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Censis: Italia, un quadro a tinte fosche

Censis: Italia, un quadro a tinte fosche

Il 56° Rapporto Censis disegna un Paese in crisi e malinconico, tra difficoltà economiche e timori “post-populisti”

L’Italia è entrata “nel ciclo del post-populismo”, non cresce e vive “in uno stato di latenza”. Con queste definizioni, il Censis disegna, non senza fondate preoccupazioni, sia proiettate al futuro che già al presente, il ritratto degli italiani che emerge dal suo 56° Rapporto sulla situazione sociale del Paese.
Un quadro a tinte fosche in cui sono molteplici i motivi di sconforto di un popolo ormai in preda alla malinconia e quasi alla rassegnazione dopo il susseguirsi di eventi globali negativi, dal Covid alla guerra in Ucraina, con le relative conseguenze, che vanno ad aggiungersi ai malesseri di lungo termine.
I timori di natura economica si accompagnano infatti a quelli legati al rischio dell’esplosione di un terzo conflitto mondiale, alle riflessioni sul futuro della sanità e della scuola, alle considerazioni sull’equità e alla disillusione nei confronti della politica.

I timori economici

La crescita dell’inflazione e la crisi energetica sono sono gli ultimi problemi che si sta trovando ad affrontare un popolo che, dal rapporto, lascia trasparire “una rinnovata domanda di prospettive certe di benessere, accompagnata da “istanze di equità non più liquidabili come aspettative irrealistiche fomentate da qualche leader politico demagogico”.

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Ben il 92,7% degli italiani, del resto, è certo che i prezzi sono destinati a crescere ancora a lungo e il 69,3% (il 79,3% per chi percepisce redditi bassi) è convinto che il proprio tenore di vita sia destinato a peggiorare. Tanto più che il 76,4% si attende che le entrate economiche della propria famiglia nel 2023 non cresceranno.
Intanto, il 64,4% degli italiani sta già attingendo ai risparmi per fronteggiare i rincari, che sono stati pari al +6,7% nel primo semestre 2022 rapportato all’indice armonizzato dei prezzi al consumo dello stesso periodo del 2021 (quando però le retribuzioni dei dipendenti a tempo pieno sono aumentate di appena lo 0,7%).

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Ma il peso dell’inflazione, per la diversa composizione del carrello della spesa, con una quota percentuale maggiore di consumi di beni alimentari (che fanno registrare punte di aumento vicine all’11%), è stato percepito molto di più (+9,8% rispetto al +6,1%) dalle famiglie meno abbienti.
Non a caso, gli individui a rischio di povertà o esclusione sociale sono il 25,4% della popolazione, con 1,9 milioni di famiglie (il 7,5% del totale) già nel 2021 in condizione di povertà assoluta.

Le ricadute sociali

In una situazione come questa, le disparità possono potenzialmente tradursi anche in tensione sociale.
Non a caso, i maggiori salari percepiti dai manager, le buonuscite milionarie e i guadagni ritenuti immeritati degli influencer vengono visti negativamente rispettivamente dall’87,8%, l’86,6% e l’81,5% del campione.
Un freno, in tal senso, è legato a un’altra considerazione negativa: la tentazione alla “passività”, manifestata dal 54,1% degli italiani. All’insegna di una filosofia, analizza il rapporto, molto semplice: “lasciatemi vivere in pace nei miei attuali confini soggettivi”. Anche perché 4 su 5 “non hanno voglia di fare sacrifici per cambiare”.

Nello specifico, l’83,2% non vuole più sacrificarsi per seguire gli influencer; l’81,5% per vestire alla moda; il 70,5% per acquistare prodotti di prestigio. Circa il 60% non intende fare sacrifici nemmeno per sentirsi più giovane e attraente. E soprattutto più di 1 su 3 (esattamente il 36,4%) non è disposto a sacrificarsi sul lavoro con l’obiettivo di fare carriera o guadagnare di più.

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Le altre paure degli Italiani

Ma, a fare paura, sono anche gli eventi internazionali, con il 66,5% degli italiani che si sente insicuro.
Il 61,1% teme che si arrivi alla terza guerra mondiale, il 59% la bomba atomica, il 57,7% l’ingresso dell’Italia in guerra.
La guerra, con il 46,2% supera anche il timore della crisi economica (45%).
Più della metà degli italiani ha invece paura di essere vittima di reati.

Tra gli altri rischi globali rimangono anche i virus e le minacce biologiche (indicati dal 37,7% del campione), con più di un quarto (26,6%) che guarda ai temi energetici e di approvvigionamento delle materie prime.
Poco sotto (24,5%) le catastrofi legate ad eventi atmosferici estremi, mentre solo il 9,4% ha paura degli attacchi informatici. Un tema marcatamente italiano è quello dell’invecchiamento, con il 23,8% della popolazione che supera i 65 anni, con un incremento del +60% rispetto a 30 anni fa.
Un dato da cui, in prospettiva, rischiano di derivare pesanti conseguenze in termini di personale sanitario e del mondo della scuola (riguardo al quale il rapporto cita i non invidiabili numeri da primato per i giovani Neet, che non studiano né lavorano: il 23,1% di chi ha tra 15 e 29 anni).

Alberto Minazzi

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