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Il tricolore... prima del tricolore

Il tricolore... prima del tricolore
Il quadro con il Tricolore esposto nella Sala Consigliare di Dolo

Pantone tessile 17-6153. 11-0601 e 18-1662. Oppure, se preferite, “Fern Green”, “Bright White” e “Scarlet Red”.
Meglio, molto meglio, parlare semplicemente di “Tricolore”. Ovvero quella bandiera italiana che festeggia oggi 224 anni.
Anche se, a onor del vero, ancor prima dell’approvazione ufficiale del 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia il vessillo bianco, rosso e verde può contare su alcuni predecessori.
Uno dei più antichi è stato realizzato ed è conservato proprio nel territorio veneziano metropolitano. Esattamente a Dolo.

Il tricolore di Dolo

Il quadro che riproduce l’antenato del Tricolore è esposto nella Sala Consigliare di Dolo. Come ricorda Enrico Moro nel suo libro “Cronaca della Riviera del Brenta.Dal 1800 alla Prima Guerra Mondiale”, è stato ritrovato grazie ad Antonio Draghi, noto storico di Vigonovo. A richiamare l’attuale bandiera italiana sono i colori, anche se le differenze sono evidenti.

Innanzitutto le bande sono orizzontali e non verticali. E, soprattutto, sulla bandiera campeggia il Leone alato della Serenissima Repubblica di Venezia. Un tentativo, quello di inserire il Leone sul Tricolore, che fu ripetuto successivamente anche da Daniele Manin per la bandiera della Repubblica di San Marco.

La “gloriosa insegna sulla civica bandiera del 1848” (come viene definita nel 1885 da G. Scorzon all’interno dello stesso quadro) fu ricamata dalle signore di Dolo. E poi, dopo averla gelosamente custodita, fu donata dalla famiglia Rodomonte al Comune dolese.

Il “mistero” del Tricolore

La bandiera italiana nasce come bandiera militare. La proposta del bianco, rosso e verde risale al 1796 e, come ricordato, il decreto di adozione come bandiera nazionale fu approvato dal Parlamento della Repubblica Cispadana nella seduta del 7 gennaio 1797. Che l’ispirazione sia la bandiera francese del 1790 è ormai acclarato. Su cosa rappresentino i tre colori, invece, la discussione è aperta.

Sono i colori che adottarono prima la Legione Lombarda nei suoi vessilli regimentali e poi la Legione Italiana nei propri stendardi.
Berchet collega il verde alla speranza, il rosso alla gioia, il bianco alla fede. Dall’Ongaro vede nel bianco le Alpi, nel rosso “i due vulcani” e nel verde l’erba della Pianura padana. Carducci, poi, fa sintesi delle due teorie, parlando prima de “le nevi delle alpi, l’aprile delle valli, le fiamme dei vulcani” e poi “modificando” la teoria di Berchet solo nella sostituzione dell’idea abbinata al rosso. Insieme alla fede e alla speranza, il nostro tricolore racchiuderebbe “la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi”.

Molto più prosaica, infine, la tesi che si sia operata semplicemente una sostituzione del blu della bandiera transalpina con il verde.

C’è bandiera e bandiera

Il 7 gennaio, in ogni caso, è ormai ufficialmente la “Giornata nazionale della bandiera”. Che non è rimasta immutabile nel tempo. Proprio come il vessillo di Dolo, il tricolore fu orizzontale, riportò al centro lo stemma della Repubblica e poi lo scudo dei Savoia. Adottato in questa versione il 14 marzo 1861 dal Regno d’Italia restò immutato fino alla Repubblica. E all’articolo 12 della Costituzione: “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”. Con il verde disposto vicino all’asta o in posizione superiore (se la bandiera è esposta in posizione verticale).

L’idea di una definizione tecnica e incontrovertibile (quella che abbiamo citato in apertura dell’articolo) è invece molto più recente. Risale al 2002, in sede di Consiglio europeo, per iniziativa di un eurodeputato italiano. I “codici pantone” ufficiali sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale nel 2006. Ma c’era stata una prima definizione, tra 2002 e 2003: “Verde prato brillante”, “Bianco latte” e “Rosso pomodoro”.

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