Ambiente +

Campi Flegrei: la “colpa” è di un cilindro di roccia?

Campi Flegrei: la “colpa” è di un cilindro di roccia?

La tesi che il sollevamento del suolo si leghi a una sorgente deformativa sotterranea è sostenuta in uno studio di Università di Bologna e Ingv

Non sarebbe una risalita di magma (il cui movimento non può essere escluso, ma avrebbe solo un ruolo secondario), bensì la dilatazione di un cilindro di roccia sotterraneo la principale causa del sollevamento del suolo e della prolungata serie di terremoti che sta interessando i Campi Flegrei.
È la tesi sostenuta nello studio “Gli effetti del flusso di fluido caldo e pressurizzato attraverso uno strato fragile sulla recente sismicità e deformazione nella caldera dei Campi Flegrei”, realizzato da un team di studiosi del Dipartimento di Fisica e astronomia dell’Università di Bologna e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
I risultati delle ricerche, pubblicati dal “Journal of volcanology and geothermal research”, individuerebbero cioè l’origine della situazione in atto nella stessa sorgente deformativa che provocò la crisi bradisismica di inizio anni ’80, con circa 10 mila terremoti, un sollevamento del suolo di 180 cm in 2 anni e la parziale evacuazione di Pozzuoli.

Il cilindro di roccia sotto i Campi Flegrei

Sotto la caldera dei Campi Flegrei, a circa 2 km di profondità, è presente un cilindro di roccia del diametro di circa 5 km per un’altezza di 500 metri.
Muovendosi all’interno delle rocce del sistema idrotermale, i fluidi caldi e ad alta pressurizzazione esalati da una camera magmatica profonda starebbero determinando, attraverso quelle che tecnicamente vengono chiamate inclusioni termo-poro-elastiche, la dilatazione del volume roccioso e la deformazione dello spazio circostante.

“La presenza di questa sorgente deformativa – sottolinea Massimo Nespoli, il ricercatore dell’Università di Bologna primo autore dello studio – era stata evidenziata in passato da studi di tomografia sismica. Un’ulteriore conferma arriva ora dall’osservazione di una brusca variazione del rapporto tra il numero di terremoti con magnitudo piccola e il numero di terremoti con magnitudo alta”.

“Il basso valore di questo parametro all’interno della sorgente deformativa – prosegue Nespoli – è infatti coerente con il fatto che i terremoti con maggior magnitudo siano principalmente favoriti e indotti all’interno e nelle vicinanze dalla stessa sorgente di deformazione responsabile del sollevamento del suolo”. “La maggior parte della recente sismicità dei Campi Flegrei – ricorda infatti lo studio – si verifica al di sopra dei 2 km, dove la presenza del sistema idrotermale probabilmente lubrifica le faglie e le fratture dense nell’area e innesca numerose eventi di piccola magnitudo”.

I Campi Flegrei oggi e 40 anni fa

Questa sorgente di deformazione, ricorda il ricercatore, era già nota per aver contribuito al sollevamento del suolo che si è verificato nell’area dei Campi Flegrei tra il 1982 e il 1984. E proprio dal confronto con la precedente crisi sono partiti gli studi per le indagini sulle cause della fase in corso, per provare a verificare l’ipotesi che la fonte dei disordini possa essere la stessa, pur con un tasso di sollevamento molto più basso.

 

“I risultati della nostra indagine – spiega Nespoli – mostrano come le serie temporali di sollevamento del suolo osservate negli ultimi 18 anni possano essere riprodotte assumendo la riattivazione di quella stessa sorgente deformativa”, che è localizzata all’interno di uno strato fragile. “Attraverso la modellazione fisica – conclude – si spiega efficacemente sia il tasso di sollevamento che l’andamento della sismicità, senza il bisogno di invocare la risalita di magma negli strati superficiali della caldera dei Campi Flegrei”.

“La differenza tra i disordini dell’82/84 e quelli attuali, dal 2005 a oggi – riporta lo studio – potrebbe essere spiegata dalla diversa velocità del fronte termico in aumento all’interno dell’inclusione. Nella fase attuale, il sollevamento sta aumentando con un tasso molto più basso: tra 1 e 2 cm l’anno fino al 2012, tra 6 e 7 cm l’anno nel periodo 2012–2020 e circa 18 cm l’anno nel periodo 2020–2022. Potremmo quindi ipotizzare che le pressioni interstiziali dei fluidi espulsi durante la fase di disordini dell’82-84 fossero più elevate di quelle della fase attuale”.

Alberto Minazzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il campo nome è richiesto.
Il campo email è richiesto o non è corretto.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.


Leggi anche: