Russia che pare all’origine di ben 130 suicidi nel mondo tra i giovanissimi.
Poi, ancora, “La cicatrice francese”, una sorta di autolesionismo collettivo nel procurarsi conseguenze simili a quelle di una colluttazione tramite graffi, pressioni o anche sfregi.

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Infine i selfie estremi dall’alto dei palazzi o sul ciglio dei burroni, la “Fire challenge”, la sfida con il fuoco portata a tal punto da procurarsi delle serie ustioni, quella della rissa generale innescata con una parola d’ordine in un momento qualsiasi, contro un coetaneo qualsiasi, senza una ragione qualsiasi. Ora la Sex Roulette.
Tutti fenomeni sui quali educatori e psicologi stanno lavorando, non solo per capire per quale ragione i giovani si lascino coinvolgere da azioni così insensate spesso dal drammatico fine ma soprattutto per capire come aiutarli.

Le challenge sono un campanello d’allarme

Perché una cosa è chiara: non serve a nulla bollarli in un modo o nell’altro.
Le Challenge sono un campanello d’allarme che ci dice chiaramente che qualcosa non va.
“Di sicuro c’è una ricerca di visibilità che ci dice che c’è un forte malessere tra i giovani, che non sono visti dal mondo degli adulti – dice Ivano Zoppi, educatore della Fondazione Carolina, onlus di Milano -. E’ importante coinvolgere l’intera comunità educante in un percorso che non va a demonizzare la rete ma che accompagni i ragazzi nel digitale. Così come è fondamentale incanalare le energie negative represse che sono esplose soprattutto dopo il lockdown. Bisogna provare a cambiare rotta, facendo comprendere ai ragazzi il valore della loro vita e della loro identità”.

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L’educatore e segretario generale della Fondazione Carolina Ivano Zoppi

La Fondazione Carolina

Le prime segnalazioni relative alla Sex Roulette arrivano proprio dalla Fondazione Carolina di Milano, dove professionisti esperti si dedicano non solo alla prevenzione e al supporto dei giovani spesso vittime di violenza online ma anche alla formazione di genitori e soggetti con responsabilità educativa e molto alla ricerca, in modo tale da anticipare fenomeni online che possono diventare pericolosi.
Alla base del fenomeno challenge, come evidenziato nel report dedicato dal centro studi della Fondazione alla “Cicatrice francese”, sembra esserci la viralità che video di azioni estreme producono.
Non tanto e non solo perché i ragazzi aspirino alla notorietà in se’ ma per una loro ricerca di autoaffermazione e di un’identità che la rete assicura.
Come ciò che ha contraddistinto le azioni delle cosiddette “Baby Gang”: il web “conferma in questo modo i ragazzi della loro esistenza” portandoli ad alzare l’asticella delle sfide e creando emulazioni.

Non chiamiamole Baby Gang

Le stesse baby gang, si legge anche in un rapporto di Transcrime, centro di ricerca interuniversitario sulla criminalità transnazionale delle università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Alma Mater Studiorum di Bologna e dell’università degli Studi di Perugia, in realtà, nella maggior parte dei casi non sono tali perché raggruppano ragazzi “senza una finalità criminale definita”, anche se dei reati alla fine li commettono.

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Agiscono in gruppo, bullizzano i più deboli o rubano.
Soprattutto, riprendono le loro azioni, che in rete diventano virali.
“Quando un tempo si faceva una stupidaggine – rileva l’educatore Zoppi – a coprire le malefatte del gruppo c’era chi faceva da palo. Oggi c’è invece il regista, che documenta tutto veicolandolo poi soprattutto nei canali Telegram”.

La Sex Roulette

Come accaduto anche per i casi di Sex Roulette, che a Milano hanno coinvolto due ragazzine di nemmeno 15 anni.
“È anche questo un fenomeno, sia pur ora contenuto, che esiste e che mostra già le sue drammatiche conseguenze – conferma Zoppi, – In generale, comunque, è preoccupante il mondo delle challenge virtuali di per sé: dobbiamo seriamente chiederci cosa c’è dietro tutto questo. Il bisogno di questi ragazzi di mettersi in pericolo, di sentirsi vivi in questo modo. E il mondo degli adulti che non vede il loro disagio”.
La Fondazione ha attivato da tempo un “Pronto intervento cyber a tutela delle vittime, ma anche per il recupero dei bulli”.

Da sx: Paolo Picchio, papà di Carolina e Ivno Zoppi

La storia di Carolina, prima vittima riconosciuta di cyberbullismo

Carolina Picchio, la giovanissima alla quale è intitolata la Fondazione voluta dal padre, Paolo Picchio, per evitare che altri giovani incorrano nel suo dramma , è stata una vittima della rete.
Aveva appena 14 anni nel 2013 quando, a una festa, persa coscienza perché si era ubriacata, è stata filmata mentre alcuni ragazzi mimavano atti sessuali sul suo corpo.
Il video è stato poi condiviso nel web e Carolina non ha sopportato l’umiliazione derivata da quelle immagini ma, soprattutto, dai commenti e dagli insulti che ne sono seguiti.
Si è suicidata, lasciando a una lettera la sua frustrazione. “E’ tutto qua il vostro bullismo? Spero ne sarete contenti. Le parole fanno più male delle botte”.

Vittime e bulli

Ma la Fondazione voluta dal papà di Carolina perché nessun’altra vittima della rete muoia per un tot di like, aiuta anche i bulli. Perché sono l’altra faccia della medaglia.
Nessuno nasce bullo -dice Ivano Zoppi -. Lo diventa per una serie di vissuti e va aiutato a rendersi conto di quello che ha fatto. C’è una deriva che è pericolosa e bisogna per questo lavorare sull’intero contesto educativo”.
La Fondazione si muove con molte iniziative sui territori.
Una delle ultime è “Genitori in blue jeans”, che ha mosso i primi passi a Venezia raggiungendo poi Assisi, Napoli, Genova e, a settembre, Milano e Roma.

L’incontro a Venezia con l’assessore alle Politiche Educative Laura Besio

“C’è disattenzione e mancanza di informazioni complete sul mondo digitale da parte dei genitori – spiega l’educatore -. Noi incontriamo loro e gli insegnanti insieme ad alcuni referenti di TikTok perché è importante abbiano coscienza del fatto che se l’episodio drammatico resta un episodio, ciò che accade quotidianamente in rete può diventare pericoloso”.

Bikinioff: il bot che ti spoglia

A questo proposito, il più recente fenomeno che può potenzialmente mietere numerose vittime, si chiama Bikinioff .
“In sostanza la dimostrazione di come l’intelligenza artificiale possa essere usata in maniera stupida”, chiosa Zoppi.
Si tratta di un bot utilizzabile su Telegram che spoglia letteralmente le immagini delle persone creando per loro un nudo molto realistico.
Un’applicazione a pagamento, ma con prova gratuita, che a Roma ha già fatto scattare delle denunce e fatto attivare la Garante dell’Infanzia della Regione Lazio.

Consuelo Terrin

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Tag:  challenge, Social

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