Pubblicate le graduatorie 2026 del ranking “The”: Oxford si conferma il top mondiale. Bologna prima Università italiana, Padova tra le prime 250 al mondo
In un momento che gli esperti definiscono “di grande cambiamento” per l’istruzione superiore globale, le migliori università del mondo si confermano, insieme a quelle degli Stati Uniti, quelle del Regno Unito, che per il decimo anno consecutivo guida la graduatoria dei 2.191 atenei valutati dalla Times Higher Education (The) World University Rankings. E se, per la prima volta in 14 anni, si registra un rallentamento delle prestazioni delle università asiatiche, se mostrano segni di sofferenza anche grandi Paesi europei come Germania e Francia, l’Italia, spiega l’analisi, migliora grazie ai maggiori investimenti nella ricerca e al miglioramento della sua produttività.
Bologna leader delle Università italiane
Nel contesto italiano, ad aver conseguito il punteggio più alto è stata l’Università di Bologna con 63.3 punti (Oxford è arrivata a 98.2), che valgono il 130° posto assoluto della classifica “The” 2026.

Sul podio, anch’esse qualificate tra le prime 200 al mondo, seguono la “Normale” di Pisa (62.8 punti), al 137° posto, e La Sapienza Università di Roma, in 170° posizione con 60.6 punti. Dalla posizione 201, il ranking non assegna posizioni definite, ma inserisce le università in fasce di merito. In quella dal 201° al 250° posto, con un punteggio tra 58.6 e 56.4, l’Italia colloca così altri 3 atenei: il Politecnico di Milano, la scuola di studi avanzati “Sant’Anna” di Pisa e l’Università di Padova. Altri 3 rientrano nel blocco dal 251° al 300° posto (56.3-54.3 punti): l’Università cattolica del “Sacro Cuore” e le milanesi Humanitas University di Rozzano e Vita-Salute “San Raffaele”.
A completare la “top-12” italiana, infine, sono le 3 università in fascia 301-350 (con uno score complessivo tra 54.2 e 51.6 punti): l’Università Statale di Milano, quella di Napoli “Federico II” e “Tor Vergata” Roma II.

Le Università del Veneto: i numeri di Padova
Guardando alle macro-ripartizioni territoriali italiane, a guidare gli atenei triveneti nella 22^ edizione della classifica è dunque l’Università di Padova, che si conferma tra le prime 250 al mondo (a rivelare la 196^ posizione è la stessa Università) nonostante siano aumentati di circa 100 unità quelli considerati dal ranking, che si basa su 5 dimensioni relative alle attività universitarie. “Siamo orgogliosi – commenta Mara Thiene, delegata ai Joint degree e ranking internazionali –di apprendere che l’Ateneo mantenga per il quinto anno consecutivo, il posizionamento nei Top 250 del ranking The, confermando l’impegno profuso nell’ambito della ricerca, della didattica e della terza missione”. L’asset in cui spicca la realtà patavina è infatti quello della qualità della ricerca, dove si registra un ulteriore miglioramento (dal 255° al 251° posto assoluto) che le consente di raccogliere ben 80 punti. Quanto alle altre voci, i punteggi di Padova sono sostanzialmente stabili: 46.4 per la didattica, 41 per la produttività della ricerca, 78.9 per il trasferimento tecnologico e 53.2 per l’internazionalizzazione.

Ca’ Foscari: un’Università che guarda all’estero e all’industria
Proprio le prospettive internazionali sono invece il punto di forza dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che raccoglie con questo asset 65.9 punti. Un ottimo punteggio dell’ateneo lagunare è anche quello relativo alla voce “industria”, dove si guarda a brevetti registrati e fondi di ricerca provenienti dalle aziende, con 61.3 punti, così come la qualità della ricerca è stata valutata con 53.2 punti. Le voci che hanno invece fatto registrare i punteggi più bassi sono quelle dell’insegnamento (basato su indicatori diversi, tra cui il rapporto fra numero di studenti che hanno conseguito il dottorato di ricerca e staff accademico, i fondi acquisiti riconducibili alla didattica o il rapporto docenti -studenti) e dell’ambiente di ricerca (che valuta, tra gli altri aspetti il numero medio di articoli pubblicati per ricercatore, i fondi di ricerca acquisiti e la reputazione dell’attività di ricerca), entrambi attestati a quota 38 punti.
Alberto Minazzi