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Microplastiche nell’organismo: maggior rischio di infarti e ictus

Microplastiche nell’organismo: maggior rischio di infarti e ictus

Ogni settimana ingeriamo fino a 5 g di plastica: come se mangiassimo una carta di credito ogni sette giorni

È da tempo risaputo che le micro e le nano plastiche (ovvero con particelle dal diametro inferiore rispettivamente a 5 millimetri o a 1 micron) inquinano acque e alimenti come pesce, carne, frutta, verdura, miele, zucchero, sale e birra e, per questa via ma non solo, entrano e si depositano nel nostro organismo.
L’ultimo rapporto Future Brief della Commissione Europea, sul tema, ha quantificato tra 39 mila a 52 mila il numero di particelle inalate o ingerite in media ogni anno da un adulto. Ovvero, fino a 5 grammi di plastica ogni settimana. Come a dire che è come se, ogni 7 giorni, ingerissimo una carta di credito.
Tutto questo si traduce poi in rischi per la nostra salute. E tra questi, come evidenziato da uno studio condotto da ricercatori dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” pubblicato sul New England Journal of Medicine, rientrano ufficialmente anche i problemi cardiaci e il raddoppio del rischio di infarti e ictus.

microplastiche

Le microplastiche nelle placche aterosclerotiche

Per un periodo di poco meno di 3 anni, i ricercatori hanno monitorato 257 pazienti di età superiore ai 65 anni a cui erano state rimosse chirurgicamente placche aterosclerotiche, ovvero i pericolosi depositi di grasso nelle arterie. Le placche sono state quindi analizzate al microscopio elettronico, riscontrando nel 58,4% dei pazienti la presenza di particelle di polietilene e nel 12,5% di particelle di pvc.
Durante il monitoraggio, come spiega il coordinatore dello studio, Giuseppe Paolisso, è emerso quindi che, nei pazienti le cui placche contenevano microplastiche, era doppio il rischio di infarti, ictus e mortalità per tutte le cause, indipendentemente da altri fattori di rischio cardio-cerebrovascolari (età, sesso, fumo, colesterolo, pressione, glicemia, indice di massa corporea o precedenti eventi cardiovascolari).
Una possibile spiegazione di questo è stata individuata nel significativo incremento locale dei marcatori dell’infiammazione: effetto pro-infiammatorio che è stato teorizzato, pur senza ancor individuare un rapporto di causa-effetto, possa essere la causa del maggior rischio cardiovascolare legato all’instabilità delle placche e all’aumentato rischio di loro rottura, con la conseguente formazione di trombi che poi portano all’infarto o all’ictus.

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Le conseguenze della presenza di plastiche nell’organismo

Lo studio ha dunque dimostrato per la prima volta anche nell’uomo la correlazione tra la presenza di micro e nano plastiche e l’aumento del rischio cardiovascolare, confermando quanto già emerso in vitro e nei dati raccolti su animali relativamente alla possibilità di un aumento dello stress ossidativo, dell’infiammazione nelle cellule dell’endotelio che ricopre i vasi sanguigni, dell’alterazione del ritmo cardiaco e dello sviluppo di fibrosi e anomalie della funzionalità del cuore.
La capacità delle particelle plastiche, siano esse di dimensioni più piccole o in alcuni casi anche maggiori, di raggiungere organi e tessuti umani era già stata comprovata per esempio, oltre che riguardo ai tessuti cardiaci, anche per la placenta, il latte materno, le urine, il fegato e i polmoni.
Uno studio dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr ha dimostrato in via sperimentale anche l’alterazione del metabolismo, l’aumento dello stress ossidativo e la possibile capacità di indurre tumore al colon.

Micro e nano plastiche, materiali diffusissimi

I ricercatori dell’Università della Campania non si sono invece soffermati sull’origine delle plastiche trovate all’interno delle placche aterosclerotiche.
Si tratta, del resto, di composti plastici tra i più utilizzati al mondo.
Il polietilene, impiegato per usi svariati, dai contenitori, ai rivestimenti, all’oggettistica, da solo costituisce il 40% della produzione mondiale di plastica.
Il pvc è ancor più versatile e impiegato dalle pellicole plastificate ai materiali per l’edilizia, dai tubi ai dischi in vinile.
E se i prodotti ortofrutticoli in cui si riscontrano le maggiori quantità di micro e nano plastiche sono mele e carote, sono stati svolti diversi studi sulla presenza nelle acque potabili, riscontrandone la presenza sia in quelle di rubinetto (uno studio del 2018 ha trovato microparticelle nell’81% dei campioni provenienti da 159 fonti), che in bottiglia (sempre nel 2018 sono risultate presenti nel 93% dei campioni di 259 bottiglie).

Alberto Minazzi

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Tag:  cuore, plastica

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