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Il successo (tutto veneziano) di un'idea: la Crash baggage, la valigia già ammaccata

Il successo (tutto veneziano) di un'idea: la Crash baggage, la valigia già ammaccata

Una valigia già ammaccata, vissuta, pronta per un viaggio dopo l’altro. Un’idea semplice e per questo vincente. In pochi anni la Crash baggage ha conquistato tutto il mondo. E il suo successo è tutto Made in Venice: «L’idea è nata un giorno durante un viaggio di lavoro in Cina. Avevo poco più di vent’anni. Ero in una fabbrica che produce valigie. Ne ho presa una, ho scaldato la plastica della struttura esterna con un phon da carrozziere così da renderla morbida e ho iniziato ad ammaccarla con le mani, immaginando di ricalcare le botte che inevitabilmente avrebbe preso una volta partita per il mondo. Il risultato è stato un oggetto che parlava da solo: il suo messaggio mi ha convinto e ho deciso di provarci». Un’avventura che nasce da un’intuizione, quella di Francesco Pavia. Nella sua mente di ragazzo sveglio e pieno di voglia di fare, all’improvviso un guizzo: inizia così la storia del marchio di valigie inventato dal giovane imprenditore di Mira, “Crash baggage”. Valigie già ammaccate, «così chi viaggia può farlo senza pensieri».

“HANDLE WITHOUT CARE”

«Non ne ho mai comprata una in vita mia» rivela sorridendo Francesco, 28 anni. «Mio padre lavorava nel settore delle valigie e sono cresciuto in una casa in cui di certo non sono mai mancate. Non andavo molto forte a scuola. Capito l’andazzo, quando avevo 17 anni – va avanti nel suo racconto – mio padre mi ha portato con lui in Cina a conoscere da vicino la vita nelle fabbriche. Ci sono tornato altre volte, anche da solo, affascinato da quel mondo dietro le quinte, incuriosito dalle varie fasi della produzione. E sono andato in America, dove ho iniziato a frequentare le fiere di valigie. Ho pensato che avrei potuto farne un lavoro, così ho cominciato a collaborare con alcune aziende fino a quando non ho sentito il desiderio di un marchio tutto mio».

«L’idea della valigia “vissuta” mi è venuta quasi per caso – rivela Francesco, oggi a capo di un’azienda che fa base nel Veneziano e che produce valigie vendute ad ogni latitudine – riflettendo sul fatto che spesso succede  che si rovini in fretta e che la gente ci rimanga male. Mi sono detto: “Acquistandone una già rovinata, chi viaggia potrà farlo preoccupandosi soltanto del panorama. Senza badare a quello che succede fuori dal pezzo di mondo stipato dentro la sua valigia”. Sarebbe stato un po’ come riportare il sorriso a chi prima si arrabbiava, regalare leggerezza. “Maneggiala senza cura”: il messaggio era forte e chiaro, doveva solo diffondersi».

«Definita l’identità del prodotto e realizzati alcuni modelli, ho presentato la mia valigia per la prima volta al Pitti di Firenze nel gennaio del 2013. Di fiera in fiera mi sono fatto conoscere – prosegue Francesco – e le cose hanno iniziato a girare, il mercato si è aperto anche in Asia, in Cina, in Giappone, in Corea, in America. E sono arrivate anche le soddisfazioni: è bello vedere che la mia valigia, che tanto parla di me e della mia filosofia di vita, rispecchia anche il carattere di migliaia di persone, perlopiù lontane e sconosciute. Ed è bellissimo quando a comprarla sono i miei idoli. Tipo John Keeble, il batterista della band inglese Spandau Ballet: prima di un’esposizione a Padova avevamo chiesto ai clienti che avevano comprato la nostra valigia di inviarci una fotografia della loro compagna di viaggio, lui è stato tra i primi a rispondere».

«Se fai tutto bene, puntando alla qualità, poi i soldi arrivano. In questi anni l’unico mio cruccio è stato migliorare e crescere. E punto a crescere ancora. A muovermi – conclude Francesco – è la passione. È la passione a spostare ogni volta un po’ più in là i miei obiettivi e a tenermi sveglio la notte pensando a come potere fare qualcosa di bello l’indomani».