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Il buco dell'ozono si sta chiudendo: nel 2040 la normalità?

Il buco dell'ozono si sta chiudendo: nel 2040 la normalità?

L’annuncio dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Merito della riduzione delle sostanze chimiche

Dall’inizio degli anni Ottanta è stata una delle grandi minacce ambientali per il futuro dell’umanità.
Ma adesso le prospettive sono cambiate e non è azzardato, secondo gli esperti, fissare delle date limite per la soluzione del problema: il 2040 per l’intero pianeta, il 2045 per l’Artico e il 2066 per l’Antartide.
È quanto ha potuto fare ora l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (Wmo) dell’Onu, dando l’annuncio in occasione del 103° meeting annuale dell’American Meteorological Society.
Grazie alle strategie globali messe in campo attraverso la riduzione delle emissioni di sostanze chimiche che danneggiano l’ozono, si vedono infatti già ottimi risultati nella lotta al progressivo assottigliamento dell’ozonosfera.
Ovvero lo strato costituito da una particolare forma di ossigeno che intercetta radiazioni letali dirette verso la Terra.

La chiusura del buco dell’ozono

“Lo strato di ozono – apre il comunicato ufficiale del Wmo, citando le conclusioni del rapporto di valutazione scientifica quadriennale del gruppo di esperti al lavoro sul tema – è sulla buona strada per riprendersi entro quattro decenni. Lo strato di ozono sta già beneficiando degli sforzi per mitigare il cambiamento climatico”.
Il rapporto, prosegue il Wmo, “conferma che l’eliminazione graduale di quasi il 99% delle sostanze vietate che riducono lo strato di ozono è riuscita a salvaguardarlo, portando a un notevole recupero dello strato di ozono nella stratosfera superiore e la diminuzione dell’esposizione umana ai dannosi raggi ultravioletti (UV) del sole”.

buco ozono

Buco ozono: le prossime tappe

La prospettiva temporale di un ritorno ai valori precedenti al 1980, quando comparve il buco dell’ozono, si lega ovviamente al mantenimento delle politiche attualmente in vigore.
“Le variazioni delle dimensioni del buco dell’ozono antartico in particolare tra il 2019 e il 2021 – aggiunge il rapporto – sono state guidate in gran parte dalle condizioni meteorologiche. Tuttavia, il buco nell’ozono antartico sta lentamente migliorando in area e profondità dal 2000”.
“Che il recupero dell’ozono sia sulla buona strada secondo l’ultimo rapporto quadriennale è una notizia fantastica. Negli ultimi 35 anni, il Protocollo di Montreal è diventato un vero campione per l’ambiente”, ha dichiarato Meg Seki, Segretario esecutivo del Segretariato per l’ozono del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente.

Gli accordi del 1989 e del 2016

La vera chiave di volta, infatti, è stato l’accordo globale, firmato a Montreal e in vigore dal 1989.
Il Protocollo mira infatti proprio alla protezione dello strato di ozono della Terra eliminando gradualmente le sostanze chimiche che lo riducono per raggiungere, come è avvenuto, notevoli vantaggi ambientali ed economici. In particolare, è stato eliminato il 99% delle sostanze come i clorofluorocarburi, impiegati come solventi e refrigeranti.
Un ulteriore accordo del 2016, noto come emendamento di Kigali al protocollo di Montreal, richiede la riduzione graduale della produzione e del consumo di alcuni idrofluorocarburi (HFC), che non riducono direttamente l’ozono, ma sono potenti gas per il cambiamento climatico.
Il gruppo di valutazione scientifica, spiega il Wmo, ha affermato che si stima che questo emendamento eviterà un riscaldamento di 0,3-0,5°C entro il 2100.

La strada per ridurre anche il riscaldamento climatico

“L’azione sull’ozono – ha commentato il segretario generale del Wmo, Petteri Taalas – costituisce un precedente per l’azione per il clima. Il nostro successo nell’eliminare gradualmente le sostanze chimiche che consumano ozono ci mostra cosa si può e si deve fare, con urgenza, per abbandonare i combustibili fossili, ridurre i gas serra e quindi limitare l’aumento della temperatura”.
Va infatti ricordato che, per la prima volta, il gruppo di valutazione scientifica ha esaminato i potenziali effetti sull’ozono dell’aggiunta di aerosol nella stratosfera. Questa azione, nota come iniezione di aerosol stratosferico (SAI), è stata proposta come potenziale metodo per ridurre il riscaldamento climatico aumentando la riflessione della luce solare, sebbene il panel avverta che le conseguenze indesiderate del SAI “potrebbero anche influenzare le temperature stratosferiche, la circolazione e la produzione di ozono, i tassi di distruzione e il trasporto”.

Alberto Minazzi

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