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Lavoro: il primo ddl su stipendi "equi e giusti"

Lavoro: il primo ddl su stipendi "equi e giusti"

Decaduta la proposta delle opposizioni, la Camera affida al Governo due deleghe sulla materia. Le indicazioni del primo ddl

L’idea di prevedere anche in Italia, per le retribuzioni, una soglia sotto la quale non si può scendere, pari a 9 euro lordi l’ora, è al momento definitivamente tramontata.
Per garantire i lavoratori si punta ora sulla massima estensione dell’applicazione della contrattazione collettiva.
Il tema dell’introduzione del cosiddetto salario minimo è stato infatti cancellato a maggioranza dalla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, che ha accolto l’emendamento in tal senso presentato dai partiti che sostengono l’Esecutivo, facendo in tal modo decadere la proposta presentata dalle opposizioni.
Nel contempo, sono state affidate al Governo due deleghe, da esercitare entro 6 mesi, per la presentazione di nuove regole che garantiscano, innanzitutto, “l’attuazione del diritto di ogni lavoratore e lavoratrice a una retribuzione proporzionata e sufficiente, come sancito dall’articolo 36 della Costituzione”.
Il 5 dicembre, nel frattempo, nell’aula di Montecitorio approderà un primo disegno di legge, il cui testo è stato approvato in Commissione Lavoro dalle forze di maggioranza, per ampliare l’ambito coperto dai contratti collettivi.

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Le novità del primo ddl sugli stipendi equi

Nel disegno di legge, a quanto emerge, è previsto l’obbligo di non scendere sotto i trattamenti economici minimi previsti nei contratti collettivi anche per le società appaltatrici e subappaltatrici, prevedendo a tal fine un rafforzamento delle misure di verifica e controllo messe in atto dalle stazioni appaltanti.
Un’altra importante novità in arrivo riguarda l’adozione di meccanismi, basati su modelli disciplinati dalla legge, di partecipazione alla gestione e agli utili di impresa da parte dei lavoratori.
Vi sono quindi strumenti finalizzati a incentivare il rinnovo dei contratti scaduti o rinnovati con un significativo ritardo, da cui deriva un impoverimento degli stipendi.
In tal senso, verranno riconosciuti incentivi per bilanciare la perdita di potere d’acquisto.
E il Ministero del Lavoro interverrà con misure per garantire i trattamenti economici minimi quando il contratto non sarà rinnovato nei termini o nei settori in cui manca una contrattazione di riferimento.
Il testo intende dare poi risposte ai lavoratori in difficoltà anche attraverso il potenziamento dei contratti di secondo livello, fissando tra gli obiettivi l’incentivazione della contrattazione decentrata. In tal modo, ritengono i firmatari del disegno di legge, sarà possibile far fronte “alle diversificate necessità derivanti dall’incremento del costo della vita e correlate alle differenze dei costi su base territoriale”.

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La seconda delega e il nuovo criterio discriminante

Nei prossimi 6 mesi, il Governo sarà chiamato a emanare i decreti legislativi che serviranno a “perfezionare la disciplina dei controlli e sviluppare un’informazione pubblica e trasparente in materia di stipendi dei lavoratori e contrattazione collettiva”.
In altri termini, verranno adottati strumenti per rendere “effettiva, certa ed efficace” la conoscenza dell’applicazione dei contratti collettivi e dei trattamenti retributivi concretamente riconosciuti ai lavoratori.
In concreto, il principio-base è quello di estendere per legge a tutti i lavoratori appartenenti alla stessa categoria, compresi quelli non raggiunti dalla contrattazione collettiva (che verrebbero ricompresi nell’applicazione attraverso il concetto di “categoria più affine”), il trattamento economico complessivo minimo previsto nel contratto collettivo più applicato nello specifico settore di competenza. La contrattazione collettiva sarebbe dunque utilizzata come strumento per contrastare il lavoro povero.
Il riferimento esplicito al numero di imprese e dipendenti che applicano il contratto determinerebbe inoltre un importante cambiamento della tradizionale impostazione, che privilegia i contratti firmati dai sindacati “comparativamente più rappresentativi”.
Sarebbe cioè la effettiva diffusione dell’organizzazione sindacale nella categoria, e non la sua dimensione generale assoluta, il criterio discriminante.

Ispezioni e controlli

L’efficacia del contrasto al lavoro nero o irregolare, alle evasioni contributive e assicurative e all’applicazione di contratti collettivi non rappresentativi che danneggino i diritti dei lavoratori e degli enti previdenziali passerà infine, oltre che per le azioni materiali, attraverso il perfezionamento da parte del Governo delle disposizioni in materia di ispezioni e controlli, “prevedendo anche il ricorso a strumenti tecnologici evoluti e l’implementazione di banche date condivise”.

Alberto Minazzi

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