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La ricerca scopre 42 geni associati alla dislessia

La ricerca scopre 42 geni associati alla dislessia

Il più grande studio mai effettuato sull’intero genoma apre alla possibile previsione e correzione del disturbo

È un fenomeno in crescita, ma questo non va letto come un dato negativo. Perché se le certificazioni di dislessia, il più comune disturbo specifico dell’apprendimento (DSA), nell’anno scolastico 2018/19 (l’ultimo per cui sono disponibili dati ufficiali) riguardano 187.693 alunni, il 3% del totale, ciò non significa necessariamente che il fenomeno si stia sempre più diffondendo.
Al contrario, come sottolinea Invalsi commentando le cifre del Ministero, può essere un segnale importante di una maggiore attenzione nell’individuare tempestivamente i problemi che possono creare difficoltà a scuola. E, in tal senso, dare un aiuto a chi ha queste tipologie di disturbi.
Così come, adesso, un’ulteriore possibile passo avanti verso un ampliamento delle possibilità diagnostiche per un’individuazione sempre più precoce dei bambini a rischio e conseguente possibilità di correzione, arriva dalla scienza.
Una ricerca dell’Università di Edimburgo, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Genetics, ha individuato infatti 42 geni associati alla dislessia.

dislessia

Lo studio

Circa 1 bambino su 10, premette lo studio, è affetto da dislessia. E studi familiari suggeriscono un’ereditabilità fino al 70%, ma finora erano stati trovati pochi marcatori genetici convincenti. Questo anche perché le precedenti indagini si erano limitati a contesti familiari o comunque avevano analizzato studi di associazione su campioni di popolazione ridotti.
Il lavoro appena pubblicato ha invece preso in considerazione l’intero genoma di 51.800 persone che hanno dichiarato una diagnosi di dislessia e un gruppo di controllo di 1.087.070 soggetti senza tale diagnosi. Sono stati così identificati tra i dislessici 42 “loci”: 15 nei geni legati all’abilità cognitiva e 27 nuovi e potenzialmente più specifici per dislessia.
Tra i risultati emersi, una architettura genetica della dislessia simile tra maschi e femmine, una prevalenza maggiore nei soggetti più giovani (pari al 5,34% tra 20 e 30 anni) e una certa sovrapposizione con l’ambidestrismo. Va comunque detto che le basi genetiche finora identificate possono spiegare al massimo metà dell’ereditarietà del disturbo, per cui si dovrà proseguire negli studi per poter utilizzare la genetica per lo screening.

I disturbi specifici dell’apprendimento in Italia

I DSA (dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia) sono ufficialmente riconosciuti in Italia dal 2010 e, nell’anno scolastico 2018/19, hanno riguardato 298.114 studenti (il 4,9%) dalla scuola primaria alla secondaria di secondo grado. Nel 2010/11, la quota era pari allo 0,9%. I disturbi non sono diagnosticabili e certificabili prima della terza classe della primaria.

Per le età inferiori, si parla di “alunni a rischio DSA”. Questi, nel 2018/19 erano 5.742: 3.975 (lo 0,38% dei frequentanti) nei primi 2 anni della primaria e 1.767 (0,12%) nella scuola dell’infanzia. Rispetto alla media nazionale dello 0,23%, i livelli più alti si registrano al centro (0,35%) e i più bassi a nord-est (0,16%).
Uno studio relativo al 2020 di Anvur e Cnudd ha invece quantificato in 16.084 gli studenti universitari con DSA.

Sempre invece con riferimento al 2018/19, la quota di alunni con DSA certificata è più alta a nord-ovest (7,3%), con il record della Liguria (7,7%) e la più bassa al sud (2,4%), in particolare in Calabria (1,3%). I disturbi di dislessia, pari al 39,6% del totale, sono i più diagnosticati, seguiti da disortografia (21,5%), discalculia (20,3%) e disgrafia (18,6%).

Alberto Minazzi

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