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Coronavirus: il Veneto a caccia di varianti

Coronavirus: il Veneto a caccia di varianti

In Veneto si è aperta la caccia.
Delle positività, delle varianti, delle persone fragili che ancora non hanno fatto il vaccino e che saranno contattate per farlo.
“E’ il momento ideale per questo tipo di attività – ha spiegato la dott.ssa Francesca Russo, direttore del Dipartimento di prevenzione regionale-  Siamo in una fase di bassa circolazione e in condizione favorevole per individuare positivi e varianti con il contact tracing e la sequenziazione del virus. Dobbiamo fare di tutto per evitare di andare incontro a una malattia che generi ancora morti. La sanità pubblica deve perseguire questo obiettivo”.
E’ per questo motivo che la regione Veneto ha approntato un nuovo piano sanitario.
“E’ mutuato dall’esperienza scientifica internazionale – ha annunciato il presidente Zaia – E’ innovativo, ma soprattutto fondato su una larga visione strategica”.

Varianti: i laboratori di sequenziazione

La prima fase del piano è già stata attivata con l’allestimento di laboratori di sequenziazione in tutto  il territorio veneto. Sono già operativi a Padova,  Venezia, Vicenza e Treviso.
Ma sono tutte le microbiologie territoriali che stanno procedendo ad affinare le loro attività, perché diventeranno indispensabili.
La seconda fase prevede invece una nuova metodologia “allargata” da mettere in atto ogni qualvolta si riscontri una positività.
Al momento non si è riscontrata in Veneto alcuna presente della nuova variante Epsilon. Però ci sono 27 casi Delta, alcuni Gamma (la nigeriana) e altri Alfa (inglese).
Un primo dato positivo riguarda la Delta, che è certo molto più contagiosa delle altre ma che registra, non solo riguardo i pochi casi veneti ma anche europei, un’ospedalizzazione molto bassa.

coronavirus variante delta

Il piano: la fase due per stanare le varianti

“Resta per la sua contagiosità una variante di preoccupazione e il nostro obiettivo è quello di trovarla e circoscriverla il più possibile – ha rilevato la dott.ssa Russo – Questo sarà fatto aumentando i test, effettuando un contact tracing allargato e con la vaccinazione. Ma vogliamo aggiungere qualcosa in più alla protezione ed è per questo che il contact tracing riguarderà non solo le frequentazioni dei positivi ma l’intero ambito geografico al quale appartengono”.
In sostanza, nel caso in cui un test segnali una positività, non solo saranno effettuati i test sui contatti diretti che la persona positiva ha avuto ma anche su coloro che frequentano gli stessi luoghi: il condominio, l’azienda in cui questa persona lavora, lo stesso distretto o addirittura lo stesso comune.

Obiettivo aree geograficamente protette

Al termine della quarantena, quindi dopo i dieci giorni di isolamento, alle persone coinvolte sarà offerta la vaccinazione, in modo tale da creare un’area geograficamente protetta. Verde.
“L’area di protezione vaccinale potrà essere creata anche direttamente sul posto – ha spiegato Francesca Russo – O si chiederà alle aziende di anticipare la vaccinazione alle persone che si trovano negli ambiti ristretti in cui c’è la variante Delta”.
Il nuovo piano viene messo in atto infatti in relazione a questa variante e sarà la stessa azienda sanitaria a mettersi in contatto con le persone interessate o a informare il comune del percorso che sarà intrapreso.

tamponi rapidi
tamponi rapidi

Le chiamate attive

Il piano, più in generale, prevede anche la chiamata attiva per gli ultra 60 enni e per i soggetti vulnerabili che ancora non sono stati vaccinati.
Infine, introduce una novità per i soggetti vulnerabili che hanno avuto la malattia.
Per loro ora è prevista una sola dose di vaccino mentre il piano ne prescrive due.
“Un ciclo completo – ribadisce Russo – perché assicura una maggior protezione nel caso di contatto con un virus che presenti varianti. Nessun farmaco, neppure il vaccino  può garantire una protezione del 100% – ha concluso Russo –. Ma  tra i 27 casi Delta del nostro territorio solo uno fa capo a una persona vaccinata”.

 

 

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