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Campi Flegrei: la terra trema, pericolo eruzione?

Campi Flegrei: la terra trema, pericolo eruzione?

Lo studio: la crosta della caldera si solleva e si indebolisce. L’Ingv fa il punto della situazione dopo 11 anni di allerta gialla

L’ultima eruzione dei Campi Flegrei risale addirittura al 1538, dopo un intervallo di circa 3000 anni. Ma, ricordano gli esperti, il supervulcano è irrequieto dal 1950, tant’è che sono già stati stabiliti piani di evacuazione e di emergenza per i circa 350 mila residenti nell’area rossa.
“Gli intervalli precedenti sono stati brevi come decenni o secoli, quindi un ritorno all’eruzione dopo quasi 500 anni è una possibilità realistica”, si sottolinea nello studio dei ricercatori dell’University College di Londra e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia appena pubblicato su Nature.
“La premessa doverosa – commenta Stefano Carlino, dell’Osservatorio vesuviano dell’Ingv – è che siamo su un vulcano attivo, che mostra segni di attività. Ma questo non significa necessariamente che un’eruzione si verificherà in tempi brevi. Anzi, in questo momento non si evidenziano segnali di un’attività magmatica con fenomeni nel breve termine e le previsioni a lungo termine non sono possibili”.
I residenti nella zona, dunque, non devono essere particolarmente preoccupati dal susseguirsi dei terremoti degli ultimi giorni.

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Stefano Carlino (ricercatore INGV)

I Campi flegrei e i terremoti

Limitandosi agli eventi principali degli ultimi giorni, la terra ha tremato mercoledì 14 giugno (con magnitudo di durata 2.1), giovedì 15 (Md 2.9), venerdì 16 (2.3) e domenica 18 (2.4). “La gente – riprende il ricercatore dell’Ingv – si preoccupa molto, anche perché spesso i terremoti flegrei sono accompagnati da boati che aumentano la percezione del pericolo. Ma possono stare tranquilli, perché non c’è correlazione tra i sismi e una possibile eruzione. Come sembra sia avvenuto anche in passato – prosegue – questa situazione di lento sollevamento della crosta accompagnato da terremoti può continuare per anni. Ci si dovrà abituare a una sismicità persistente per lungo tempo. Poi bisognerà capire quale strada potrà prendere la situazione: è molto più probabile che, in futuro, i Campi Flegrei eruttino piuttosto che non lo facciano. La cosa più complicata è capire quando lo faranno”.

Lo studio e la fratturazione della crosta

I risultati dello studio pubblicato da Nature, a cui ha partecipato anche Carlino, hanno evidenziato come, attraverso il susseguirsi degli episodi di sollevamento degli ultimi decenni, si sia verificata una fratturazione progressiva della crosta della caldera dei Campi Flegrei, che si è indebolita. “Il nostro lavoro – spiega – è definire la risposta delle rocce alle sollecitazioni provenienti da sorgenti di pressione, per capire come la crosta si stia via via fratturando e cambiando il comportamento. Senza dimenticare che la fratturazione è un elemento necessario, ma non sufficiente, per un’eruzione”.

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De Nittis Eruzione del Vesuvio

La fase che sta attraversando la crosta della caldera flegrea è di passaggio da una fase “elastica” a una “inelastica”. Nonostante il livello del suolo raggiunto oggi sia superiore di oltre 10 cm a quello raggiunto durante la crisi bradisismica del 1984, la deformazione inelastica sta avvenendo con un livello di sforzo inferiore rispetto a 40 anni fa.
“Il sollevamento del suolo fino a 2 metri registrato nel 1984 – ricorda il ricercatore Ingv – fu legato a un’intrusione di magma con emissione di magma. Fu probabilmente un’eruzione abortita a causa della troppa viscosità del magma, raffreddatosi al punto di non avere la forza di fuoriuscire dal sottosuolo”.
Per questo, uno dei parametri ora monitorati riguarda proprio il magma, per il quale si cerca di scoprire in quale quantità e con che grado di viscosità sia coinvolto.
Gli unici rischi legati all’osservazione dell’attuale scenario, precisa Carlino, si legano al fatto che “l’indebolimento della crosta può consentire una più facile risalita dal sottosuolo, con precursori diversi o meno intensi rispetto alle attese. In ogni caso, va rimarcato anche che, nell’approssimarsi a un’eruzione, i parametri osservati fanno registrare variazioni consistenti. Normalmente è quindi possibile prevedere le eruzioni con qualche giorno d’anticipo rispetto alla situazione critica”.

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La caldera dei Campi Flegrei

Una sequenza di rottura, ricorda lo studio, si è sviluppata attraverso 4 episodi di sollevamento del suolo nella caldera dei Campi Flegrei (nel 1950-1952, 1969-1972, 1982-1984 e dal 2004), con in due casi la necessità di evacuazione di circa 40 mila persone.
Con un diametro di circa 12-15 km, quella dei Campi Flegrei, è la più grande caldera attiva in Europa.
Si estende a ovest dalla periferia di Napoli fino al Mar Tirreno, con circa un terzo parzialmente sommerso sotto la Baia di Pozzuoli. Il punto della situazione dopo 11 anni di livello di allerta giallo è stato fatto lo scorso 16 giugno in workshop organizzato dall’Ingv.
“Abbiamo promosso e condiviso questa iniziativa – ha dichiarato Titti Postiglione, vice-Capo Dipartimento della Protezione Civile – perché sappiamo quanto sia strategico per il Servizio nazionale della protezione civile il contributo della comunità scientifica. In aree complesse, come quella dei Campi Flegrei, questa sinergia è fondamentale”.

Alberto Minazzi

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Tag:  vulcani

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